Legge di Bilancio 2021: novità per la vita familiare

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Premessa

Accanto a quanto stabilito dall’art. 28 del D. Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo Unico legislativo per il sostegno alla maternità e paternità) che stabilisce il diritto del padre di assentarsi dal lavoro per tutto il periodo del congedo di maternità ovvero per la parte residua in caso di morte o grave infermità della madre nonché nell’ipotesi di affidamento ad egli esclusivo del bimbo, il Legislatore ha previsto un autonomo diritto di astensione dal lavoro.

Sulla spinta della Direttiva Europea 2010/18/UE che, al fine di migliorare la conciliazione tra vita professionale e vita familiare, incentivava gli Stati membri ad adottare nuovi strumenti legislativi, il Legislatore italiano ha introdotto per il padre lavoratore dipendente il congedo obbligatorio ed il congedo facoltativo.

Tali istituti sono stati inseriti per la prima volta all’interno della L. n. 92 del 28 giugno 2012, testo di riforma del mercato del lavoro e meglio noto come riforma “Fornero”.

La nascita e l’evoluzione dei nuovi congedi di paternità

Il comma 24 dell’art. 4 della Legge Fornero aveva introdotto tali istituti in maniera sperimentale per gli anni 2013-2015.

Sulla base di questa disposizione, quindi, il padre lavoratore dipendente aveva a disposizione 1 giorno di astensione dal lavoro, che è stato definito quale congedo obbligatorio, da poter essere esercitato entro cinque mesi dalla nascita del bambino.

Era previsto inoltre che, sempre all’interno del medesimo arco temporale, il padre lavoratore potesse assentarsi per 2 giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre ed in sua sostituzione con riferimento al congedo obbligatorio di maternità spettante alla madre stessa. Tale ulteriore periodo di astensione è stato definito come congedo facoltativo.

In sostanza, qualora il papà lavoratore avesse deciso di optare per i due giorni di congedo facoltativo, gli stessi sarebbero stati decurtati dal periodo di congedo obbligatorio di maternità in fruizione da parte della mamma.

Sul lavoratore padre gravava, e grava tuttora, l’obbligo di dare adeguata comunicazione al datore di lavoro in merito ai giorni di astensione prescelti con un preavviso di 15 giorni.

Il Ministero del Lavoro è intervenuto sul tema attraverso il D.M. del 22 dicembre 2012, disciplinando nel dettaglio gli istituti in commento. Come anticipato in premessa, infatti, il Dicastero ha precisato che il congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore sono riconosciuti “… anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell’art. 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151” e che spettano altresì al padre adottivo o affidatario.

Dal punto di vista retributivo si precisa, all’art. 2 del decreto ministeriale in parola, che al padre spetti un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione.

I congedi in parola hanno trovato applicazione a partire dalle nascite avvenute a far data dal 1° gennaio 2013.

L’INPS, con la circolare del 14 marzo 2013 n. 40, è intervenuta per dettare le regole applicative della norma. Dopo aver richiamato in premessa il disposto legislativo dell’art. 4, comma 24, e le disposizioni del decreto ministeriale, l’Istituto conferma come il congedo obbligatorio e facoltativo trovino applicazione non solo in caso di eventi parto ma anche in caso di adozioni ed affidamento.

Una particolarità di tali istituti risiede nel termine entro cui poter farvi ricorso: si è visto come il padre lavoratore possa farne richiesta entro cinque mesi dalla nascita del bambino (da leggersi anche come entro cinque mesi dall’effettivo ingresso del minore in famiglia o dall’ingresso del minore in Italia in caso di adozione internazionale) e l’INPS chiarisce come tale termine resti fissato anche in caso di parto prematuro.

Da questo punto di vista si nota subito la differenza con il congedo obbligatorio di maternità di cui agli artt. 16 e seguenti del D. Lgs. n. 151/2001. Non si può non menzionare in questa sede la sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 7 aprile 2011 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 16 “nella parte in cui non prevede, nell’ipotesi di parto prematuro, qualora il neonato abbia necessità di un periodo di ricovero ospedaliero, la possibilità per la madre lavoratrice di usufruire del congedo obbligatorio o di parte di esso dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare”.

I Giudici Costituzionali hanno osservato come il criterio generale secondo cui, per calcolare i due mesi precedenti la data presunta del parto si deve fare riferimento alla data presunta del termine fisiologico di una gravidanza normale, non possa trovare applicazione in caso di parto prematuro. “Pertanto, per individuare il dies a quo della decorrenza del periodo di astensione in caso di parto prematuro, resta la soluzione di ancorare – al termine del ricovero – la relativa data all’ingresso del neonato nella casa familiare, vale a dire ad un momento certo, sicuramente idoneo a stabilire tra madre e figlio quella comunione di vita che l’immediato ricovero del neonato nella struttura ospedaliera non aveva consentito.”.

Sulla base della sentenza in parola, nell’ipotesi di congedo obbligatorio di maternità, alla madre lavoratrice è consentito fruire dello stesso o di parte di esso a far tempo dalla data d’ingresso del bambino nella comunità familiare.

