L’emergenza in atto ha rappresentato fattore di incentivo all’utilizzo degli strumenti tecnologici già da tempo a disposizione degli operatori della giustizia, ai quali il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19″ convertito in 1. 24 aprile 2020, n. 27, da ultimo modificato dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28, fa ampio riferimento, delineando, per quel che concerne -tra l’altro- il processo civile, modalità di trattazione dell’udienza che presentano aspetti di assoluta novità.
In particolare il legislatore, all’art. 83 del d.l. n. 18/2020, pur avendo condivisibilmente previsto che le “udienze dei procedimenti civili e penali pendenti” siano “rinviate d’ufficio a data successiva” alla presumibile attenuazione della crisi epidemiologica, indica nell’infrastruttura tecnologica del processo civile telematico il mezzo atto a garantire la celebrazione delle udienze di cui non è possibile il differimento.
In questa sede ci si soffermerà sul comma 7 del predetto art. 83, e segnatamente sulle disposizioni di cui alle lett. f) — che prevede la celebrazione dell’udienza civile “da remoto” — ed h) — che prevede la celebrazione dell’udienza con trattazione scritta.
Scopo di quest’analisi è verificare se il dettato normativo consenta di delineare un modello di udienza civile alternativo rispetto a quello tradizionale dell’udienza cd. “fisica”, che possa resistere alla prospettiva meramente emergenziale, sì da risultare utilizzabile anche al di fuori dei confini temporali della crisi pandemica: l’attenzione sarà dunque posta sui problemi connessi in linea generale alla gestione dell’udienza “a distanza”.
SOMMARIO: 1. Le norme di riferimento 2. L’udienza ex art. 83, comma 7, lett. f) 2.1. Gli aspetti tecnici 2.2. Gli aspetti pratici 2.2.1. (Segue) La celebrazione da remoto…con la presenza del giudice in ufficio 3. L’udienza ex art. 83, comma 7, lett. h) 4. Conclusioni.
1. Le norme di riferimento.
Nella consapevolezza che l’udienza, ed in special modo quella civile, anche per il carico di lavoro degli uffici giudiziari, ed il conseguente sovraffollamento di tutti gli ambienti (aule, cancellerie, corridoi ecc.), rappresenta attività ad elevato rischio epidemiologico, il legislatore si è preoccupato di limitarne la celebrazione.
Quanto alle misure da adottare in concreto, l’iniziativa è stata demandata ai “capi degli uffici giudiziari” di concerto con “l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati” 1.[1]
La scelta, pur comprensibile, in ragione delle profonde diversità (per dimensioni, bacino di utenza, edilizia giudiziaria) che caratterizzano le differenti aree del nostro paese, ha comportato non poche difficoltà sul piano organizzativo, cui si è cercato di far fronte mediante la formulazione, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, di linee guida comuni.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha, in particolare, emanato un serie di deliberazioni [2], in dipendenza dell’evolversi della situazione emergenziale, prima in data 5 marzo 2020 (“Linee guida ai Dirigenti degli Uffici Giudiziari in ordine all’Emergenza Sanitaria Covid-19)- e poi 1’11 marzo 2020 (“Ulteriori linee guida in ordine all’emergenza sanitaria Covid-19 all’esito del D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020″); ha infine emanato, in data 26 marzo 2020, la delibera 186/VV/2020 “Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all’emergenza Covid-19 integralmente sostitutive delle precedenti assunte”.
Tale ultimo provvedimento, accanto ad un generale invito a privilegiare, anche per il mero rinvio delle udienze, la modalità telematica, prevede che “le udienze civili che non possono essere differite” debbano svolgersi con “collegamenti da remoto, ai sensi del comma 7, lett. f) dell’art. 83″ d.l. n. 18/2020, ovvero con la cd. “trattazione scritta” di cui alla lett. h), ed indica nella “stipula di protocolli con i Consigli dell’ordine degli avvocati locali” il mezzo per “individuare modalità condivise di partecipazione da remoto di tutti i soggetti del processo ovvero modalità condivise della gestione dell’udienza a cd. trattazione scritta”.
