Proprio con riferimento al predetto inquadramento in termini di rapporto di mandato, deve evidenziarsi la vigenza, anche per l’amministratore (quale particolare tipo di mandatario) dell’obbligo previsto dall’art. 1713 c.c. per il quale il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.
Tale obbligo, nello specifico del condominio risulta da tre distinte norme: l’art.1130, n. 1), c.c., secondo cui l’amministratore deve convocare l’assemblea annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale; l’art.1130, n. 10) c.c., il quale aggiunge che l’amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e ripete che deve perciò convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni; l’art. 1130-bis c.c., ove si stabilisce, infine, che il rendiconto condominiale deve contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, il tutto espresso in modo da consentire l’immediata verifica.
L’obbligo del mandatario di rendere il conto diventa esigibile al momento in cui il mandato viene adempiuto, e per l’amministratore del condominio l’attualità di tale obbligo si verifica alla scadenza di ciascun anno, dovendosi poi convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni dal termine dell’esercizio.
Rendiconto e mera violazione della tempistica
Alla luce di quanto sopra si può certamente affermare che, ad esempio, l’omessa rendicontazione per un biennio è fatto idoneo ad integrare un’ipotesi di revoca sul rilievo che la tenuta del conto (art. 1130, comma 1, n. 10, c.c.) deve essere annuale e che l’assemblea deve essere convocata per l’approvazione entro centoottanta giorni.
La violazione dell’obbligo inerente la resa del conto annuale e del termini detto per la presentazione se risulta essere plurima e reiterata nel corso del tempo, deve considerarsi grave e indice di cattiva gestione del condominio.
Si tratta di violazione che non consente di poter gestire correttamente l’organizzazione condominiale e di poter procedere tempestivamente ex art. 63 disp. att. c.c. nei confronti dei condomini morosi, di evitare l’aggravio di spese, di impedire l’indebitamento verso i terzi e di evitare la possibilità della prescrizione dei crediti dell’organizzazione.
Del resto prima della riforma era soggetto a revoca l’amministratore di un condominio che non aveva reso conto della sua gestione per oltre un biennio, essendo irrilevante l’eventuale morosità nel pagamento delle quote condominiali da parte dei condomini istanti.
Si noti che in alcune decisioni più recenti, cioè successive alla riforma del condominio, la mera violazione della tempistica inerente la presentazione del rendiconto, vale a dire centottanta giorni dalla data di chiusura dell’esercizio di riferimento (così come previsto dal combinato disposto degli articoli 1129-1130 c.c.) è di per se sola circostanza utile a poter decretare la revoca giudiziale dell’incarico (Trib. Taranto 21 settembre 2015).
Non manca però un’opinione giurisprudenziale (preferibile) che fornisce una lettura della norma non rigoristica e non formale, sostenendo che la gravità deve esser tale da incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario alla base del mandato ad amministrare condominii e che l’accertamento della violazione non può avere conseguenze automatiche.
In particolare si è precisato secondo l’art. 1129 c.c. l’autorità giudiziaria, in presenza di gravi irregolarità, può disporre la revoca dell’amministratore; in altre parole detta norma imporrebbe al giudice di verificare se, pur ricorrendo in astratto una ipotesi rientrante nell’ambito della previsione normativa, sussista nel caso concreto un comportamento contrario ai doveri imposti per legge, con esclusione pertanto di ogni automatismo;
Per tale tesi il mero ritardo formale rispetto al termine previsto dall’art. 1130 n. 10 c.c. appare comunque, pur costituendo irregolarità, non così grave da giustificare la revoca, se sussistono motivi che lo hanno provocato e di cui l’amministratore ha fornito prova e giustificazione (Trib. Mantova 22 ottobre 2015).
In sostanza i giudici ancorano la loro valutazione al pregiudizio effettivamente arrecato al condominio dalla asserita violazione della regola di condotta e mostrano di non considerare la violazione grave ove tale pregiudizio non vi sia o sia minimo (in ogni caso il pregiudizio deve essere dimostrato da chi agisce per ottenere la revoca).
Approvazione di più rendiconti nella medesima assemblea: la decisione del Tribunale di Roma
Nel caso esaminato l’assemblea del condominio aveva approvato i bilanci consuntivi di quattro anni di gestione presentati dall’amministratore cumulativamente. Secondo una condomina però la delibera era dichiarata nulla e/o annullabile, per violazione del principio di annualità della gestione e per il ritardo in quanto i bilanci erano stati presentati oltre il termine di 180 giorni previsto dall’articolo 1130 c.c., numero 10. Secondo il Tribunale, invece, un rendiconto che non si colleghi a quello dell’anno precedente può porre problemi in ordine alla sua idoneità a fornire una rappresentazione affidabile della situazione finanziaria patrimoniale del condominio; tuttavia ciò non avrebbe nulla a che vedere con il caso in cui sono stati discussi ed approvati, in unica soluzione, più rendiconti formalmente distinti, ognuno relativo ad un singolo anno di gestione e collegato contabilmente a quello dell’annualità precedente (Trib. 4 novembre 2021 n. 17135). Sulla stessa linea è stato affermato che la violazione del principio di annualità della contabilità può essere solo motivo di responsabilità e di revoca dell’amministratore da parte dell’autorità giudiziaria, ma non motivo di nullità della delibera assembleare di approvazione (con ritardo) del rendiconto (App. Lecce – sez. distac. Taranto – 4 novembre 2020, n. 367).
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