Continuando ad esaminare la circolare n. 40/2013 e ricordando il successivo messaggio INPS del 18 aprile 2013 n. 6499, si evidenzia come il trattamento economico riconosciuto al padre lavoratore che usufruisce dei congedi in commento venga anticipato dal datore di lavoro direttamente in busta paga per conto dell’INPS e successivamente conguagliato attraverso la denuncia mensile Uniemens. In sostanza, il datore di lavoro eroga al lavoratore il trattamento economico per le giornate di assenza imputate ai congedi e, attraverso la denuncia mensile Uniemens (con la quale dichiara le retribuzioni e la relativa contribuzione sulle stesse calcolata), detrae quanto anticipato al lavoratore a titolo di congedo dai contributi per lo stesso lavoratore dovuti.

Si precisa inoltre come sia possibile il pagamento diretto dei congedi in commento da parte dell’INPS. Sul punto l’Istituto è intervenuto con i messaggi n. 18529 e n. 28997, rispettivamente, del 13 luglio 2010 e del 18 novembre 2010.

Le considerazioni finora fatte trovano applicazione anche alla normativa successiva che, infatti, è stata orientata nel rinnovare, nel corso degli anni, le misure sperimentali in commento. Di seguito si riporta la successione normativa:

  • La n. 208 del 28 Dicembre 2015 (Legge di Bilancio 2016) ha infatti previsto la proroga degli istituti anche per il 2016. La manovra di bilancio ha innalzato i giorni di congedo obbligatorio a disposizione del padre lavoratore, portandoli da uno a 2 e da godersi anche in maniera non continuativa.
  • La n. 232 dell’11 Dicembre 2016 (Legge di Bilancio 2017) ha previsto la proroga sperimentale degli istituti anche per gli anni 2017 e 2018. Si è assistito ancora ad un innalzamento dei giorni previsti per il congedo obbligatorio, che sono passati da 2 a 4 anche non continuativi.
  • La n. 145 del 30 Dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019) ha previsto la proroga sperimentale degli istituti anche per l’anno 2019. Per le nascite, adozioni ed affidamenti avvenute a partire dal 1 gennaio 2019 il congedo obbligatorio viene portato a 5 giorni, da godersi anche in maniera continuativa. Resta immutata la misura del congedo facoltativo.

In questo contesto non può non essere data menzione della Direttiva Europea 2019/1158/UE che va ad abrogare la precedente Direttiva del 2010, di cui si è fatto cenno in premessa. Il Consiglio Europeo pone maggiormente al centro degli obbiettivi dell’Unione l’equilibrio tra vita professionale e vita familiare, descrivendo tale equilibrio come “una sfida considerevole per molti genitori lavoratori con responsabilità di assistenza” ma, al tempo stesso, viene data evidenza del fatto che “l’attuale quadro giuridico dell’Unione prevede incentivi limitati volti a far sì che gli uomini condividano equamente le responsabilità di assistenza”.

Sulla spinta anche della presente direttiva, il Legislatore italiano è intervenuto con la L. n. 160 del 27 Dicembre 2019 (Legge di Bilancio 2020) innalzando i giorni di congedo obbligatorio da 5 a 7 con riferimento alle nascite, adozioni ed affidamenti a partire dal 1 gennaio 2020.

Da ultimo è intervenuta l’attuale Legge di Bilancio 2021, Legge n. 178 del 30 Dicembre 2020, che, ai commi 363 e 364, ha ulteriormente innalzato la misura dei giorni del congedo obbligatorio portandoli a 10. Tale previsione viene garantita anche in caso di morte perinatale.

 

Altre misure per la famiglia

La L. n. 178/2020 ha confermato, al comma 340 dell’art. 1, il c.d. “Bonus bebè” introdotto per la prima volta dalla Legge di Stabilità 2015 (L. n. 190 del 23 dicembre 2014).

L’assegno di natalità, o Bonus bebè, consiste attualmente in un assegno mensile in relazione alle nascite, adozioni ed affidamenti a partire, appunto, dal 2015 (anno di introduzione della misura).

Il contributo è concesso in misura a quanto certificato con il modello ISEE e spazia da un importo annuo pari ad € 960,00 per ISEE superiore ad € 40.000,00 fino ad un importo annuo pari ad € 1.920,00 per ISEE non superiore ad € 7.000,00. Gli importi poi vengono maggiorati del 20% in caso di figli oltre il primo.

Gli importi di cui sopra vengono erogati fino al primo anno di età ovvero fino al primo anno dall’ingresso del minore in caso di adozione.

La domanda di accesso all’assegno di natalità può essere presentata in modalità telematica all’INPS entro 90 giorni dalla nascita o dalla data di ingresso del minore nella comunità familiare.

 

Da ultimo si ricorda la disposizione contenuta nel successivo comma 365 dell’art. 1 in commento: viene introdotto e concesso, a favore delle madri disoccupate o monoreddito con figli a carico aventi una disabilità non inferiore al 60%, un contributo mensile per un importo massimo pari ad € 500,00 per gli anni 2021, 2022 e 2023.

Tale misura risulta ancora “sulla carta”, in quanto è previsto che entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio 2021 debba essere emanato apposito decreto attuativo del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell’economia e finanze. Entro la fine di febbraio, quindi, dovrebbe essere emanato il decreto attuativo.

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Dott. Francesco Russo

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