Green pass non viola il diritto alla libertà di circolazione

Redazione 04/11/21
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Con l’ordinanza del presidente del Tribunale dell’UE, depositata il 29 ottobre ,è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’esecuzione del Reg. 2021/1953 col quale il Parlamento e il Consiglio UE hanno disciplinato il rilascio, la verifica e l’accettazione del green pass.

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Fatti

I ricorrenti e le altre persone fisiche risultano cittadini dell’Unione europea.

Per limitare la diffusione della sindrome daSARS-CoV-2 gli Stati membri hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quali restrizioni all’ingresso o l’obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2. Per facilitare l’esercizio del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno deciso di istituire un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione in relazione alla malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), la cui causa è la SARS-CoV-2. Detto quadro comune dovrebbe agevolare, ove possibile, sulla base di prove scientifiche, graduale revoca delle restrizioni da parte degli Stati membri in modo coordinato, tenuto conto della revoca delle restrizioni all’interno del loro territorio.

A tal fine il Parlamento e il Consiglio hanno adottato, il 14 giugno 2021, il regolamento (UE) 2021/953, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 .

Secondo il considerando 13 del regolamento impugnato, sebbene quest’ultimo lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione, conformemente al diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, esso dovrebbe contribuire ad agevolare la graduale revoca di tali restrizioni in modo coordinato, ove possibile.

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento impugnato prevede che il quadro del certificato interoperabile contenente informazioni sulla vaccinazione, sul risultato di un test o sulla guarigione del loro titolare, rilasciato nel contesto della pandemia di COVID-19 (in prosieguo: il «certificato COVID digitale dell’UE») consente il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno qualunque dei seguenti certificati: un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato, denominato «certificato di vaccinazione» (articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento impugnato), un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto a un test effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato nello Stato membro che rilascia il certificato e indicante il tipo di test, la data in cui è stato effettuato e il risultato del test, denominato «certificato di test» (articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento impugnato), e un certificato comprovante che, successivamente a un risultato positivo di un test effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato, il titolare risulta guarito da un’infezione da SARS-CoV-2, denominato «certificato di guarigione» (articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento impugnato).

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale, i ricorrenti hanno proposto un ricorso volto, in particolare, all’annullamento totale o parziale del regolamento impugnato.

In diritto

Nel caso di specie, al fine di dimostrare il carattere grave e irreparabile del danno lamentato, i ricorrenti sostengono, in primo luogo, che il regolamento impugnato opererebbe in pratica una discriminazione tra vaccinati e non vaccinati e, di conseguenza, tra i cittadini dell’Unione in sede di esercizio dei loro diritti fondamentali, che li colpirebbe direttamente.

In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la grave violazione dei loro diritti fondamentali, causata dal contenuto inammissibile del regolamento impugnato, che sarebbe palesemente in contrasto con qualsiasi norma scientifica, dovrebbe cessare immediatamente in considerazione dei danni materiali e, soprattutto, morali che esso infliggerebbe loro in modo diretto e immediato, privandoli così della possibilità di condurre una vita sociale normale.

Il Parlamento e il Consiglio sostengono, per parte loro, che i ricorrenti non sarebbero riusciti a dimostrare che il requisito relativo all’urgenza sia soddisfatto.

A questo riguardo, in primo luogo, quanto all’argomento dei ricorrenti secondo il quale il regolamento impugnato creerebbe, in pratica, una discriminazione tra i cittadini dell’Unione in sede di esercizio dei loro diritti fondamentali, occorre ricordare, in primo luogo, che il giudice del procedimento sommario non può procedere a un’applicazione meccanica e rigida del requisito collegato al carattere irreparabile del danno – né, del resto, al carattere grave del danno lamentato  –, ma deve tener conto delle circostanze che contraddistinguono ogni caso (v., in tal senso, ordinanza del 25 luglio 2014, Deza/ECHA, T 189/14  R, non pubblicata, EU:T:2014:686, punto 105 e giurisprudenza ivi citata), tanto più che detto criterio, di origine puramente giurisprudenziale, che non compare né nei trattati né nel regolamento di procedura, dev’essere lasciato inapplicato quando è inconciliabile con l’esigenza imperativa di una tutela provvisoria effettiva [v., in tal senso, ordinanza del 23 aprile 2015, Commissione/Vanbreda Risk & Benefits, C 35/15 P(R), EU:C:2015:275, punto 30].

