È realmente garantita una tutela per i minori nati all’interno delle coppie same sex?

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La procreazione medicalmente assistita alla luce delle recentissime sentenze della Corte Costituzionale: è realmente garantita una tutela per i minori nati all’interno delle coppie same sex?

Indice:

1. Le questioni affrontate dalle recentissime sentenze della Corte Costituzionale
2. La sentenza n. 32 del 2021 della Corte Costituzionale: il mancato riconoscimento della genitorialità intenzionale
3. Segue: la sentenza n. 33 e il divieto di maternità surrogata
4. Conclusioni

1. Le questioni affrontate dalle recentissime sentenze della Corte Costituzionale

Di recente la Corte Costituzionale con le sentenze n. 32 e n. 33 del 28 gennaio 2021, è tornata a pronunciarsi su un tema molto delicato quello del riconoscimento dello status filiationis dei bambini nati a seguito dell’utilizzo di procreazione medicalmente assistita (p.m.a.), nei confronti del c.d. “genitore d’intenzione”.

Grazie a queste nuove tecniche chiunque ha la possibilità di diventare genitore anche senza che sussista un legame genetico tra genitori e figli.

Per tal motivo possiamo affermare che, se in passato il fulcro della famiglia era basato sull’indissolubilità del matrimonio, a seguito dell’introduzione del divorzio, il fulcro della famiglia è il minore; ossia il soggetto debole che ha bisogno di essere tutelato.

A causa della delicatezza delle situazioni, il giudice nel porre in essere la decisione relativa alla trascrivibilità o meno dell’atto di nascita e del riconoscimento come genitore o meno del bambino, dovrà valutare i potenziali conflitti che possono sorgere in relazione alla violazione di diritti umani e, sul caso concreto, dovrà andare a bilanciare gli interessi in gioco guardando sempre il preminente interesse del minore, “attorno a cui ruota l’intero sistema normativo internazionale di protezione dei diritti del fanciullo”.[1]

La giurisprudenza italiana ha più volte ribadito l’importanza di riconoscere lo status filationis del minore con il genitore non biologico. Difatti la corte Europea[2] asserisce che l’interesse del minore va valutato concretamente caso per caso e la Cassazione lo definisce come “principio di rilevanza Costituzionale primaria che si sostanzia nel diritto del minore alla continuità dello status filiationis validamente acquisito all’estero.”[3]

Dinnanzi all’obiettivo di tutelare il minore viene meno ogni interesse rivolto alla preservazione del modello tradizione di famiglia, in quanto l’obiettivo primario è la tutela del minore affinché possa crescere, formarsi e svilupparsi in un ambiente familiare sereno.

La difficoltà di accertamento e riconoscimento di tali status filiationis la si nota in maniera più evidente quando parliamo di maternità surrogata eterologa commerciale transazionale.

È su queste tematiche che si pronuncia la Corte Costituzionale con le recentissime sentenze n. 32 e 33 del 28 gennaio 2021.

Nonostante in entrambi i casi la Corte abbia rigettato le questioni ad essa sottoposte, le pronunce assumono particolare rilievo perché sottolineano la necessità di un urgente intervento del legislatore al fine di porre un rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore in quanto l’unico strumento messo a disposizione dei genitori intenzionali è l’adozione del figlio del coniuge.

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2. La sentenza n. 32 del 2021 della Corte Costituzionale: il mancato riconoscimento della genitorialità intenzionale

La sentenza n. 32/2021 trae origine dall’istanza presentata dalla madre intenzionale di due gemelle nate da fecondazione eterologa, alla quale – a seguito della separazione dalla sua compagna – le era stato negato il diritto di visita.

Quest’ultima non avendo alcun legame biologico né giuridico con le minori, agiva in giudizio per far riconoscere il legame istaurato con le stesse.

Nonostante in tale pronuncia la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale postegli, riconosce il vuoto di tutela normativo esistente in materia e invita il legislatore – come aveva già fatto in passato[4] a legiferare al più presto sulla questione.

Inoltre, evidenzia che negli ultimi anni – all’interno delle cosiddette famiglie tradizionali – si è dato molto rilievo alla figura del genitore sociale, basti pensare agli art. 8 e 9 della L. 40/2004 che riconoscono il genitore privo del legame biologico quale genitore del minore. Pertanto, il mancato riconoscimento di tale legame solo quando si tratta di coppie omoaffettive comporterebbe una gravissima discriminazione.

