Responsabilità professionale per il legale del condominio

Se i condomini fanno scelte errate non è possibile parlare di responsabilità professionale per il legale del condominio.

Riferimenti normativi: artt. 1418 c.c.; 2697 c.c.

Precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 11901 del 07/08/2002

La vicenda

Una società aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio; tale decreto però era stato opposto dai condomini che, con l’aiuto del legale del caseggiato, nel corso del procedimento, avevano trovato una soluzione stragiudiziale, concludendo un accordo transattivo; successivamente, però, il condominio decideva di citare in giudizio sia l’ex amministratore sia il legale per richiedere il risarcimento dei danni subiti; in particolare i condomini sostenevano che, nell’ambito della transazione, il difensore non aveva fatto valere l’erronea determinazione del tasso degli interessi legali, anche perché il condominio era da considerarsi un consumatore; inoltre lamentavano che la decorrenza degli interessi era antecedente alla maturazione dell’intero debito. L’avvocato si costituiva contestando la fondatezza della domanda, sostenendo, in particolare, di aver prestato la propria attività con riferimento ad un mero accordo di rateizzazione del debito e che, in ogni caso, tale accordo era comunque vantaggioso per il condominio (prevedendo comodi tempi di pagamento e nessuno obbligo di pagare le spese di esecuzione).

La questione

Quando è possibile parlare di responsabilità professionale per il legale del condominio?

La soluzione

Il Tribunale ha dato ragione al legale del condominio

Secondo il giudice l’avvocato aveva assistito i condomini non nella sottoscrizione di un vero e proprio accordo transattivo ma per una mera rateizzazione del debito. Tuttavia, come nota lo stesso giudice, il condominio non ha mosso alcuna contestazione rispetto alla decisione di concludere un accordo per la rateizzazione del debito (sebbene la decisione non sia stata sottoposta all’attenzione dell’assemblea), ma ha censurato solo la misura e la decorrenza degli interessi prevista nel detto accordo; di conseguenza sempre secondo il giudice di merito, la possibile responsabilità del difensore deve essere valutata non tanto con riferimento al contenuto dell’accordo di rateizzazione del debito, quanto piuttosto con riferimento alla scelta (ove ancora possibile) di non impugnare o contestare il titolo da cui nasce il credito rateizzato. A tale proposito, il Tribunale esclude la responsabilità nel caso di specie, posto che l’accordo raggiunto consisteva, appunto, in una mera dilazione del debito del condominio e il condominio stesso non aveva mosso alcuna riserva circa la scelta di non contestare il titolo da cui nasceva il credito (nello specifico non era stata mossa alcuna contestazione alla scelta di non aver proseguito l’opposizione al decreto ingiuntivo su cui si fondava il credito).

Le riflessioni conclusive

In via generale la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva. Pertanto, il cliente che sostiene di aver subito un danno per l’inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato ha l’onere di provare: l’esistenza del titolo consistente nel contratto d’opera professionale; la difettosa o inadeguata prestazione professionale; il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno lamentato; l’esistenza effettiva di un danno risarcibile. Trattandosi di responsabilità contrattuale, il riparto degli oneri di allegazione e prova è regolato dall’art. 1218 c.c., sicché spetta al cliente dimostrare il conferimento dell’incarico, nonché il danno (conseguenza) derivato dall’inadempimento dell’obbligazione, come conseguenza immediata e diretta dello stesso; mentre incombe sul professionista l’onere di provare l’esatto adempimento della prestazione, ovvero l’impossibilità per causa non imputabile e, dunque, è onere del professionista dimostrare di aver adempiuto a tutti i suoi obblighi informativi, di sollecitazione e dissuasione, illustrando al cliente tutte le possibili conseguenze delle sue determinazioni (Cass. civ., sez. III, 23/03/2017, n. 7410). Nel caso esaminato la soluzione del giudice milanese è condivisibile atteso che i condomini non hanno contestato la scelta di rinunciare all’opposizione e di addivenire ad un accordo per la rateizzazione del debito.

Se il quantum riconosciuto a titolo di interessi avesse voluto essere contestato questo avrebbe dovuto avvenire nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. In ogni caso la misura degli interessi era conseguente alla decisione del Tribunale di Milano (in forza della richiesta del creditore) e non poteva, pertanto, essere ascritta ad un errore professionale del difensore convenuto.

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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