Cila e superbonus: aspetti critici

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Dopo le molteplici richieste di semplificazioni provenienti da tutti gli operatori interessati al fenomeno superbonus 110%, l’art. 32 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (c.d. Decreto Semplificazioni) ha sostituito integralmente il comma 13-ter dell’art. 119 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), prevedendo che gli interventi che accedono alle detrazioni fiscali del 110%, senza demolizione e ricostruzione, debbano essere considerati manutenzione straordinaria come definiti dall’art. 3, comma 1, lettera b) del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). La novità che è apparsa subito “eclatante” è che gli interventi del superbonus 110% possono essere realizzati con la sola comunicazione di inizio lavori asseverata: non è più richiesta l’attestazione dello stato legittimo degli immobili (la modifica – che è operativa dal 1° giugno – non si traduce tuttavia in alcun tipo di condono per eventuali abusi in quanto viene infatti esplicitamente previsto che resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento).

Come ha ricordato la giurisprudenza amministrativa la CILA è un istituto complementare alla Scia, poiché entrambi si inquadrano nel processo di liberalizzazione delle attività private. Il privato, in entrambe le ipotesi è legittimato ad iniziare l’attività sulla base dello schema norma-fatto-effetto, poiché tanto la segnalazione certificata quanto la comunicazione asseverata costituiscono per legge fatti idonei ad esercitare un’attività privata su cui insistono interessi generali.

Merita di essere ricordato che nel caso in cui la CILA non sia stata presentata prima dell’inizio dei lavori non si può parlare di abuso edilizio perché è sempre possibile presentare la cosiddetta CILA tardiva pagando una sanzione pecuniaria di 1.000 euro, ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione.

Il problema varianti

Il DPR 380/01 non prevede la variante alla CILA con la conseguenza che, tutti i lavori in variante al progetto di una CILA depositata, necessitano della presentazione di una nuova CILA. È chiaro che un’eventuale difformità dello stato dei luoghi rispetto a quanto rappresentato sul post operam della CILA depositata non permetterebbe al tecnico professionista di poter dichiarare l’effettiva conformità dello stato dei luoghi al progetto, di conseguenza tutte le modifiche al progetto depositato comportano l’onere della presentazione di un nuovo progetto con riportate le variazioni che si vogliono effettuare (resta inteso che tali lavori si potranno eseguire solo dopo il deposito di quest’ultima). I finanziamenti da parte della banca, però, presuppongono la presentazione della (prima) CILA, e la sostituzione della comunicazione in corso d’opera potrebbe incidere negativamente nei rapporti con l’istituto bancario. Problemi potrebbero sorgere anche per il beneficio fiscale dei lavori trainati (per esempio la sostituzione degli infissi), che per essere eseguiti necessitano non solo di essere collegati a uno dei lavori trainanti, ma anche che sia attivo il titolo abilitativo.

Sono, peraltro, ammissibili successive integrazioni della delibera di approvazione dei lavori, pure inizialmente indeterminata, sulla base di accertamenti tecnici da compiersi.

In ogni caso, si tenga conto che è da escludere che, in tema di appalto per gli interventi legati al superbonus, il contratto possa attribuire al direttore dei lavori il potere di autorizzare variazioni al progetto iniziale dell’opera, dovendosi sempre garantire l’inderogabile competenza dell’assemblea.

È, tuttavia, certamente consentito all’assemblea di approvare successivamente le varianti delle opere di manutenzione straordinarie appaltate, comportanti un aumento delle spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le attribuzioni conferitele dall’art. 1135 c.c.

In caso di variazioni rilevanti, la penale eventualmente pattuita per il ritardo nella consegna delle opere può conservare efficacia a condizione che l’amministratore, su autorizzazione dell’assemblea, e l’appaltatore fissino il nuovo termine.

Il rischio “autodenuncia”

L’attività assoggettata a CILA non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta ad un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere ‘soltanto’ conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Il problema è che la presentazione della CILA comporta la descrizione dello stato di fatto dell’immobile su cui si interviene. Per evitare conseguenze, prima della presentazione della comunicazione, sarà necessario sanare eventuali abusi che non possono certo risultare dalla documentazione progettuale presentata. La CILA è del tutto inidonea a legittimare un’opera che è sine titulo: la sua natura totalmente abusiva continua a poter essere rilevata, in ogni momento e senza limiti di tempo, dall’amministrazione competente.

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