5 per mille. La Cassazione si pronuncia sulla (in)competenza del giudice tributario

A cura dell’ Avv. Francesca Moroni e dell’Avv. Lara Gabbanelli09

Con sentenza del 9 giugno 2021, n. 16102 la Corte di Cassazione interviene in materia di (in)competenza del giudice tributario in riferimento a controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di esclusione dagli elenchi dei beneficiari dal contributo del 5 per mille dell’Irpef.

Indice:

  1. Sintesi dei fatti di causa e iter processuale
  2. L’(in)competenza ratione materiae del giudice tributario
  3. …e del giudice amministrativo
  4. La recente riforma dell’istituto del 5 per mille. Le principali novità introdotte con D.p.c.m. 23 luglio 2020
  5. Considerazioni conclusive

Sintesi dei fatti di causa e iter processuale

In data 26 ottobre 2011 veniva eseguita dai competenti funzionari verifica fiscale presso la sede legale di una Onlus ai fini di un accertamento sul corretto pagamento delle imposte dirette relativamente all’esercizio 2010. A seguito della verifica emergeva in primis l’assenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, ai fini dell’iscrizione nell’Anagrafe Unica delle Onlus.

Di conseguenza, previo parere dell’Agenzia per il Terzo settore, l’Ufficio emetteva provvedimento di esclusione dagli elenchi del cinque per mille per l’anno 2011, quale diretta conseguenza del provvedimento di cancellazione dall’ente dall’anagrafe delle Onlus, emesso il 7 febbraio 2012.

L’ente proponeva, dunque, ricorso avverso il citato provvedimento di esclusione e otteneva sentenza favorevole da parte della CTP adita. Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in secondo grado, ma la CTR confermava la correttezza della decisione di prime cure.

L’Amministrazione finanziaria impugnava infine tale ultima sentenza per ottenerne la cassazione e la Onlus replicava con controricorso.

L’(in)competenza ratione materiae del giudice tributario

In riferimento alla natura tributaria del provvedimento del 5 per mille, la Cassazione nella pronuncia qui in commento richiama la nota sentenza del Giudice delle Leggi n. 202/2007[1]  che ha, in concreto, escluso la natura tributaria del c.d. “beneficio del 5 per mille”.

Secondo la Corte, il titolo di acquisto della quota del 5 per mille dell’Irpef versata all’erario subisce una “trasformazione” nel caso in cui il contribuente, con apposita dichiarazione di volontà, si sia avvalso della facoltà, prevista dalla legge, di finanziare specifici soggetti operanti nei settori socialmente meritevoli ed inclusi in apposite liste[2].

Per effetto di tale dichiarazione, la pretesa tributaria statale si riduce della quota del 5 per mille e il relativo importo viene trattenuto dallo Stato non più a titolo di tributo erariale, ma come somma che lo Stato medesimo è obbligato, quale mandatario necessario ex lege, a corrispondere ai soggetti indicati dal contribuente stesso.

Pertanto, in ragione e per effetto della determinazione del contribuente, la quota del 5 per mille dell’Irpef perde la natura di entrata tributaria ed assume quella di “provvista” versata obbligatoriamente all’erario per tale finanziamento. La controversia qui in esame non ha dunque ad oggetto un rapporto giuridico di imposizione e neppure una agevolazione fiscale volta a ridurre le imposte sugli enti beneficiari, bensì un finanziamento pubblico di enti ritenuti meritevoli di sostegno economico[3].

Stante dunque la natura non fiscale della quota del 5 per mille, in riferimento alla quale lo Stato abdica alla propria pretesa acquisitiva a titolo impositivo-contributivo, la Corte conclude che sia «certamente da escludere la sussistenza della competenza ratione materiae del giudice tributario», in favore del giudice ordinario.

…e del giudice amministrativo

I giudici della Suprema Corte evidenziano come la controversia de qua non ricada nemmeno nell’ambito della giurisdizione amministrativa. Difatti, il potere esercitato dall’Amministrazione finanziaria presenta natura vincolata essendo gli aspetti applicativi – quali le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto, i criteri di riparto delle somme – disciplinati da apposito decreto[4]. La normativa di attuazione stabilisce, dunque, sia i requisiti di accesso al beneficio del 5 per mille sia i criteri di determinazione dello stesso, configurando «un potere vincolato dell’Amministrazione», a fronte del quale si deve riconoscere in capo al soggetto istante un diritto soggettivo perfetto[5].