Nell’intento di favorire la stipula di protocolli uniformi sul territorio nazionale, la deliberazione contiene in allegato una “Proposta di protocollo” — che suggerisce una possibile disciplina, tra l’altro, sia delle udienze civili da remoto (lett. f) che delle udienze a trattazione scritta (lett. h) — redatta a seguito di interlocuzione con la DGSIA (Direzione Generale dei Servizi Informativi Automatizzati) ed il CNF (Consiglio Nazionale Forense).
La risposta a questa sollecitazione non si è fatta attendere, a partire dal supremo organo giurisdizionale: la Corte di Cassazione, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione ed il Consiglio Nazionale Forense hanno infatti siglato, in data 9 aprile 2020, un “Protocollo di intesa per la trattazione delle adunanze ex art. 375 c.p.c. e delle udienze ex art. 611 c.p.p”[3]. In particolare, con l’introduzione del comma 11-bis all’art. 83 del di. n. 18/2020 cit., si è prevista, sia pure limitatamente al periodo emergenziale, la possibilità di deposito telematico degli atti anche presso la Corte di Cassazione con la conseguente necessità di stabilire regole e criteri operativi onde assicurare “la disponibilità su supporto informatico trasmissibile in via telematica” di tutti gli atti processuali del giudizio, ivi compresi quelli già prodotti dalle parti in originale cartaceo.
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2. L’udienza ex art. 83, comma 7, lett. f).
La celebrazione dell’udienza mediante collegamenti audio-video appare potenzialmente in grado di coniugare l’esigenza di garantire il cd. distanziamento sociale imposto a salvaguardia della salute pubblica, con la necessità di proseguire senza interruzioni l’attività giudiziaria. Attraverso connessioni telematiche, giudici, difensori e parti possono infatti incontrarsi in uno spazio virtuale in cui svolgere pressoché ogni attività di udienza.
L’innovazione introdotta dall’art.83, lett. f) è stata però accolta con perplessità da taluni operatori del diritto [4] che raccomandano l’utilizzo dello strumento in questione solo in ipotesi particolari e sempre che vi sia il consenso espresso delle parti.
D’altro canto, va considerato che, per le decisioni collegiali, la discussione in camera di consiglio a mezzo di collegamenti audio-video rappresenta soluzione certamente più idonea al perseguimento della finalità di contenimento del rischio sanitario rispetto alla compresenza fisica dei componenti del collegio nella medesima aula.
2.1. Gli aspetti tecnici.
Il legislatore rimanda, per le modalità di realizzazione del necessario collegamento telematico, ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA) del Ministero della giustizia – intervenuto in data 20 marzo 2020 [5] – -che indica nei programmi Microsoft Skype for Business e Teams, per i quali l’amministrazione aveva già acquisito le licenze necessarie, gli strumenti da utilizzare all’uopo.
Pur nella tendenziale libertà di selezione del software da adoperare, si è inteso fornire indicazioni operative indirizzate verso gli applicativi acquistati dall’amministrazione, anche nell’intento di garantire il rispetto di standard di sicurezza.
I due software, Skype e Teams, sono deputati a svolgere funzioni analoghe, tanto che la casa produttrice, medesima per entrambe, ha preannunciato che il primo dei due servizi non sarà più disponibile dal 31 luglio 2021, data a partire dalla quale sarà possibile utilizzare solo il secondo6..[6]
L’applicativo Teams, peraltro, oltre ad essere disponibile per i principali sistemi operativi (Windows, MacOS, Linux) e per le più diffuse piattaforme di comunicazione mobile (Android, los), consente la partecipazione alla videoconferenza anche attraverso un qualunque Web browser, senza necessità di preventiva installazione di alcun applicativo.
Si tratta, come detto, di software ampiamente collaudati, di utilizzo sostanzialmente intuitivo, che, però, non sono stati sviluppati per l’impiego in ambito giudiziario: ed è, forse, proprio da questa caratteristica che derivano talune delle difficoltà emerse nella pratica.