Nel mettere in luce tutte le criticità appena elencate la Corte chiarisce che, nonostante le questioni ad essa sottoposte siano di rilevante importanza, allo stato la stessa non ha gli strumenti idonei per potersi pronunciare poiché in tale materia il legislatore ha un ampio margine di discrezionalità e, una pronuncia favorevole all’accoglimento delle richieste potrebbe essere fraintesa e vista come una sostituzione ai poteri del legislatore.

Nelle proprie motivazioni la Corte, nell’invitare il legislatore a legiferare sulla delicata materia, fa un richiamo al recentissimo parere della Corte Edu la quale, oltre a dare ampia discrezionalità agli Stati sulle modalità di riconoscimento del legame tra figli e genitore intenzionale, specifica che tale legame deve essere raggiunto con procedura semplificata che possa essere attuata in maniera celere e che garantisca la tutela dei minori in maniera piena ed effettiva.

L’identità del minore deve essere garantita in quanto componente essenziale della sua vita privata, ragion per cui deve essere garantito il legame di filiazione, di fondamentale incisione sull’identità dello stesso.

Dunque, nella sentenza qui in commento, al centro dell’attenzione vi è la tutela di queste bambine che, nel nostro ordinamento non riescono ad avere una tutela forte e stabile.

La Corte oltre a ribadire per l’ennesima volta che è compito del legislatore bilanciare i diversi diritti e principi che vengono coinvolti e che sono alla base del diritto del minore ad essere educato, istruito, mantenuto, da entrambi i soggetti che lo hanno voluto, indirettamente fa evincere l’inefficacia del rimedio dell’adozione in questi casi particolari. Ragion per cui è la stessa Corte che mette in luce che una cosa è l’accesso alle tecniche di p.m.a., altra cosa è la tutela ed il riconoscimento degli atti di nascita di minori nati con l’utilizzo di tali metodi in Paesi ove ciò è consentito.

Pertanto, nel caso de quo possiamo affermare che è assurdo impedire ad una madre – anche se intenzionale – di passare del tempo con delle bambine che ha cresciuto e educato come sue figlie, in quanto la nascita delle stesse è frutto di un progetto genitoriale condiviso e portato a termine da lei e la sua ex compagna.

3. Segue: la sentenza n. 33 e il divieto di maternità surrogata

Per quanto concerne l’altra sentenza della Corte Costituzionale emessa anch’essa il 9 marzo 2021 n. 33, la questione è particolarmente complessa.

Il caso trae origine dalla mancata trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato in Canada da maternità surrogata richiesta da una coppia di uomini legalmente sposati i quali, a seguito di una sentenza della Corte Suprema della British Columbia, erano stati riconosciuti entrambi come genitori del nascituro.

È bene precisare che, nel periodo in cui la coppia chiedeva la trascrizione dell’atto, interviene per altra causa, la Cassazione a Sezioni unite[5] disponendo che non può essere riconosciuto nel nostro ordinamento un provvedimento straniero che riconosca la genitorialità di un bambino nato da maternità surrogata e il genitore d’intenzione. Ciò troverebbe fondamento nel divieto di maternità surrogata imposto dall’art. 12, comma 6, l. 40/2004.

L’attuale divieto – sostiene la Corte rimettente – non sarebbe adeguato agli standard di tutela dei diritti del minore.

Difatti, il rimedio adottato dal nostro legislatore per il riconoscimento tra il minore e il genitore intenzionale sembra non essere idoneo a tutelare il minore; ciò perché questo tipo di adozione non crea un vero e proprio rapporto di filiazione.

La Corte Costituzionale – anche in tale pronuncia – conferma il divieto di maternità surrogata poiché lesivo della dignità della donna e fa notare che, nel caso de quo, non si tratta di riconoscere la maternità surrogata in Italia bensì di tutelare l’interesse del minore.

È bene ricordare che nelle decisioni relative ai minori si deve sempre tenere in considerazione e deve assumere rilievo la salvaguardia del superiore interesse del minore in quanto anche i parametri Costituzionali e sovranazionali convergono attorno a tale interesse.

Nonostante quanto affermato, si evidenzia che l’interesse del fanciullo non è sempre automaticamente prevalente rispetto ad ogni altro interesse in gioco, poiché quest’ultimo deve sempre essere bilanciato alla luce del criterio di proporzionalità con lo scopo di disincentivare la maternità surrogata. Dall’altra parte non si nega che vi sia la necessità di trovare una soluzione per la tutela del minore nato tramite tale pratica.

