Obbligo di vaccinazione per il personale sanitario: i limiti imposti dalla costituzione

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In data 31 marzo 2021, il Consiglio dei Ministri ha approvato la bozza del decreto legge recante le nuove regole finalizzate al contenimento dell’epidemia da COVID-19 che troveranno applicazione dal 7 aprile 2021 al 30 aprile 2021.

L’art. 4 del suddetto decreto introduce l’obbligo di vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, prevedendo espressamente la vaccinazione possa “… essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale” (comma 2).

Fuori da tali ipotesi, la mancata adesione alla vaccinazione determina la sospensione dell’attività professionale sanitaria, alla quale possono seguire due diversi scenari.

Se possibile, il datore di lavoro dovrà adibire il lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori, purché non comportino contatti interpersonali o, comunque, il rischio di diffusione del contagio da  SARS-COV-2, con il riconoscimento del corrispondente trattamento economico alle nuove mansione assegnate.

Ove ciò non sia possibile, la norma prevede la sospensione della retribuzione, nonché di qualsiasi compenso o emolumento, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e, comunque, non oltre il  31 dicembre 2021.

Tale normativa solleva dei dubbi in termini di legittimità costituzionale, con specifico riferimento al contemperamento dei diritti e degli interessi coinvolti, tutti di respiro costituzionale.

1.       Il rapporto tra interesse collettivo alla salute e diritto all’autodeterminazione dell’individuo: i limiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale.

Il primo dubbio sollevato dalla sopracitata disciplina normativa è se ed in che limiti l’interesse collettivo alla salute pubblica possa limitare il diritto del singolo a scegliere le cure a cui sottoporsi e, dunque, il diritto dello stesso di autodeterminarsi al riguardo.

Infatti, l’art. 32 della Costituzione tutela la salute sia come interesse collettivo sia come diritto individuale, attribuendo a quest’ultimo una duplice accezione: in senso “positivo”, inteso come diritto a ricevere le prestazioni medico-assistenziali di cui si abbisogna, in senso “negativo”, inteso come diritto a non ricevere cure, come libertà – consapevole ed informata – nelle cure.

Sul punto, è intervenuta la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 258/1994, ripresa da ultimo dalla sentenza n. 5/2018 (la cui Redattrice è proprio l’attuale Ministro della Giustizia Marta Cartabia), individuando i requisiti necessari affinché l’obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i dettami dell’art. 32 della Costituzione.

In particolare, la Consulta si è così espressa: “Su questa linea si è ulteriormente precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione:

a) “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (cfr. sentenza 1990 n. 307);

b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili” (ivi);

c) se nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una “equa indennità” in favore del danneggiato (cfr. sentenza 307 cit. e v. ora legge n. 210/1992). E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria, la quale “trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura” (sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori pieni previsti dall’art. 2043 c.c.: sentenza n. 307/1990 cit.)”.

Da una prima lettura, ciò che emerge è un’interpretazione dell’art. 32, Cost. che postula necessariamente il contemperamento da parte del legislatore, ispirato in primis al canone di proporzionalità, del diritto alla salute individuale, inteso anche nella sua accezione di “libera scelta delle cure”, con il reciproco diritto degli altri alla salute nonché con l’interesse collettivo.

2.       I DUBBI DI COSTITUZIONALITA’ SOLLEVATI DAL NUOVO DECRETO LEGGE.

Al punto A) della sopracitata sentenza, la Corte Costituzionale afferma che l’autodeterminazione dell’individuo può essere limitata dall’obbligo vaccinale qualora il trattamento imposto sia diretto, oltreché a migliorare o a preservare la salute dello stesso, anche a preservare lo stato di salute degli altri.

In sostanza, la compromissione di un diritto fondamentale dell’individuo deve essere necessariamente controbilanciata da un vantaggio – proporzionale alla limitazione imposta – per l’interesse della collettività.

Ora, allo stato dei fatti, gli studi scientifici che sono stati elaborati non forniscono al riguardo una linea chiara e condivisa, non dimostrano cioè se ed in quale misura il vaccino sia uno strumento idoneo a non contrarre il virus ed a non contagiare gli altri.

Ciò è quanto emerge da un recente documento del 13 marzo 2021, in cui l’AIFA – Associazione Italiana del Farmaco ha posto in evidenza che “Gli studi clinici condotti finora hanno permesso di dimostrare l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste di COVID-19, anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggano le persone vaccinate anche dall’acquisizione dell’infezione. È possibile, infatti, che la vaccinazione non protegga altrettanto bene nei confronti della malattia asintomatica (infezione) e che, quindi, i soggetti vaccinati possano ancora acquisire SARS-CoV-2, non presentare sintomi e trasmettere l’infezione ad altri soggetti. Ciononostante, è noto che la capacità di trasmissione da parte di soggetti asintomatici è inferiore rispetto a quella di soggetti con sintomi, in particolare se di tipo respiratorio[1].