2.2. Gli aspetti pratici.
L’udienza “a distanza” ex art. 83, comma 7, lett. f), prevede la realizzazione di una cd. videochiamata o, più propriamente, di una videoconferenza, in cui tutti i partecipanti interagiscono in tempo reale a mezzo di connessioni audio-video, sul modello delle “conference cali”, di uso corrente, ormai da decenni, nella gestione dei rapporti commerciali.
Per la celebrazione dell’udienza, la soluzione suggerita dalla proposta di protocollo allegata alla citata delibera del C.S.M. del 26 marzo 2020 prevede la creazione di una “Stanza Virtuale”, che rappresenta un’implementazione della “riunione”, funzione, questa, dell’applicazione Teams che permette l’interazione secondo un meccanismo che replica in forma virtuale quanto avviene nell’udienza “fisica”, con l’ingresso e l’uscita dall’aula che, nell’udienza a distanza, è rappresentata non da uno spazio materiale, ma da una possibilità di collegamento telematico. La comunicazione del giorno, ora e modalità di collegamento, prescritta dall’art. 83, comma 7, lett. f), avverrà con provvedimento del giudice, da comunicare con congruo preavviso, preferibilmente non inferiore a 7 giorni, salvo improrogabili ragioni di urgenza, contenente il link alla predetta “Stanza Virtuale”, grazie al quale sarà possibile la connessione. Stabilito il collegamento e verificata l’identità dei partecipanti, potrà aver luogo la trattazione della causa, all’esito della quale, con le medesime modalità, potrà anche essere data lettura di eventuali provvedimenti decisori per i quali sia prevista la lettura del dispositivo in udienza.
Si è cercato, quindi, di riprodurre, attraverso collegamenti telematici, quella interazione in tempo reale tra tutti i partecipanti che, nell’udienza “fisica”, è affidata al contatto diretto.
Non mancano, tuttavia, i profili problematici, in parte strettamente connessi alla situazione emergenziale (si pensi alle difficoltà nella ricezione e deposito degli atti telematici per le cancellerie, costrette a lavorare a ranghi ridotti), in parte derivanti dalla difficoltà di strutturare in tempi brevissimi uno strumento totalmente nuovo di gestione dell’udienza.
In particolare, una delle questioni che desta tradizionalmente grande preoccupazione per tutte le attività che si svolgono attraverso collegamenti telematici, riguarda il rispetto delle norme in tema di riservatezza.
L’allarme è venuto da voce autorevole, quale quella del Garante per la protezione dei dati personali, che ha indirizzato, in data l 6 aprile 2020, al Ministro della Giustizia, una richiesta di chiarimenti in ordine alle caratteristiche dei trattamenti effettuati nel contesto della celebrazione, a distanza, del processo penale, con riferimento, in particolare, proprio ai termini del servizio concordati tra Microsoft Corporation e il Ministero della Giustizia [7]. Si è osservato, in particolare, che il fornitore del servizio, che ha sede negli Stati Uniti, è soggetto all’applicazione delle nonne del Cloud Act (che, come noto, attribuisce alle autorità statunitensi un ampio potere acquisitivo di dati e informazioni); inoltre, il gestore si avvale, per la conservazione dei dati, anche dí server siti in paesi che non sono soggetti al General Data Protection Regulation (tra gli altri Canada e Australia); né sono note le politiche di conservazione dei dati.[8]
Tuttavia, nel settore della giustizia civile la tecnologia informatica ha fatto il suo ingresso da un tempo ormai sufficientemente lungo, da indurre a ritenere che la tutela della privacy possa certamente coniugarsi con la celebrazione dell’udienza da remoto.
Appaiono, in ogni caso, necessari più decisi ed incisivi interventi, sia normativi, al fine di disciplinare in maniera più puntuale la materia, sia tecnici, per rendere l’udienza “da remoto” uno strumento di agevole ed immediato impiego.
2.2.1. (Segue) La celebrazione da remoto … con la presenza del giudice in ufficio.
Menzione a parte meritano infine i problemi connessi alla modifica apportata all’art. 83, comma 7, lett. f), dall’art. 3, comma 1, lett. c), del d.l. n. 28/2020, nella parte in cui prevede che l’udienza “da remoto” debba ”in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario”.
