Il fatto
Il Tribunale di Teramo rigettava un riesame, proposto avverso il decreto di convalida dal locale Procuratore della Repubblica, del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria avente ad oggetto un manico di scopa della lunghezza di cm. 136 “riparato in tre punti” e di un bastone in ferro della lunghezza di cm. 55, rinvenuti all’interno della roulotte ritenuti corpo del reato di cui agli artt. 56, 575 cod. pen..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale ordinanza venivano proposti ricorsi per Cassazione deducendosi i seguenti motivi: 1) erronea applicazione della legge penale per avere l’ordinanza impugnata omesso di rilevare l’illegittimità della perquisizione da cui era scaturito il sequestro perché eseguita ai sensi dell’art. 41 T.U.L.P.S. in difetto delle prescritte condizioni di legge e senza il rispetto delle garanzie difensive; 2) violazione di legge per non avere il Tribunale annullato il decreto impugnato per assenza di motivazione, disattendendo il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36072 del 27/07/2018, secondo il quale il decreto di sequestro probatorio, anche ove abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una specifica motivazione in ordine alla finalità perseguita dalla misura imposta.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
I ricorsi proposti venivano ritenuti infondati per i seguenti motivi.
Per quanto concerne la prima doglianza, gli Ermellini ritenevano come la soluzione offerta in sede decisoria fosse immune dalle censure formulate in questo motivo atteso che i poteri concessi alla polizia giudiziaria dall’art. 41 R.D. n. 773 del 1931 sono molto più ampi di quelli previsti dal codice di rito; la disposizione, espressamente mantenuta in vigore dall’art. 225 disp. coord. cod. proc. pen., prevede la possibilità per la polizia giudiziaria di compiere perquisizioni di iniziativa quando abbia comunque notizia, anche se per indizio, della possibile presenza in un determinato luogo di armi e munizioni abusivamente detenute fermo restando che tale facoltà, derivante da norma di legge con connotazione marcatamente derogatoria, presuppone l’esistenza di un dato indiziante, ma non richiede che tale dato sia stato raccolto conformemente ai modelli procedimentali del codice di rito, sicché è pacifica in giurisprudenza la considerazione del possibile utilizzo, a tal fine, di informazioni fornite da fonti confidenziali (tra le tante: Sez. 6, n. 16844 del 01/03/2018, in motivazione; Sez. 4, n. 38559 del 06/10/2010; Sez. 4, n. 30313 del 17/05/2005; Sez. 6, Sentenza n. 16844 del 01/03/2018) tenuto conto altresì del fatto che, da un lato, l’attività di perquisizione diretta alla ricerca delle armi, rientrando anche, e principalmente, in un’attività di carattere preventivo, non presuppone l’esistenza di una notizia di reato e non richiede, pertanto, la pre-condizione costituita dall’autorizzazione dell’autorità giudiziaria; non presupponendo, per la sua esecuzione, necessariamente la commissione di un reato e, dunque, non essendo funzionale alla ricerca e all’acquisizione della prova di un reato di cui risulti già l’esistenza, può essere eseguita anche senza obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all’assistenza di un difensore, giacché se si procede sulla base di notizia confidenziale, non v’è, né può esservi, alcun indagato, dall’altro, il Giudice delle leggi, rammentando che la tutela accordata alla libertà di domicilio non è assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti, non ha mancato di sottolineare come la disposizione dettata dall’art. 41 R.D. n. 773 del 1931 appaia giustificata dalla esigenza di porre gli organi di polizia giudiziaria in grado di provvedere, con prontezza ed efficacia, in ordine a situazioni idonee, per loro stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l’ordine sociale, reputando, quindi, la censurata normativa in linea con le previsioni dettate dall’art. 14 Cost. (Corte cost. n. 173 del 1974 e n. 110 del 1976).
