(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 666, c. 2)
Il fatto
Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva dichiarato, con provvedimento de plano, inammissibile una richiesta avente ad oggetto la concessione della misura dell’affidamento.
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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione). Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso per Cassazione il difensore del detenuto adducendo il vizio di violazione di legge.
Si osservava a tal proposito come il Tribunale avesse ritenuto l’inammissibilità dell’istanza sull’erroneo presupposto che alla stessa non fosse stato allegato il programma terapeutico predisposto dalla struttura sanitaria avente in carico il richiedente mentre, invece, il S.E.R.T. di Varese aveva provveduto a trasmettere la certificazione nella quale si attestava lo stato di tossicodipendenza del ricorrente, la data di presa in carico dello stesso presso il Servizio, descrivendo altresì il programma terapeutico che questi stava seguendo in quel momento fermo restando che tale certificazione dava pure atto di come il ricorrente si trovasse, al tempo in trattamento, con monitoraggio tossicologico settimanale delle urine e colloqui mensili di verifica con l’educatrice professionale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato fondato per le seguenti ragioni.
In particolare, dopo essersi fatto presente che il Presidente del Tribunale di Sorveglianza aveva provveduto con decreto di inammissibilità de plano ritenendo la manifesta infondatezza della domanda, non corredata da rituale programma terapeutico, avendo in tal modo fatto applicazione del principio per il quale “è causa di inammissibilità della domanda di affidamento in prova terapeutico, che può essere dichiarata de plano dal Presidente del tribunale di sorveglianza, la mancata o incompleta allegazione della certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza, la procedura accertativa di essa e l’idoneità del programma concordato” (Sez. 1, n. 43852 del 18/09/2019), operando in tal guisa, però, ad avviso degli Ermellini, non aveva in tal modo tenuto conto che, successivamente alla proposizione della domanda, erano stati svolti d’ufficio alcuni accertamenti in ordine alla data di ultima presa in carico del ricorrente ad opera del Servizio di prevenzione e cura delle dipendenze della ASST – Regione Lombardia, in ordine alle condizioni di vita dello stesso.
Per la Suprema Corte, quindi, il giudice di merito aveva contravvenuto al principio di diritto, secondo cui “in tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., soltanto qualora l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali” (Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018).
Il compimento di specifici accertamenti in vista della valutazione della domanda, invece, preclude l’adozione di un provvedimento de plano per la dichiarazione di inammissibilità non potendo privare l’interessato del diritto al contraddittorio sugli esiti degli accertamenti in vista di apprezzamenti della domanda non più giustificabili secondo il parametro della manifesta infondatezza.
Il decreto impugnato veniva pertanto annullato, con rinvio per nuovo giudizio, sulla domanda di affidamento in prova cd. terapeutico al Tribunale di sorveglianza di Milano.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando, in tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen..
Difatti, in questa pronuncia, citandosi un precedente conforme, si afferma che, in tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., soltanto qualora l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali.
Dunque, solo ove ricorra una di queste condizioni può essere emesso de plano un decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 666, c. 2, c.p.p., altrimenti, ove ciò, invece, non si verifichi, ben si potrà impugnare tale decreto e nei modi e nelle forme previste dal codice di rito penale.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, quindi, non può che essere positivo.
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