In conclusione, da costante giurisprudenza si evince come «sussista la giurisdizione del giudice ordinario qualora un finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge e alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid ed il quomodo dell’erogazione».

La Suprema Corte, in definitiva, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

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La recente riforma dell’istituto del 5 per mille. Le principali novità introdotte con D.p.c.m. 23 luglio 2020

La sentenza in oggetto consente una riflessione sull’istituto del 5 per mille[6], in particolare alla luce della recente riforma normativa in materia[7].

Infatti il D.p.c.m. 23 luglio 2020[8] ha innovato la disciplina, le modalità e i termini per l’accesso al riparto del cinque per mille, semplificando anche la procedura di accreditamento degli enti beneficiari, in armonia con le disposizioni del nuovo Codice del Terzo settore[9].

In proposito, il Decreto in esame stabilisce nei suoi contenuti: le modalità e i termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione degli elenchi annuali e dell’elenco permanente degli ETS che possono usufruire del beneficio; la regolamentazione in materia di riparto del contributo e di rendicontazione delle somme erogate agli enti beneficiari; infine, norme ad hoc finalizzate ad assicurare la pubblicità e la trasparenza della destinazione del contributo del cinque per mille.

Rispetto alla normativa previgente[10], si segnalano novità di rilievo al fine di uniformare e snellire la procedura di accesso e riparto al contributo. Nel dettaglio si puntualizza che gli enti interessati possono dichiarare di voler partecipare al riparto direttamente in sede di iscrizione al RUNTS[11]. Peraltro, per ciascuna tipologia di ETS vengono espressamente indicate le Amministrazioni competenti a ricevere le istanze di iscrizione[12] e, di conseguenza, non è più onere della Agenzia delle entrate pubblicare gli elenchi, ma spetta alla predette Amministrazioni.

Di interesse anche il fatto per cui la procedura di iscrizione si perfezioni ora con una semplice autocertificazione, eliminando dunque il doppio adempimento previsto nella precedente regolamentazione. In altri termini, per gli enti del volontariato[13] si richiede la presentazione di una istanza di accreditamento, da inviare in via telematica all’Agenzia delle entrate, contenente appunto la richiamata autocertificazione, resa dal rappresentante legale dell’ente richiedente, relativa alla sussistenza dei requisiti (e attestante l’iscrizione all’anagrafe, registro o albo di appartenenza). La stessa può essere inviata direttamente dai soggetti abilitati ai servizi telematici, ovvero per il tramite degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica medesima.

La precedente disciplina stabiliva, invece, un doppio onere, rappresentato dall’iscrizione in un apposito elenco tenuto dall’Agenzia delle entrate[14], mediante domanda specifica che prevedeva la compilazione di un’autodichiarazione relativa al possesso dei requisiti. Successivamente i legali rappresentanti degli enti dovevano sottoscrivere una ulteriore dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, relativa alla persistenza dei requisiti medesimi. La presentazione della dichiarazione sostitutiva risultava condizione necessaria per l’ammissione al riparto[15].

In aggiunta alle novità già evidenziate, si segnala come il Decreto preveda un’armonizzazione dei termini per la presentazione della domanda di iscrizione e per la pubblicazione degli elenchi per tutte le tipologie di enti. In proposito vengono uniformati anche i termini per la pubblicazione degli elenchi ai fini della dichiarazione precompilata.

In ossequio al principio di trasparenza nella gestione del riparto, si stabilisce che ogni Amministrazione pubblichi sul proprio sito web l’elenco permanente degli enti accreditati nei precedenti esercizi, con le integrazioni e gli aggiornamenti del caso. Al riguardo, anche i controlli sul possesso dei requisiti necessari per l’ammissione al riparto devono essere effettuati da ciascuna Amministrazione, in luogo dell’Agenzia delle entrate.

Inoltre, fermo restando il criterio in base al quale ai soggetti beneficiari spettano le quote del cinque per mille loro direttamente destinate dai contribuenti[16], al fine di evitare l’eccessiva parcellizzazione delle risorse, il Decreto in analisi innalza l’importo minimo erogabile a ciascun beneficiario a 100 euro (in luogo dei 12 euro)[17].

In relazione, invece, alle modalità di riparto del cd. “inoptato”, riferito quindi alle “scelte non espresse”[18], viene prevista la ripartizione delle somme corrispondenti in misura proporzionale e nell’ambito della stessa categoria, al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale.