Ciò posto, quanto, poi, alla dedotta violazione delle garanzie difensive, gli Ermellini osservavano come i ricorrenti sembrassero trascurare che le stesse disposizioni codicistiche, che si assumono violate, prevedono che il difensore, della persona nei cui confronti vengono svolte indagini, ha facoltà di assistere, senza diritto di essere previamente avvisato, agli atti indicati dagli artt. 352 e 354 cod. proc. pen. (art. 356 cod. proc. pen.) e che, nel procedere al compimento di dette attività, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, “se presente“, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia (art. 114 disp.att. cod. proc. pen.) mentre, per come risulta dallo stesso atto di impugnazione, entrambi gli indagati erano sottoposti a custodia cautelare carceraria quando la perquisizione ha avuto luogo, oltre al fatto che è, poi, regola consolidata nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui, in applicazione del più generale principio della tassatività delle impugnazioni e degli atti soggetti a tale strumento di verifica, sia il decreto di perquisizione locale adottato dal pubblico ministero, sia quello di convalida, ove l’atto sia stato eseguito dalla polizia giudiziaria, non sono suscettibili di impugnazione, neppure per motivi di legittimità (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997; Sez. 2, n. 6149 del 09/12/1999; Sez. 5, n. 2108 del 04/04/2000; Sez. 5, n. 6502 del 19/12/2000; Sez. 3, n. 40985 del 23/10/2002; Sez. 2, Ordinanza n. 45532 del 08/11/2005; Sez. 3, n. 8841 del 13/01/2009; Sez. 3, n. 8999 del 10/02/2011; Sez. 1, n. 30130 del 24/06/2015) posto che è stato fatto presente che l’irritualità della perquisizione, quando riscontrata, non dà luogo ad ipotesi di nullità ma solo, se ravvisabili, a rilievi disciplinari, né ad ipotesi di inutilizzabilità, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa.
Il procedimento acquisitivo, quindi, secondo la Suprema Corte, assume rilevanza, ai fini dell’utilizzabilità della prova, se la sua manifesta illegittimità lo ponga completamente al di fuori del parametro normativo di riferimento quando cioè la sua difformità dal modello legale sia di per sé «rivelatrice di una lesione concreta o potenziale dei diritti soggettivi, oggetto di specifica tutela costituzionale» in guisa tale che, solo quando l’illegittimità della ricerca della prova assuma le dimensioni conseguenti ad una palese violazione delle norme poste a tutela dei diritti soggettivi irrinunciabili, non può, in linea generale, non diffondere i suoi effetti invalidanti sui risultati che quella ricerca ha consentito di acquisire, salvo che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 253, comma primo, cod. proc. pen., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad essi si sia pervenuti (Sez. U, n. 5021 del 27/03/1996, e, da ultimo, tra le tante conformi, Sez. 2, n. 16065 del 10/01/2020).
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui è chiarito cosa presuppone la perquisizione effettuata, ai sensi dell’art. 41 T.U.L.P.S., per la ricerca di armi, munizioni o materiale esplodente.
Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, si afferma che la possibilità, qual è quella prevista dalla norma giuridica appena citata, per la polizia giudiziaria, di compiere perquisizioni di iniziativa quando abbia comunque notizia, anche se per indizio, della possibile presenza in un determinato luogo di armi e munizioni abusivamente detenute, presuppone l’esistenza di un dato indiziante, ma non richiede che tale dato sia stato raccolto conformemente ai modelli procedimentali del codice di rito, sicché è possibile utilizzare, a tal fine, di informazioni fornite da fonti confidenziali tenuto conto altresì del fatto che l’attività di perquisizione diretta alla ricerca delle armi, in cui rientra anche, e principalmente, in un’attività di carattere preventivo, non presuppone l’esistenza di una notizia di reato e non richiede, pertanto, la pre-condizione costituita dall’autorizzazione dell’autorità giudiziaria; non presupponendo, per la sua esecuzione, necessariamente la commissione di un reato e, dunque, non essendo funzionale alla ricerca e all’acquisizione della prova di un reato di cui risulti già l’esistenza, può essere eseguita anche senza obbligo di avvertire la persona sottoposta a controllo del diritto all’assistenza di un difensore, giacché se si procede sulla base di notizia confidenziale, non v’è, né può esservi, alcun indagato.
Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione poichè in essa, come accennato prima, sono chiariti i presupposti applicativi in base ai quali si può procedere a siffatta perquisizione.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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