A. Scarsella (La Gazzetta degli Enti Locali 22/6/2021)
In una procedura comparativa per l’assegnazione di un bene pubblico, suscettibile di sfruttamento economico, è illegittima la clausola di un avviso pubblico che prevede l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo per l’imprenditoria femminile, poiché viola il divieto, normativamente imposto (in primo luogo a livello costituzionale), di ogni discriminazione sulla base del sesso, oltreché la regola della parità di trattamento tra i partecipanti di un confronto concorrenziale. Infatti, una simile clausola, altera la parità di trattamento tra i partecipanti in quanto contiene una previsione oggettivamente discriminatoria per il sesso maschile, ossia in una sorta di discriminazione a contrario, in violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra donne e uomini.
È questa la conclusione cui è giunto il TAR Puglia, Sez. Lecce, con sentenza n. 935 del 17 giugno 2021.
Il caso
Un Comune ha indetto una procedura di selezione ad evidenza pubblica per le assegnazioni di concessioni per il commercio su aree pubbliche per la stagione estiva 2020. Nell’avviso pubblico tra i vari criteri per l’attribuzione dei punteggi si prevede che un ulteriore punto sia attribuito all’impresa femminile. L’attribuzione di questo ulteriore punto previsto per l’impresa femminile determina l’assegnazione di un posteggio ad una ditta piuttosto che ad un’altra. Da qui la proposizione del ricorso da parte del secondo classificato che pone in dubbio la legittimità della clausola.
La decisione del giudice amministrativo
La sentenza dopo aver passato in rassegna i principi comunitari e costituzionali diretti a promuovere le pari opportunità, ricorda come, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, “l’art. 51, comma 1, Cost., non può che ritenersi (nella parte che legittima le c.d. azioni positive, che il legislatore deve, però, formulare in concreto) norma meramente programmatica, come è evidente dal tenore letterale della disposizione, la quale così recita: “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Facendo riferimento l’art. 51 cit. ad “appositi provvedimenti” per l’applicazione del principio, è evidente che in mancanza di appositi provvedimenti legislativi di carattere attuativo il principio non può trovare concreta ed immediata applicazione; al contrario, un carattere immediatamente precettivo può essere individuato solo nella sua accezione negativa, ovvero nel cd. divieto di discriminazione tra i sessi” (Consiglio di Stato, Sezione V, 23 giugno 2014, n. 3144).
In ordine alla valenza della norma costituzionale in tema di pari opportunità, quindi, occorre distinguere due ipotesi:
- l’applicazione del principio nell’accezione negativa, volta ad evitare la discriminazione tra i due sessi, con portata immediatamente precettiva;
- l’applicazione del principio in accezione positiva, che comporta la possibilità di introdurre misure preferenziali coerenti con lo scopo di garantire la parità di genere, ha valenza non precettiva ma programmatica, in quanto richiede appositi provvedimenti legislativi di carattere attuativo. Infatti, solo il legislatore può valutare quali misure preferenziali introdurre nell’ordinamento, che siano proporzionate allo scopo e non si traducano in meccanismi di preferenza assoluta ed incondizionata per gli appartenenti ad un genere.
La previsione in un avviso pubblico di un punteggio aggiuntivo per l’imprenditoria femminile rientra senz’altro tra le c.d. azioni positive (di cui alla precedente lett. b), che deve pertanto ritenersi illegittima in assenza di un provvedimento legislativo che autorizzi tale misura preferenziale.
Si legge espressamente nella sentenza che “nel concreto caso di specie, la contestata disposizione dell’Avviso pubblico in questione – seppure iscrivibile (in tesi di parte resistente) nell’alveo delle misure di sostegno alla imprenditoria femminile, adottate (con il meritorio obiettivo – si intuisce – di promuovere le pari opportunità in un settore evidentemente caratterizzato da un tasso di disparità uomo-donna) in esplicazione di una potestas dell’Amministrazione concedente connotata da ampi margini di discrezionalità – non può superare il vaglio di legittimità di questo Giudice, in quanto ridonda in una previsione oggettivamente discriminatoria per il sesso maschile, ossia in una sorta di discriminazione a contrario, in violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra donne e uomini, sanciti dalle plurime disposizioni sovranazionali, costituzionali e legislative sopra richiamate, oltreché dei principi, di derivazione comunitaria, di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra operatori economici, che si impongono in una procedura comparativa (in presenza di assegnazione di un bene pubblico, suscettibile di sfruttamento economico), alterando la parità di trattamento tra i partecipanti. In altri termini, nel concreto caso di specie, la disposizione dell’Avviso pubblico che ha previsto l’assegnazione “tout court” di un ulteriore punto per l’impresa femminile è illegittima, insieme agli impugnati atti comunali consequenziali, poiché viola il divieto, normativamente imposto (in primo luogo a livello costituzionale), di ogni discriminazione sulla base del sesso, oltreché la regola iuris della parità di trattamento tra i partecipanti di un confronto concorrenziale”.
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