Il fatto
Il Tribunale di Taranto, in funzione di giudice dell’esecuzione, revocava, su richiesta della locale Procura della Repubblica, il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso al condannato con una sentenza emessa dal Tribunale di Taranto, confermata dalla Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto, passata in giudicato, e subordinato all’adempimento degli obblighi derivanti dalle statuizioni civili entro il termine di novanta giorni dalla irrevocabilità della sentenza.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per Cassazione, per mezzo del suo difensore, l’interessato che, allegando i documenti in esso richiamati, ne aveva chiesto l’annullamento sulla base di unico motivo, dolendosi, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), della ingiustificata disuguaglianza di trattamento creatasi tra la sua posizione e quella del coimputato che, nella sua identica posizione processuale e “con identici oneri risarcitori a subordinare la sospensione condizionale”, aveva beneficiato della conferma della sospensione condizionale per essersi ritenuti giuridicamente corretti la transazione e il pagamento in corso, mentre nei suoi confronti la sospensione era stata revocata con l’ordinanza impugnata per il non integrale adempimento nel termine assegnato.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Veniva osservato in via preliminare, una volta fatto presente che, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata, ai sensi dell’art. 165 c.p., “all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso (…)”, risolvendosi il mancato pagamento cui è subordinato il beneficio in una causa di revoca dello stesso, come testualmente si ricava dall’art. 168 c.p., comma 1, la verifica della concreta possibilità del condannato di fare fronte a tale onere trova la sua realizzazione in sede esecutiva, spettando al giudice dell’esecuzione accertare se, nel momento in cui tale onere deve essere effettivamente adempiuto, esso possa essere soddisfatto, che il giudice della cognizione, nel subordinare il beneficio al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, non è tenuto a compiere alcuna indagine sulle condizioni economiche dell’imputato (tra le altre, Sez. 4, n. 4626 del 08/11/2019; Sez. 2, n. 26221 del 11/06/2015; Sez. 6, n. 33020 del 08/05/2014) salva l’ipotesi in cui emergano situazioni che facciano dubitare della capacità economica di adempiere ovvero quando tali elementi siano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (tra le altre, Sez. 5, n. 3187 del 26/10/2020, dep. 2021, omissis, Rv. 280407, e precedenti ivi richiamati) essendo sempre possibile per il soggetto interessato, in sede di esecuzione, allegare – superando la valutazione prognostica eventualmente operata in sede di cognizione – l’assoluta impossibilità dell’adempimento nei termini stabiliti dal provvedimento di concessione del beneficio che, ove ritenuta provata, ne impedisce la revoca (tra le altre, Sez. 4, n. 50028 del 04/10/2017; Sez. 3, n. 29996 del 17/05/2016; Sez. 1, n. 43905 del 14/10/2013; Sez. 6, n. 2390 del 31/01/2000) considerato che – stante la natura dichiarativa del provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168 c.p., comma 1, (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998) che richiede al giudice un’attività ricognitiva, e non discrezionale o valutativa, del mancato assolvimento della condizione – nella ipotesi di subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di determinati obblighi, la inosservanza di questi da parte del condannato non comporta la revoca automatica del beneficio e non impedisce, in sede esecutiva, di valutare l’adempimento e l’esistenza o meno di cause che lo abbiano reso impossibile al momento della sua scadenza (tra le altre, Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016; Sez. 3, n. 38345 del 25/06/2013; Sez. 3, n. 32706 del 27/04/2004; Sez. 2, n. 1656 del 6/3/1998) ovvero l’attendibilità e la rilevanza dell’impedimento dedotto (tra le altre, Sez. 6, n. 3450 del 05/02/1998) tenuto conto altresì del fatto che “la subordinazione del beneficio ad un obbligo da adempiere entro un determinato termine, normativamente indicato nei suoi elementi in virtù del principio di tassatività, mira a dimostrare che il reo è meritevole della sospensione della pena, sicché solo la presenza di fatti a lui non imputabili e tali da escludere la possibilità di eseguire quanto previsto, entro il periodo stabilito, impediscono la revoca del beneficio (…)” (Sez. 3, n. 32706 del 27/04/2004).
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini osservavano come di tali condivise regulae iuris non si fosse fatta corretta applicazione posto che la decisione, sempre ad avviso dei giudici di piazza Cavour, appariva essere in contrasto con gli enunciati principi per la presa d’atto, che il Tribunale si limitava a esprimere, delle statuizioni cognitorie in punto di esistenza del credito e di conseguenze del suo inadempimento senza correlarsi e, quindi, apprezzarne attendibilità e rilevanza, con le deduzioni difensive riferite, come evidenziato in ricorso, alle restrizioni, a base delle omissioni, consequenziali alla emergenza sanitaria per Covid-19, e alla ripresa dei versamenti, riscontrata nella stessa ordinanza, nel mese di giugno 2020 nel contesto di un accordo per il pagamento dilazionato fino al mese di agosto 2020.