Sono, infine, previsti specifici obblighi di trasparenza e di rendicontazione a carico dei beneficiari dei contributi, in sostanziale continuità con la disciplina vigente.

Da un lato, le Amministrazioni erogatrici del contributo sono tenute, entro novanta giorni dalla data di erogazione dello stesso, alla pubblicazione in apposita sezione del proprio sito web degli elenchi dei soggetti ai quali lo stesso contributo è stato erogato, della data di erogazione e del relativo importo; pubblicano, altresì, nella apposita sezione del proprio sito, il link al rendiconto pubblicato sul sito del beneficiario, entro trenta giorni dall’acquisizione degli elementi informativi[19].

Dall’altro lato, gli enti beneficiari devono predisporre un rendiconto, accompagnato da una relazione illustrativa, dal quale risulti in modo chiaro, trasparente e dettagliato, la destinazione e l’utilizzo delle somme percepite[20].

I rendiconti e le relazioni devono essere trasmessi, entro trenta giorni dalla data ultima prevista per la loro compilazione, all’Amministrazione competente la quale potrà operare, anche a campione, controlli amministrativo-contabili delle rendicontazioni anche presso le sedi degli enti beneficiari, potendo richiedere l’acquisizione di ulteriore documentazione integrativa.

Soltanto gli enti che percepiscono contributi di importo inferiore a 20.000 euro non sono tenuti, salva esplicita richiesta dell’Amministrazione, all’invio del rendiconto e della relazione, che dovranno in ogni caso essere redatti e conservati per 10 anni.

I beneficiari del contributo del cinque per mille non possono utilizzare le somme a tale titolo percepite per coprire le spese di pubblicità sostenute per campagne di sensibilizzazione sulla destinazione della quota del cinque per mille, a pena di recupero del contributo (in attuazione dell’art. 7, Dlgs. n. 111/2017). Tale divieto – già previsto dalla previgente normativa, ex art. 12, comma 6, D.p.c.m. 23 aprile 2010 – è giustificato dal fatto che si tratta di importi erogati per finalità di utilità sociale. In aggiunta, rispetto alla normativa vigente, si prevede ora, a titolo sanzionatorio, il recupero della quota di contributo utilizzata in violazione del divieto[21].

I beneficiari, infine, hanno l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web gli importi percepiti e il rendiconto, dandone comunicazione all’Amministrazione erogatrice. Anche in questo caso è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, pari al venticinque per cento dell’importo percepito, in caso di violazione dell’obbligo di pubblicazione[22]

Considerazioni conclusive

L’istituto del 5 per mille rappresenta una importante opportunità, per il privato sociale, di farsi interprete di istanze solidali e mutualistiche e rappresenta un tentativo di introdurre una forma di democrazia fiscale all’interno dell’ordinamento italiano.

Peraltro, la sua mancata stabilizzazione nel tempo attraverso una legge organica – in grado di garantire la certezza delle risorse nel corso di un arco temporale ragionevole e la definizione di tempi certi per l’erogazione dei fondi – ha prodotto inefficienze e inutili appesantimenti burocratici[23], oltre a impedire in concreto ai beneficiari di programmare, con congruo anticipo, le attività.

La recente riforma dell’istituto cerca di colmare, infatti, proprio quelle lacune e quelle criticità a suo tempo riscontrate dalla Corte dei Conti[24]: “il quadro normativo dell’istituto risulta confuso e inadeguato. Le attività di coordinamento, controllo e garanzia delle amministrazioni interessate appaiono insufficienti. Il tetto di spesa annuo è in contrasto con le determinazioni dei contribuenti, riducendo, di fatto, la percentuale del contributo». Infine, sempre ad avviso della Corte non andava trascurato il fatto per cui «i ritardi nelle erogazioni – dovuti alla pluralità di amministrazioni coinvolte, con scarso coordinamento tra loro, e a disfunzioni interne a ciascuna di esse – sono causa dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari».

Sul piano generale, la previsione normativa si inserisce in un contesto di finanziamenti a favore delle organizzazioni non profit, che tende a garantire un reale ed effettivo orientamento di risorse verso organismi non lucrativi caratterizzati dallo svolgimento di attività sociali[25]. Lo sviluppo di queste nuove modalità di finanziamento risulta essere, senza dubbio, una opportunità di crescita per le organizzazioni non lucrative, soprattutto in una prospettiva di maggiore indipendenza economica rispetto all’intervento pubblico. Del resto è innegabile come risulti in costante crescita il numero di associazioni che ricorrano ad iniziative finalizzate a rendere maggiormente visibile la propria azione, anche all’interno del settore non profit.

