(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 648-ter)
Il fatto
Con decreto il GIP del Tribunale di Pisa, ad integrazione di precedenti sequestri, disponeva il sequestro preventivo, ai sensi degli artt. 321 comma 2 cod. proc. pen. e 648 quater comma 2 cod. pen., di ulteriori automezzi intestati ad un terzo interessato perché ritenuti nella disponibilità dell’indagato insieme ad altre persone per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando e all’evasione d’imposta (perpetrati mediante miscelazione non autorizzata di prodotti oleosi) e autoriciclaggio.
Avverso tale provvedimento proponeva richiesta di riesame il legale rappresentante della terza interessata contrastando l’ipotesi accusatoria della integrale riconducibilità all’indagato degli automezzi aziendali; riconducibilità che doveva quanto meno essere esclusa per i mezzi acquisti anteriormente al 2014 e comunque prima dell’eventuale intromissione dell’indagato nelle vicende della società terza interessata.
Il Tribunale di Pisa, sezione per il riesame, a sua volta, rigettava l’istanza confermando il provvedimento impugnato.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Ricorreva per Cassazione il terzo interessato tramite difensore munito di procura speciale, lamentando: a) violazione di legge in relazione all’art. 19 del D. Lgs 231/2001 difettando il presupposto della sentenza di condanna ai danni della società ricorrente e financo dell’iniziativa penale ai danni del legale rappresentante della stessa; né quest’ultima era mero schermo diretto ad occultare la piena disponibilità dei beni da parte dell’indagato; b) violazione di legge in relazione all’art. 240 bis ultimo comma cod. pen. non potendosi ravvisare, ad avviso del ricorrente, ai fini della confisca per equivalente, il presupposto della disponibilità dell’intero complesso aziendale in capo all’indagato e sin dalla costituzione; c) violazione del requisito della proporzionalità nella parte in cui il vincolo cautelare era stato esteso a tutti i mezzi della terza interessata e non solo a quelli che le erano pervenuti da parte degli indagati.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile perchè stimato basato su motivi aspecifici e comunque non consentiti dalla legge nel giudizio di legittimità.
Si osservava a tal proposito in via preliminare che il ricorrente non si sarebbe confrontato con la previsione di cui all’art. 648 quater cod. pen. e che risultavano essere manifestamente infondati gli argomenti spesi a proposito delle previsioni di cui agli artt. 19 del D.Lgs. 321/2001 e 240 bis cod. pen. (trovando il sequestro fondamento testuale nella futura confisca ex art. 648quater cod. pen. rispetto all’accusa di autoriciclaggio) in guisa tale che il ricorso era inammissibile ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen..
Secondo tale previsione, difatti, osservavano gli Ermellini, il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza emessa dal Tribunale, all’esito della richiesta di riesame in tema di misure cautelari reali proposta in forza dell’art. 324 cod. proc. pen., può essere proposto solo per violazione di legge mentre, invece, il ricorrente, dietro l’apparente richiamo alle pretese violazioni di legge (come detto, considerate manifestamente insussistenti), secondo il Supremo Consesso, sostanzialmente censurava il provvedimento per vizio di motivazione, vale a dire un motivo chiaramente non consentito.
A fronte di ciò, neppure si riteneva come nel caso di specie fosse ravvisabile una motivazione del tutto assente venendo così ad integrarsi il vizio di violazione di legge atteso che, per ricorrere tale ipotesi, è necessario che la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato il chè nel caso di specie, ad avviso del Supremo Consesso, non era emergendo dallo stesso una motivazione congrua e logica con la quale era stato ritenuto inverosimile e comunque indimostrata la tesi del ricorrente e, adeguatamente sostenuta, a livello di gravità indiziaria, la sostanziale riconducibilità degli automezzi della terza interessata alla persona dell’indagato.
Oltre a ciò, veniva tra l’altro fatto presente come il Tribunale di Pisa avesse fatto corretta applicazione della costante giurisprudenza della Cassazione in base alla quale, con riferimento al limitato perimetro decisorio nel quale si inserisce l’istanza di riesame proposta dal terzo interessato dal sequestro probatorio, erano stati dettagliatamente evidenziati gli elementi a sostegno del fumus commissi delicti e della sostanziale riconducibilità all’indagato della gestione dei mezzi di causa.
Ciò posto, veniva reputato manifestamente infondato anche il richiamo a giurisprudenza della Cassazione (cfr., Sez. I, n. 35762/2019) in forza del quale la confisca allargata dei beni, ai sensi dell’art. 240 bis cod. pen., non può estendersi all’integralità del compendio laddove solo una parte dello stesso sia riconducibile al contributo dell’autore del reato presupposto dato che, nella presente fase cautelare del procedimento, per la Corte, doveva ritenersi come fosse stata fatta una corretta applicazione degli insegnamenti dei giudici di piazza Cavour (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 27228 del 15/09/2020) secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen. ben può riguardare una intera società e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita (massime precedenti conformi: n. 2737 del 2011).
Nello stesso senso, Sez. 1, n. 2737 del 21/12/2010, aveva già affermato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen., può riguardare una intera società e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita.
Orbene, in relazione a tale approdo ermeneutico, gli Ermellini evidenziavano come, nell’attuale fase investigativa, il Tribunale del riesame avesse adeguatamente evidenziato gli elementi indiziari sui quali si fondava l’assunto del coinvolgimento dell’indagato nella gestione dei beni, con intromissione nella organizzazione complessiva dell’attività aziendale, mediante l’assunzione di decisioni sostanziali sull’indirizzo dell’attività pur in assenza di qualsiasi veste formale; adeguatamente motivato era dunque il profilo della gravità indiziaria rispetto alla ritenuta direzione dell’impresa da parte di soggetti diversi dal ricorrente e, in particolare, da parte del soggetto indagato per autoriciclaggio (norma penale ricompresa nella sfera di operatività della confisca ex art. 648 quater cod. pen.).
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa, richiamandosi precedenti conformi, viene ribadito il principio di diritto secondo il quale il sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen. ben può riguardare una intera società e il relativo compendio aziendale quando sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita.
E’ pertanto sconsigliabile una linea difensiva volta a contestare un sequestro di questo tipo solo perché esso riguarda un’intera società e il relativo compendio aziendale allorchè, come indicato in questa pronuncia, sia riscontrabile un inquinamento dell’intera attività della stessa così da rendere impossibile distinguere tra la parte lecita dei capitali e quella illecita.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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