Al contempo venivano stimati non pertinenti i rilievi difensivi riferiti alla dedotta ingiustificata disuguaglianza di trattamento con il coimputato, condannato in solido al risarcimento del danno in favore della stessa persona offesa, e sottoscrittore della medesima transazione, avendo lo stesso ricorrente evidenziato che l’ordinanza, resa nei confronti di costui, aveva ritenuto “giuridicamente corretti” la transazione e il pagamento in corso, che era in via di ultimazione, e non valutabile in questa sede la documentazione allegata al ricorso e alla memoria integrativa, relativa ai versamenti mensili operati, dopo l’ordinanza impugnata e fino al saldo, dell’importo concordato, è certamente fondata la doglianza che atteneva all’omesso apprezzamento delle ragioni dell’inadempimento rispetto all’importo concordato e del mancato rispetto dei termini.
Ebbene, a tale riguardo, ad avviso del Supremo Consesso, anche a volere tenere conto del regime squisitamente civilistico, pure evocato dal ricorrente, che aveva puntualizzato che il mancato pagamento di due mensilità, comunicato alla persona offesa, non aveva comportato la risoluzione dell’accordo sottoscritto, veniva fatto presente che tale regime – che si fonda sulla previsione dell’art. 1456 c.c., alla cui stregua, se è pattuita una clausola risolutiva espressa, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersene – non potrebbe avere riflessi autonomi nel sistema penale nel quale vale sempre la clausola della inesigibilità di condotte non imputabili al loro autore ovvero, con riguardo alla fattispecie in esame, di condotte di incolpevole inadempimento dell’obbligazione risarcitoria.
A fronte di ciò, in presenza di lacune motivazionali in punto di sussistenza concreta ed effettiva di una ragione di impedimento all’adempimento del risarcimento pecuniario e al rispetto del termine, si imponeva dunque, per la Corte di legittimità, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Taranto perché procedesse ad un nuovo giudizio sulla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, attenendosi al principio di diritto in precedenza enunciato, secondo cui il mancato pagamento della somma assegnata a titolo di risarcimento del danno non comporta la revoca automatica del beneficio qualora il soggetto interessato, in sede di esecuzione, alleghi la sussistenza di una situazione di assoluto impedimento alla possibilità di adempimento dovendo il giudice dell’esecuzione valutare l’effettiva sussistenza e rilevanza dell’impedimento dedotto.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando, nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, quando il mancato pagamento della somma assegnata a titolo di risarcimento del danno non comporta la revoca automatica del beneficio.
Difatti, in tale pronuncia, richiamandosi precedenti conformi, si afferma innanzitutto che, se è vero che di norma il giudice della cognizione, nel subordinare il beneficio al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno non è tenuto a compiere alcuna indagine sulle condizioni economiche dell’imputato, è altrettanto vero che costui è tenuto a compiere siffatta indagine nell’ipotesi in cui emergano situazioni che facciano dubitare della capacità economica di adempiere ovvero quando tali elementi siano forniti dalla parte interessata in vista della decisione.
Pur tuttavia, anche ove si verifichi una di queste situazioni, come già affermato dalla Cassazione in precedenti decisioni, è sempre possibile per il soggetto interessato, in sede di esecuzione, allegare – superando la valutazione prognostica eventualmente operata in sede di cognizione – l’assoluta impossibilità dell’adempimento nei termini stabiliti dal provvedimento di concessione del beneficio, che, ove ritenuta provata, ne impedisce la revoca atteso che nella ipotesi di subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di determinati obblighi, la inosservanza di questi da parte del condannato non comporta la revoca automatica del beneficio e non impedisce, in sede esecutiva, di valutare l’adempimento e l’esistenza o meno di cause che lo abbiano reso impossibile al momento della sua scadenza ovvero l’attendibilità e la rilevanza dell’impedimento dedotto, e ciò in ragione del fatto che la subordinazione del beneficio, ad un obbligo da adempiere entro un determinato termine normativamente indicato nei suoi elementi in virtù del principio di tassatività, mira a dimostrare che il reo è meritevole della sospensione della pena sicché solo la presenza di fatti a lui non imputabili e tali da escludere la possibilità di eseguire quanto previsto, entro il periodo stabilito, impediscono la revoca del beneficio; in altre parole, il mancato pagamento della somma assegnata a titolo di risarcimento del danno non comporta la revoca automatica del beneficio qualora il soggetto interessato, in sede di esecuzione, alleghi la sussistenza di una situazione di assoluto impedimento alla possibilità di adempimento dovendo il giudice dell’esecuzione valutare l’effettiva sussistenza e rilevanza dell’impedimento dedotto.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta il giudice dell’esecuzione sia tenuto a compiere una valutazione di tal genere, ben potendo il condannato dimostrare la sussistenza di una situazione di assoluto impedimento alla possibilità di adempimento che, ove ritenuta dal giudicante giustificata, fa sì che la sospensione condizionale della pena, sebbene subordinata al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, possa non essere revocata anche ove tale pagamento non sia stato effettuato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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