Non a caso l’intero sistema di finanziamento (privato), delle erogazioni liberali, risulta collegato a scelte “private” del cittadino verso associazioni da individuare.

Da ciò consegue la necessità di farsi conoscere e, quindi, di sviluppare forme di marketing rivolte ai potenziali donatori, attraverso il ricorso a regole economiche applicate al sociale[26].

D’altra parte lo sviluppo di tecniche imprenditoriali e la valorizzazione delle risorse economiche, finalizzate ad affermare le proprie finalità oppure a promuovere le proprie attività sul territorio, risultano uno dei principali obiettivi del management degli organismi non lucrativi. In questo contesto, quindi, la comunicazione della propria mission ed il fund raising (raccolta di fondi) diventano strategie economiche assolutamente necessarie per rendere efficiente e durevole l’attività dell’organizzazione[27].

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Note:

[1] Si tratta della sentenza della Corte Cost. n. 202/2007 resa in occasione dei ricorsi proposti in via principale dalle Regioni Campania, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia con cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale – unitamente ad altre disposizioni di legge – della L. n. 266 del 2005art. 1, commi 337, 339 e 340 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006); nel dettaglio, tale pronuncia ha difatti escluso la natura tributaria del c.d. “beneficio del 5 per mille”.

[2] Cass., sent. n. 16102/2021, qui in esame.

[3] Cfr. Cass., Sez. Un., n. 24964/2017 in cui si enuncia il principio per cui «le controversie relative alle iscrizioni delle ONLUS nell’elenco delle associazioni ammesse al “beneficio del cinque per mille” non rientrano nella giurisdizione del  giudice tributario». Stante dunque la natura non fiscale della quota del cinque per mille, secondo la Suprema Corte, è da escludere la sussistenza della competenza ratione materiae del giudice tributario.

[4] Il riferimento va al D.p.c.m. 23 luglio 2020 con cui è stato completato il processo di normazione del cinque per mille: lo stesso disciplina, infatti, le modalità e i termini per l’accesso al riparto del beneficio, semplificando la procedura di accreditamento degli enti beneficiari e razionalizzando gli adempimenti a carico dei medesimi. Lo stesso provvedimento disciplina le modalità e i termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione degli elenchi annuali e dell’elenco permanente, nonché le modalità di riparto del contributo e di rendicontazione delle somme erogate agli enti beneficiari. In previgente testo normativo di riferimento era il D.p.c.m. 20 gennaio 2006.

[5] In merito v. Cass., Sez. Un., ord. n. 8115 del 29/03/2017; Sez. Un., sent. n. 15867 del 20/07/2011; Sez. Un., ord. n. 21062 del 13/10/2011.

[6] Come noto, l’istituto del cinque per mille dell’IRPEF è stato introdotto, in via sperimentale, dall’articolo 1, commi 337 e ss. della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria del 2006) come misura atta a fornire agli enti privati operanti nei settori sociale, sanitario e della ricerca scientifica un sostegno economico per lo svolgimento delle loro attività. Il suo successo ha portato a un rifinanziamento della misura con le successive leggi finanziarie fino alla sua stabilizzazione ad opera dell’articolo 1, comma 154 della legge dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015). Con il D.p.c.m. 19 marzo 2008 è stato per la prima volta previsto l’obbligo a carico degli enti percettori del contributo del cinque per mille di redigere un rendiconto e una relazione illustrativa relativi all’utilizzo delle risorse ricevute e di trasmetterli all’Amministrazione competente. La disciplina di dettaglio dell’istituto ha trovato una organica sistemazione con il D.p.c.m. 23 aprile 2010, in parte modificato e integrato dal D.p.c.m. 7 luglio 2016, recante “Disposizioni in materia di trasparenza e di efficacia nell’utilizzazione della quota del cinque per mille, in attuazione all’articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”, che ha interessato il sistema di verifica e di pubblicità dell’utilizzo delle risorse erogate e l’uniformità del sistema di rendicontazione. L’istituto del cinque per mille, espressione dei principi di sussidiarietà e di solidarietà, teso a valorizzare la partecipazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi necessari a sostenere l’espletamento delle attività di interesse generale, è stato coerentemente inserito nell’organico disegno riformatore contenuto nella legge 6 giugno 2016, n. 106, recante “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. In particolare, la citata legge – all’articolo 9, comma 1, lettere c) e d) – nel ricomprendere significativamente il tema all’interno delle misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore, ha individuato, tra i vari principi e criteri direttivi, la razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l’accesso al beneficio nonché la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l’erogazione dei contributi spettanti agli enti; l’introduzione, per i soggetti beneficiari, di obblighi di pubblicità delle risorse ad essi destinate, in un sistema improntato alla massima trasparenza e rafforzato dalla previsione di sanzioni in caso di inadempimento a detti obblighi. Questa parte della legge delega ha trovato recepimento nel decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111 il quale individua le finalità ed i soggetti destinatari delle scelte dei contribuenti; velocizza le procedure di erogazione delle risorse; prevede una serie di obblighi di trasparenza ed informazione, sia per i soggetti beneficiari che per l’Amministrazione erogatrice. Il citato decreto legislativo contiene in tal modo le regole di portata generale dell’istituto del cinque per mille, lasciando ad un successivo D.p.c.m. – da adottarsi su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari – l’individuazione della disciplina di dettaglio, v. Ministero del Lavoro, Linee guida per la rendicontazione del contributo del cinque per mille destinato agli enti del Terzo settore, settembre 2021, 3.

