Le principali clausole vessatorie nei contratti di manutenzione degli impianti comuni

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Spesso si dimentica che il condominio deve considerarsi come consumatore e godere, come tale, della tutela che la legge prevede in favore di tale categoria nella stipula dei contratti con prestazioni corrispettive.

Tale conclusione è coerente con la nostra giurisprudenza secondo cui deve essere affermata l’applicabilità della disciplina dei c.d. contratti del consumatore (di cui agli artt. 1469-bis c.c. e segg., poi trasfusa nel Codice del Consumo, artt. 33-37, D.Lgs. 206/2005) a quelli conclusi con il professionista dall’amministratore del condominio; quest’ultimo infatti agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale dagli stessi eventualmente svolta.

Interessi di mora sproporzionati

Nell’ambito di un contratto di fornitura del servizio riscaldamento, la clausola secondo cui, in caso di ritardato pagamento, i condomini – committenti si obbligano a corrispondere interessi di mora al tasso del 9.25% non è valida perché decisamente vessatoria ex articolo 33, lettera f), del Codice del Consumo (Trib. Milano, sez. III, 26 novembre 2020). Infatti il professionista/imprenditore non può ragionevolmente aspettarsi l’adesione del consumatore ad una clausola determinativa degli interessi moratori in misura superiore a quella prevista per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (il saggio d’interesse per il semestre 1 luglio – 31 dicembre 2021 è stato fissato allo 0,00% ma sommato alla maggiorazione prevista di 8 punti, il tasso da applicare risulta pertanto dell’8,00% – MEF-  Saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali GU Serie Generale n.166 del 13-07-2021).

Rinnovo automatico e disdetta nella manutenzione degli impianti

È possibile che nei contratti di manutenzione degli impianti condominiali sia previsto il rinnovo automatico, salvo disdetta da comunicare a mezzo raccomandata sei mesi prima o un anno prima del termine contrattualmente indicato. Le clausole che prevedono tali termini devono essere considerate vessatorie (ex articolo 33, comma 2, lettera i) del Codice del Consumo) perché stabiliscono un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione. Tenuto conto della natura del servizio di manutenzione e delle sue caratteristiche la previsione, di un termine per la disdetta molto anticipato rispetto alla scadenza del contratto appare tutelare principalmente l’interesse del professionista stesso, non solo per meglio organizzare e programmare l’attività d’impresa, ma anche per assicurarsi una base il più possibile stabile di clientela, rendendone più difficile la mobilità verso altri operatori.

La penale eccessiva

Nell’ambito dei contratti di manutenzione degli impianti condominiali un’altra clausola vessatoria ex articolo 33, lettera f), del Codice del Consumo è quella che prevede, in caso di risoluzione anticipata per fatto imputabile al condominio, di corrispondere l’intero canone pattuito fino alla scadenza naturale del contratto. Tale clausola genera un significativo squilibrio a danno del consumatore. Ciò perché l’intero canone pattuito nel contratto – che costituisce la penale per inadempimento – è il quantum dovuto dal consumatore per tutte le attività che l’impresa avrebbe dovuto svolgere nel corso della validità dell’intero contratto di manutenzione, che normalmente ha durata pluriennale. Del resto, trattandosi di un contratto di durata, a prestazioni periodiche, in caso di risoluzione anticipata dello stesso – ancorché per inadempimento del consumatore – una parte, potenzialmente anche molto rilevante, delle prestazioni di manutenzione non verrà resa affatto proprio a causa dell’intervenuta cessazione del rapporto, essendo non di meno dovuto dal consumatore-condominio l’intero corrispettivo. Naturalmente la clausola penale manifestamente eccessiva andrà ridotta dal giudice, anche d’ufficio, nell’esercizio del potere correttivo della volontà delle parti contrattuali affidatogli dalla legge, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi contrapposti (Cass. civ., sez. III, 30/09/2021, n. 26531).

La multa penitenziale: un chiarimento

La multa penitenziale si differenzia nettamente anche dalla clausola penale pattuita per il caso di inadempimento.

Penale e multa penitenziale (assimilabili da un punto di vista strutturale) si distinguono da un punto di vista funzionale, poiché la penale per l’inadempimento è correlata appunto all’inadempimento, mentre la multa penitenziale al recesso, rappresentando il “prezzo” pattuito dalle parti per poter recedere dal contratto. Chiarito quanto sopra occorre precisare che non pare in alcun modo applicabile alla multa penitenziale la disposizione di cui all’art. 33 lett. f) Cod. Cons., che si riferisce espressamente alla clausola penale; in particolare anche nel caso in cui gli effetti concreti della multa penitenziale si avvicinino a quelli di una vera e propria penale, dovrebbe sempre escludersi la presunzione di vessatorietà (Trib. Bologna 14 aprile 2021 n. 946).

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