L’innovazione ha destato non poche perplessità, per ragioni che, in sintesi, ruotano intorno alla difficoltà di individuarne la ratio[9], trattandosi di disposizione che non pare coerente con l’esigenza di limitare gli spostamenti e di evitare il più possibile occasioni di contagio.
Si consideri, poi, la difficoltà di coordinamento della disposizione in parola con il successivo comma 12–quinquies del medesimo art. 83, nella parte in cui, per i procedimenti non sospesi, consente che le deliberazioni in camera di consiglio possano “essere assunte mediante collegamenti da remoto”. Da un lato, infatti, la previsione normativa non ricomprende la camera di consiglio “da remoto” tra le possibili misure organizzative che possono essere adottate dai capi degli uffici giudiziari, ma la introduce in via diretta; dall’altro, tra i “procedimenti civili … non sospesi” rientrano anche “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti” e, quindi, tra l’altro, un consistente numero di procedimenti nel contesto dei quali ben potrebbe rendersi necessaria una decisione collegiale in sede di reclamo. Per il che, alle difficoltà connesse a garantire la presenza in ufficio dei componenti del collegio e l’interazione tra essi nel rispetto delle misure emergenziali, si aggiungerà la necessità di scegliere tra le modalità alternative di celebrazione della camera di consiglio che la legislazione prospetta.
3. L’udienza ex art. 83, comma 7, lett. h).
Il disposto della lett. h dell’art. 83 del d.l. n. 18/2020 non pone particolari problemi dal punto di vista tecnico: lo “scambio e il deposito in telematico di note scritte”, che il legislatore propone come strumento per la celebrazione dell’udienza, può infatti realizzarsi all’interno del fascicolo informatico che fa già parte del sistema normativo del cosiddetto Processo Civile Telematico (PCT). Per tale ragione, dunque, esso è apparso da subito lo strumento più idoneo a fronteggiare la situazione emergenziale.
Ulteriore, non trascurabile, vantaggio è rappresentato, poi, dal fatto che non è richiesta alcuna attività formativa, né è necessario quello sforzo creativo imposto dalla udienza “da remoto” di cui all’art. 83, comma 7, lett. f).
Nella consapevolezza che la situazione eccezionale determinata dalla pandemia in atto impone l’abbandono di ogni formalismo, essendo necessario perseguire l’obiettivo primario di consentire la ripresa dell’attività giudiziaria senza rischi per la sicurezza, l’attenzione si è quindi incentrata, da un lato, sulla formulazione di indicazioni operative in relazione ai tempi processuali più idonei a garantire il rispetto del principio del contraddittorio, ed a porre nel contempo il giudice in condizioni di adottare i provvedimenti di competenza, e dall’altro, sull’individuazione delle materie nelle quali la modalità di trattazione ex art. 83, lett. h) sia tendenzialmente possibile.
La proposta di protocollo di cui alla citata delibera C.S.M. del 26 marzo 2020 perciò prevede, in proposito, che, con il provvedimento telematico con cui dispone la trattazione scritta dell’udienza, il giudice assegni un congruo termine, eventualmente differenziato per ciascuna parte, per il deposito telematico delle note, e che “l’udienza comunque fissata costituirà, sia per le parti che per il giudice, il momento a partire dal quale dovrà essere adottato fuori udienza il provvedimento del giudice”.
4. Conclusioni
Il processo civile all’epoca del Covid-19 deve necessariamente coniugare il rispetto del principio del contraddittorio con l’esigenza di garantire il cd. distanziamento sociale, e ciò è possibile solo con l’ausilio dei moderni collegamenti telematici.
Agli strumenti tecnologici la giustizia civile fa, ormai da tempo, ampio ricorso, nella consapevolezza che essi sono fattore di forte impulso all’efficienza ed alla produttività del sistema.
Fin dall’originaria introduzione, le norme sul Processo Civile Telematico hanno imposto un radicale mutamento di prospettiva, costringendo gli operatori ad abbandonare la tradizionale dipendenza dai documenti cartacei. Dopo l’iniziale diffidenza, gli addetti ai lavori hanno sempre più apprezzato gli innegabili vantaggi di una simile scelta, conservando tuttavia un atteggiamento di prudenza, talvolta eccessiva, nell’accettare l’innovazione.
