In caso di diniego delle attenuanti generiche e nel giudizio di comparazione tra opposte circostanze

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SOMMARIO:Il fatto – I motivi addotti nel ricorso per Cassazione – Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione – Conclusioni

Il fatto

La Corte d’appello de L’Aquila, in parziale riforma di una condanna emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale aquilano, rideterminava in mitius la pena applicata nei confronti degli imputati previa concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. in regime di equivalenza alla contestata aggravante, rigettando però la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponevano ricorso per Cassazione, per il tramite dei loro difensori, gli imputati.

In particolare, in un ricorso firmato da uno degli avvocati, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione sia in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, sia in ordine al mancato giudizio di prevalenza dell’attenuante del ravvedimento post delictum rispetto all’aggravante contestata, mentre, nell’altro ricorso proposto, si adducevano, quale motivi di gravame, violazione di legge e vizio di motivazione per quel che riguarda il solo diniego delle attenuanti generiche.

Vedasi su tale argomento: “Le attenuanti previste dall’art. 62 c.p.: vediamo in cosa consistono

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

I ricorsi proposti venivano dichiarati inammissibili per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito innanzitutto che, sul piano del trattamento sanzionatorio in generale, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non é necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo é desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, •Sentenza n. 38251 del 15/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 29968 del 22/02/2019) fermo restando che, da un lato, per quanto in particolare concerne il diniego delle attenuanti generiche, il giudice del merito esprime al riguardo un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014) rilevandosi al contempo che, con riferimento al caso di specie, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non é più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017), dall’altro, quanto al giudizio di equivalenza della concessa attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010; Sez. 2, Sentenza n. 36104 del 27/04/2017).

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso in questione, gli Ermellini osservavano come, a valere per entrambe le contestate statuizioni sanzionatorie, la valutazione complessiva della Corte aquilana, nel fare riferimento alle modalità dell’episodio e alla personalità dimostrata dagli imputati, teneva all’evidenza conto della reiterazione delle condotte criminose, con particolare riguardo al succedersi del furto della tessera bancomat e dei due successivi prelievi di danaro e ciò, sempre ad avviso del Supremo Consesso, tanto appariva senz’altro bastevole a soddisfare le indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità e a sottrarre la decisione in punto di pena alle censure mosse dai ricorrenti.

Conclusioni

La decisione in esame desta interesse nella parte in cui è chiarito quando è sindacabile la valutazione del giudice nel caso di diniego delle attenuanti generiche o allorchè costui proceda al giudizio di comparazione delle circostanze secondo quanto disposto dall’art. 69 cod. pen..

Difatti, in tale pronuncia, richiamandosi precedenti conformi, si afferma, per un verso, che, in caso di diniego delle attenuanti generiche, il giudice del merito esprime al riguardo un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione, per altro verso, che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto.

Tal che ne consegue che, in caso di mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62-bis cod. pen., si potrà censurare l’operato del giudice nella misura in cui costui abbia adottato una motivazione contraddittoria, così come il giudizio da lui compiuto in materia di comparazione tra opposte circostanze, potrà parimenti essere oggetto di censura nella misura in cui esso sia stato il frutto di mero arbitrario o di un ragionamento illogico o, ancora, la motivazione resa sul punto sia stata insufficiente.

Al di fuori di tale ipotesi, è quindi sconsigliabile contestare tali valutazioni giudiziarie essendoci il rischio evidente che le censure proposte non vengano accolte.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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