[7] In dottrina, sul tema del 5 per mille v. L. Antonini, M. Bergo, Le frontiere del 5 per mille: un bilancio a otto anni dalla sua istituzione fra esperienze comparate e suggerimenti interni, in Non profit: diritto & management degli enti non commerciali, 2013, 19, 1, pp. 69-89; S. Cipollina, La Corte Costituzionale ed il 5 per mille per il volontariato e la ricerca, in Riv. dir. fin., 2007, II, pp. 84 ss.

[8] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020 (in Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 231 del 17 settembre 2020), recante Disciplina delle modalità e dei termini per l’accesso al riparto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche degli enti destinatari del contributo, nonché delle modalità e dei termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione dell’elenco permanente degli enti iscritti e per la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi, attuativo del Decreto Legislativo n. 111 del 3 luglio 2017 recante Disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a norma dell’articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della legge 6 giugno 2016, n. 106. Con la pubblicazione del Decreto si è perfezionata la riforma dell’istituto del cinque per mille, inserita all’interno del più ampio processo di riforma del Terzo Settore. Sul tema, per un approfondimento pratico dell’istituto alla luce della riforma, v. Enti Terzo Settore: nuovi modelli per la rendicontazione del 5 per mille, in Fisco e Tasse, 23 settembre 2021; 5 per mille: in Gazzetta il DPCM con le modalità e termini di accesso anche per gli ETS, in Fisco e Tasse, 22 settembre 2020; 5 per mille: le nuove modalità di iscrizione in Gazzetta Ufficiale, in Fisco e Tasse, 21 settembre 2020.

[9] Cfr. D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 e s.m.i., recante, Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106. In dottrina sulla recente riforma del Terzo settore, v. La codificazione del terzo settore, a cura di M.A. Quiroz Vitale, S. Ricci, Maggioli, Bologna, 2020; A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, P. Venturi, Dalla parte del Terzo Settore. La Riforma letta dai suoi protagonisti, Roma-Bari, Laterza, 2020; G.M. Colombo, A. Setti, Terzo settore. Aspetti civilistici, contabili e fiscali, Milano, Giuffrè, 2020; S. Di Diego, V. Tosi, La riforma del Terzo settore, Maggioli, Bologna, 2019; P. Consorti, L. Gori, E. Rossi, Diritto del Terzo settore, Bologna, Il Mulino, 2018; F. Loffredo, Gli enti del Terzo settore, Milano, Giuffrè, 2018; F. Farri, Le modifiche strutturali al quadro normativo del Terzo settore, «Riv. Dir. Trib.», 16 febbraio 2018; Il Terzo Settore tra continuità e riforma, a cura di M.A. Quiroz Vitale, S. Ricci, Maggioli, Bologna, 2017.

[10] Cfr. D.p.c.m. 23 aprile 2010, come modificato e integrato dal D.p.c.m. 7 luglio 2016.