Ad una diversa conclusione, invece, sembra essere giunto un recente studio effettuato in Israele, dal quale sembrerebbe che il vaccino (nello specifico, il Pfizer-BioNTech, unico vaccino somministrato nel Paese) è risultato efficace – con una percentuale che sfiora il 90% – nel prevenire l’infezione[2]. Ciò significa, dunque, che il vaccinato, dopo essere entrato in contatto con il virus, non solo non svilupperebbe la malattia, ma non correrebbe nemmeno il rischio di contagiare.

Nodale, dunque, appare la questione che riguarda l’idoneità del vaccino a prevenire l’infezione e, per l’effetto, a limitare significativamente il contagio. Una risposta in senso affermativo, anche se non con una percentuale del 100%, ma comunque tale da rendere proporzionato il rapporto tra limite al diritto del singolo e beneficio dell’intera collettività, appare fondamentale ai fini di un vaglio positivo in termini di legittimità costituzionale della normativa in questione.

Ulteriore condizione richiesta ai fini della compatibilità dell’obbligo vaccinale con l’art. 32 Cost., al punto b) della sopracitata sentenza, è che il trattamento imposto non incida negativamente sulla salute dell’individuo, fatte salve ovviamente quelle conseguenze che per entità e durata appaiono lievi e tollerabili.

Tale questione è di particolare attualità a seguito dei casi di decesso per eventi trombotici di alcuni individui che avevano ricevuto il vaccino Astrazeneca. Sul punto si è espresso l’EMA (European Medicines Agency), affermando che l’inoculazione del vaccino non può essere associata ad un incremento degli eventi di trombosi e che comunque, i casi che si sono verificati si configurano in un numero assai raro e marginale rispetto alle dosi somministrate[3].

Certamente, trattandosi di vaccini sperimentali, la scienza non è in grado ad oggi di potere individuare con certezza oppure in termini elevata probabilità tutti i possibili effetti collaterali conseguenziali al vaccino. Tant’è vero che nella nota informativa che viene fornita al paziente prima di procedere alla somministrazione del vaccino è espressamente previsto che non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza.

D’altronde, qualsiasi farmaco (si pensi alla tachipirina o all’aspirina), ha dei possibili, seppur rari, effetti collaterali che, tuttavia, la somministrazione comune ed abituale degli stessi porta ad escludere ed a non considerare.

Da ultimo, la Corte Costituzionale al punto c) affronta la delicata tematica della responsabilità dello Stato per i danni cagionati dal vaccino, evidenziando come ai fini dell’elemento oggettivo del reato sarà dirimente da parte dello Stato dimostrare di aver agito nel rispetto delle cautele che le attuali conoscenze scientifiche impongono.

Ai fini della tutela risarcitoria, è opportuno evidenziare infatti che stante l’obbligatorietà del vaccino verrà meno la necessaria sottoscrizione del consenso informato da parte del soggetto vaccinato, essendo il consenso finalizzato ad una libera (in quanto consapevole) autodeterminazione che in tal caso non vi potrebbe essere.

3.       Considerazioni conclusive.

E’ ragionevole presumere che non saranno poche le problematiche sollevate dal Decreto Legge, ove venisse pubblicato nella versione attualmente approvata in bozza dal Consiglio dei Ministri in data 31.03.2021.

Il punto critico, senza dubbio, è costituito dagli studi scientifici che fino ad oggi sono stati svolti e dalla difficoltà di raggiungere nel campo della medicina europea dei punti fermi comuni.

Certamente il Governo sta affrontando una situazione emergenziale che non permette di attendere i tempi di uno studio a lungo termine degli effetti collaterali ricollegabili alla somministrazione del vaccino. Fatto sta che, altrettanto senza dubbio, per poter introdurre legittimamente un obbligo vaccinale lo Stato dovrà assumersi la responsabilità delle evidenze e delle conoscenze mediche allo stato dei fatti acquisite e seguite.

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Note

[1] AIFA – Associazione Italiana del Farmaco, Rapporto ISS – n. 4/2021, pag. 5.

[2]Patterns of COVID-19 pandemic dynamics following deployment of a broad national immunization program” (https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.02.08.21251325v1)

[3]COVID-19 Vaccine AstraZeneca: benefits still outweigh the risks despite possible link to rare blood clots with low blood platelets”, su https://www.ema.europa.eu/en/news/covid-19-vaccine-astrazeneca-benefits-still-outweigh-risks-despite-possible-link-rare-blood-clots

Chiara Petrucci

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