Regime carcerario differenziato: legittimità del ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza

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Il fatto

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto nell’interesse di avverso un decreto del Ministro della giustizia con il quale era stato prorogato per la durata di anni due il regime detentivo differenziato di cui all’articolo 41-bis ord. pen..

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore del detenuto il quale chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando violazione di legge, in relazione all’art. 41-bis ord. pen., per mancanza di specificità della motivazione che, ad avviso del ricorrente, si riferiva a fatti di epoca remota e che neppure motivava sulla attuale operatività dell’organizzazione camorristica, mentre il prevenuto aveva reso dichiarazioni tali da rendersi inaffidabile nei confronti della cosca.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato infondato per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito innanzitutto che il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, che decide sul reclamo avverso il decreto del Ministro della giustizia che applica o proroga il regime differenziato di cui all’articolo 41-bis ord. pen, è impugnabile unicamente per violazione di legge, rilevandosi al contempo che, «in tema di regime carcerario differenziato, è legittima la proposizione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza per violazione di legge, in tale vizio ricomprendendosi, come mancanza della motivazione, tutti i casi nei quali essa appaia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare soltanto apparente o comunque non idonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del discorso – a rendere comprensibile il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito» (Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004) fermo restando che «non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi» (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014).

Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di legittimità ordinaria notavano come, per un verso, il ricorso si fosse limitato a dedurre la genericità della motivazione senza indicare, con particolare riguardo al venire meno dell’affiliazione derivante da alcune dichiarazioni rese, in cosa essa consisteva, facendo leva su atti e documenti che omette di allegare e indicare, così palesando l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen. atteso che, «in tema di ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/202; analogamente in precedenza Sez. 1, n. 48422 del 09/09/2019), per altro verso, il ricorso denunciasse l’assenza di motivazione sui contatti con l’esterno mentre il provvedimento impugnato ne aveva illustrato convincentemente la effettiva possibilità, così facendo applicazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, «ai fini della proroga della sospensione dell’applicazione delle regole di trattamento nei confronti dei soggetti condannati per taluno dei delitti menzionati dall’art. 41-bis, comma secondo, legge 26 luglio 1975 n. 354, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dalla norma, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti» (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020).

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando, in tema di regime carcerario differenziato, è legittima la proposizione del ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza.

Difatti, stante quanto preveduto dall’art. 41-bis, co. 2-sexies, terzo periodo, legge n. 354/1975 a mente del quale il “procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte d’appello, il detenuto, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale per violazione di legge”, in tale pronuncia, viene chiarito cosa debba intendersi per questa violazione dal momento che, nella decisione qui in commento, citandosi precedenti conformi, si afferma che, in tema di regime carcerario differenziato, è legittima la proposizione del ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza per violazione di legge, in tale vizio ricomprendendosi, come mancanza della motivazione, tutti i casi nei quali essa appaia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare soltanto apparente o comunque non idonea – per evidenti carenze di coordinazione e per oscurità del discorso – a rendere comprensibile il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito fermo restando che non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi.

Tale provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione al fine di verificare quando correttamente impugnare una ordinanza di questo genere.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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