Sebbene sia innegabile che per talune attività, anche nel campo processualcivilistico, sia preferibile non abbandonare il solco della tradizione, la convinzione che il ricorso all’ausilio della tecnologia debba essere confinato ad aspetti marginali si è però rivelata fondamentalmente errata.
È una consapevolezza, questa, condivisa anche dall’amministrazione della giustizia, che in base ad essa ha orientato le sue scelte, non solo per il periodo emergenziale, ma anche per il futuro [10]..
Anche l’udienza “a distanza”, allora, ad avviso di chi scrive, non va considerata come un mero espediente da relegare entro i confini di quello che è già stato battezzato il “processo Covid-19”, ma rappresenta il compimento, per certi versi naturale, di un percorso evolutivo- che tende a fare della modalità informatica la principale – se non esclusiva – modalità di documentazione degli atti del processo.
Certo, affinché le innovazioni imposte dall’emergenza possano divenire strumenti utilizzabili anche per il futuro, ancora molto deve essere fatto sul piano della produzione normativa, così come nel campo del potenziamento delle strutture informatiche, della formazione degli operatori del diritto, della possibilità di accesso al “lavoro agile” anche per il personale di cancelleria.
Ma la strada è già stata tracciata, e la scelta compiuta non pare reversibile.
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Note
[1] Cfr. l’art.83, comma 6, del d.l. n. 18/2020, cit.
[2] Tutte consultabili sul sito istituzionale del Consiglio (www.csm.it).
[3] Consultabile in www.cortedícassazione.it. La giurisdizione di legittimità, si è, peraltro, trovata di fronte ad un compito particolarmente arduo, giacché, come è noto, nel giudizio di cassazione non era previsto il deposito telematico degli atti processuali.
[4]V. in particolare il comunicato congiunto del 27 aprile 2020 dei Presidenti dell’Unione Nazionale Camere Civili e dell’Unione Nazionale Camere Penali “Gli Avvocati contro la smaterializzazione del processo ora difesa da ANM”consultabile in http://www.unionenazionalecamerecivili.it/gli-avvocaticontro-la-smaterializzazione-del-processo-ora-difesa-da-antnt
[5] Consultabile in https://www.consiglionazionaleforense.it.
[6] Cfr. comunicato stampa reperibile all’indirizzo internet https://support.microsoft,com/it-it/help/ 4511540/retirement-of-s kype-for-bus iness-onl ine
[7] Consultabile al linkhttps://www.garanteprivacy.it/horne/docweb/-/docweb-display/docweb/9316889.
[8] Consultabile al link https://does micros oft. c om/it-it/micros oftteams/retention-policies
[9] Cfr. delibera C.S.M. 14 maggio 2020, 18/PP/2020 — Parere sul d.l. 30 aprile 2020, n. 28: “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in. materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19″, consultabile sul sito istituzionale del Consiglio (www.c.vm.it), ove, a proposito dell’innovazione introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. c), d.l. n. 28/2020, si legge: “È difficile individuare la ratio di tale scelta del legislatore, in mancanza di una sua illustrazione nella Relazione di accompagnamento, non risultando necessaria la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario per la celebrazione dell’udienza da remoto”. Nel medesimo senso: Trib. Mantova, sez. II, ordinanza R.G.2585/19 del 19 maggio 2020, che, nel denunciare l’illegittimità costituzionale della norma in commento per contrasto con gli artt. 3″, 32, 77 e 97 Cost., riporta, in motivazione, ampi stralci del citato parere del C.S.M.
[10] Cfr. la Circolare prot m_dg.DOG. 02/05/2020.0070897.0 cit., ove si afferma che “Dopo la prima fase è maturata la forte convinzione che è necessario ripensare, ín tutto o in parte, molti paradigmi tradizionali, ridisegnando i nostri moduli organizzativi con l’individuazione di nuovi processi di lavoro a completamento, e forse talora in sostituzione, degli attuali”.
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