In secondo luogo, la facoltà di disporre una sospensione dell’esecuzione o di adottare provvedimenti provvisori sul mero fondamento dell’illegittimità manifesta dell’atto impugnato non è esclusa, per esempio quando quest’ultimo difetta persino dell’apparenza di legalità e occorre, pertanto, sospenderne senza indugio l’esecuzione (v., in tal senso, ordinanze del 7 luglio 1981, IBM/Commissione, 60/81 R e 190/81  R, EU:C:1981:165, punti 7 e 8, e del 26 marzo 1987, Hoechst/Commissione, 46/87  R, EU:C:1987:167, punti 31 e 32). 24 In terzo luogo, tuttavia, anche se, come risulta dal punto 110 dell’ordinanza del 23 febbraio 2001, Austria/Consiglio (C 445/00  R, EU:C:2001:123), il carattere particolarmente serio del fumus boni iuris non è privo di influenza sulla valutazione dell’urgenza, si tratta tuttavia, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 156, paragrafo 4, del regolamento di procedura, di due requisiti distinti che condizionano la concessione di una sospensione dell’esecuzione. Pertanto, spetta alla parte che chiede i provvedimenti provvisori dimostrare l’imminenza di un danno grave e difficilmente riparabile, se non addirittura irreparabile, e la semplice dimostrazione dell’esistenza di un fumus boni iuris, perfino se particolarmente serio, non può rimediare alla completa mancanza di una dimostrazione dell’urgenza, salvo che in circostanze del tutto particolari (v., in tal senso, ordinanza del 2 maggio 2007, IPK International  – World Tourism Marketing Consultants/Commissione, T 297/05  R, non pubblicata, EU:T:2007:118, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

Nel caso di specie, del resto, nessun argomento dei ricorrenti dimostra, prima facie, il carattere manifesto della presunta violazione.

Per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui la violazione del loro diritto alla libertà di circolazione, qualora non si sottopongano a trattamenti medici invasivi contrari alla loro volontà, comporterebbe una limitazione diretta della loro libertà personale, quale prevista dall’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché della loro libertà professionale e del loro diritto al lavoro, quali previsti dall’articolo 15 della medesima, si deve constatare anzitutto che il possesso dei certificati previsti dal regolamento impugnato non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 6, di tale regolamento.

Inoltre, i ricorrenti non producono nessun elemento che consenta di concludere che il regolamento impugnato abbia causato un peggioramento delle loro condizioni di spostamento rispetto alla situazione esistente prima della sua entrata in vigore. In effetti, il regolamento impugnato mira proprio a facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19 mediante la creazione di un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID digitali dell’UE.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo il quale la violazione dei loro diritti fondamentali avrebbe causato loro danni materiali, occorre ricordare che, salvo circostanze eccezionali, un danno di carattere economico non può essere considerato irreparabile o anche solo difficile da riparare dato che, come regola generale, esso può costituire oggetto di un successivo risarcimento finanziario (v. ordinanza del 2 ottobre 2019, FV/Consiglio, T 542/19 R, non pubblicata, EU:T:2019:718, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

Vero è che, anche in caso di danno di carattere puramente pecuniario, un provvedimento provvisorio si giustifica ove risulti che, in mancanza di tale provvedimento, la parte richiedente si troverebbe in una situazione tale da mettere a repentaglio la propria sopravvivenza finanziaria, poiché non disporrebbe di una somma che dovrebbe normalmente permetterle di far fronte a tutte le spese indispensabili per sopperire ai propri bisogni elementari sino al momento in cui intervenga una pronuncia sul ricorso principale (v. ordinanza del 2 ottobre 2019, FV/Consiglio, T 542/19  R, non pubblicata, EU:T:2019:718, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

Tuttavia, per poter valutare se il danno lamentato presenti un carattere grave e irreparabile e giustifichi quindi la sospensione, in via eccezionale, dell’esecuzione dell’atto impugnato, il giudice del procedimento sommario deve disporre, in ogni caso, di indicazioni concrete e precise, suffragate da documenti dettagliati che dimostrino la situazione finanziaria della parte che chiede il provvedimento provvisorio e consentano di valutare le conseguenze che verosimilmente deriverebbero dalla mancanza dei provvedimenti richiesti

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