[11] Sul tema, si ricorda che Decreto direttoriale n. 51 del 26 ottobre 2021 fissa nel 23 novembre 2021 il termine a decorrere dal quale diventa operativo il RUNTS. Il provvedimento si pone in attuazione dell’art. 30, D.M. n. 106 del 15 settembre 2020. Sul tema v. G. Visconti, La riforma del Terzo settore e l’avvio del Runts, Fisco e Tasse – Maggioli, Bologna, 2021; F. Moroni, Provvedimento di avvio del Runts. Fissato il termine al 23 novembre 2021, in Fisco e Tasse, 2 novembre 2011.

[12] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art. 2, rubricato Accreditamento ai fini dell’accesso al riparto del contributo del cinque per mille. Nello specifico, tali Amministrazioni competenti sono individuate nel: a) Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il tramite dell’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore competente; b) Ministero dell’università e della ricerca; c) Ministero della salute; d) Comitato olimpico nazionale italiano;  e) Agenzia delle entrate.

[13] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art. 7, Modalità e termini di accreditamento per gli enti del volontariato di cui all’art. 1, comma 2.

[14] La domanda, prevede una autodichiarazione relativa al possesso dei requisiti. I soggetti vengono inseriti in un unico elenco curato dall’Agenzia delle entrate, contenente l’indicazione della denominazione, della sede, della tipologia di appartenenza, del codice fiscale di ciascun nominativo, pubblicato dall’Agenzia delle entrate sul proprio sito.

[15] Cfr. Servizio Studi della Camera dei deputati (a cura di), Disciplina delle modalità e dei termini per l’accesso al riparto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, 20 aprile 2020, p. 3.

[16] Nello specifico, i contribuenti oltre ad apporre la firma, devono indicare il codice fiscale dei soggetti che hanno scelto come beneficiari, v. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art.3

[17] Cfr. Servizio Studi della Camera dei deputati (a cura di), Disciplina delle modalità e dei termini per l’accesso al riparto del cinque per mille, cit., p. 8.

[18] Si tratta anche delle ripartizione delle somme relative alle scelte effettuate senza indicazione del codice fiscale dell’ente beneficiario o con l’indicazione di un codice fiscale errato.

[19] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art. 15 In caso di violazione degli obblighi di pubblicazione, trova applicazione sanzione amministrativa pecuniaria consistente nella decurtazione dal trenta al sessanta per cento dell’indennità di risultato. Tale inadempimento costituisce inoltre elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale ed eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’Amministrazione, valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio (v. artt. 46 e 47 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33).

[20] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art. 16 in materia di obblighi in capo ai beneficiari.

[21] Cfr. Servizio Studi della Camera dei deputati (a cura di), Disciplina delle modalità e dei termini per l’accesso al riparto del cinque per mille, cit., 10. V. anche D.p.c.m. 23 luglio 2020, art. 16, comma 4.

[22] Cfr. D.p.c.m. 23 luglio 2020, cit., art. 17, che disciplina le modalità ed i termini per l’eventuale recupero delle somme erogate. Sul tema, S. Beretta, Manuale operativo delle associazioni, Maggioli, Bologna, in particolare Parte II, capp. 25 e 26.

[23] Cfr. Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, Destinazione e gestione del 5 per mille dell’irpef, delibera n. 14/2013/G, pp. 3 ss.

[24] Ibidem.

[25] Cfr. G. Rivetti, Enti senza scopo di lucro. Terzo settore e impresa sociale. Profili di specialità tributaria tra attività no profit o for profit, Milano, Giuffrè, 2017, pp. 242 ss. Mi si permetta anche di richiamare, F. Moroni, Terzo settore e cinque per mille. Definite modalità e termini per l’accesso al riparto e rendicontazione, in Il Tributario, Giuffrè, Milano, 6 maggio 2021.

[26] Cfr. Rivetti, ult. op. cit.; S. Cipollina, Profilo della de-tax, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2002, 2, 260.

[27]Cfr. F. Spazzoli, M. Matteini, M. Mauriello, R. Maggioli, Manuale di fund raising e comunicazione sociale, Maggioli, Bologna, 2002;  V. Melandri; A. Masacci, Fund raising per le organizzazioni non profit: etica e pratica della raccolta fondi per il terzo settore, Milano, Il Sole 24ore, 2004; A. SergiacomoM. Cari, Contabilità e bilancio degli enti del terzo settore, Maggioli, Bologna, 2019; A. Cosentino, L’economia della gestione degli enti del terzo settore. Prime riflessioni, Giappichelli, Torino, 2020.

Sentenza collegata

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Francesca Moroni

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