La coppia che decide di condividere e realizzare il progetto genitoriale ha come obiettivo finale quello di ottenere un riconoscimento giuridico dei legami instauratesi con il bambino e, quindi, vedere riconosciuto il figlio come proprio. In Italia, al momento non vi è una tutela efficace per il riconoscimento dello status filiationis creatosi tra il minore e il genitore intenzionale, in quanto, l’unica possibilità esistente è quella dell’adozione in casi particolari, ex art. 44, comma I, lett. d), L. 184/1983, la quale non assicura un pieno rapporto di filiazione tra adottante ed adottato. Legami che, sono parte essenziale ed integrante dell’identità del bambino stesso che vive e cresce in una determinata famiglia; motivo per cui il superiore interesse del minore non può essere considerato in modo automatico ma deve sempre essere valutato caso per caso e bilanciato con gli altri diritti che vengono in rilievo.

Premesso che, nel nostro ordinamento la maternità surrogata ha messo in crisi il principio secondo cui è madre colei che partorisce, in situazione come quella nel caso di specie, il nostro Paese ammette la trascrizione dell’atto di nascita nei confronti del solo genitore biologico. Il problema sorge solo ed esclusivamente per quanto riguarda il c.d. genitore intenzionale che non vede riconosciuto alcun legame con il nascituro e l’unico rimedio a disposizione (come già detto in precedenza) è quello dell’adozione in casi particolari, ex art. 44, comma I lett. d) legge 184/1983 che però non garantisce una piena tutela al minore.

Anche in questo caso la Corte Costituzionale nella sentenza n.33/2021, riconosce il vuoto normativo esistente nei confronti dell’interesse del minore e sottolinea l’inerzia del legislatore nel porre un rimedio a tale spiacevole situazione.

La tutela e l’esigenza di continuità di questi status quando ci si sposta da uno Stato ad un altro è radicata nell’esigenza di tutela non solo dei diritti dell’uomo ma anche della vita familiare. Poiché, il mancato riconoscimento di siffatti status nel momento in cui ci si sposta da un Paese ad un altro, rischia di vanificare la tutela dei diritti umani.

Questa situazione oltre a comportare una grave violazione dei diritti del minore, crea anche un grave problema poiché il fanciullo in Canada risulta essere figlio della coppia committente ma in Italia è considerato legalmente figlio solo di uno dei due uomini.

4. Conclusioni

Alla luce di quanto fin qui analizzato, sorge spontaneo chiedersi come sia possibile che una madre possa essere privata del diritto di visita nei confronti delle sue figlie perché priva di legame biologico con le stesse, o ancora uno status filiationis acquisito legittimamente all’estero possa venire meno spostandosi in un altro Stato?

Se continuiamo a sposare la tesi per cui lo status filiationis si basi solo sul legame genetico tra i soggetti coinvolti, allora è il caso di rimettere in discussione anche tutto il sistema delle adozioni ove tra adottante e adottato non sussiste alcun legame biologico ma, nonostante ciò, si riconosce e si ammette lo status giuridico tra adottante e adottato.

Per cui, date le varie riforme in materia di genitorialità e il recente riconoscimento delle famiglie cd. arcobaleno, sarebbe anche l’ora di far cadere questi pregiudizi e far si che i minori nati in qualsiasi tipo di famiglia vengano tutelati allo stesso modo perché cosi facendo rischieremo di avere bambini di serie A (ossia quelli nati all’interno delle cd. Famiglie tradizionali) e bambini di serie B, (bambini nati tramite tecniche di PMA all’interno di coppie omoaffettive o tramite maternità surrogata).

Difatti, allo stato attuale la soluzione posta in essere dal nostro legislatore per porre rimedio a queste situazioni sembra una decisione mirante a colpire i minori più che i genitori che hanno trasgredito la normativa italiana, pertanto urge una celere soluzione al superiore problema che sia idonea a garantire una piena ed effettiva tutela al minore che a tutt’oggi si vede privato del diritto ad essere figlio.

A tal fine, una facile soluzione al riguardo, potrebbe essere una modifica alla legge 40/2004 ove si preveda una tutela per i minori nati all’estero tramite tecniche vietate in Italia o comunque estendere a questi minori l’applicazione degli artt. 8 e 9 L. 40/2004; in alternativa, se non si vuole assolutamente modificare la legge 40/2004, si potrebbe introdurre un nuovo metodo di adozione che riconosca un legame pieno e effettivo anche con il genitore intenzionale.

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Note

[1] M. Distefano, “Interesse superiore del minore e sottrazione internazionali di minori”, Padova, Cedam 2012, passim.

[2] Sent. Neulinger e Shuruk C/ Svizzera, 6 luglio 2010, ricorso n. 41615/2007;

[3] Cass. Sez. I, 30 sett. 2016 n. 19599,

[4] V. Corte Cost. n. 347/1998;

[5] Cass. Civ. SS.UU., 8 maggio 2019 n. 12193

Alessandra Passalacqua

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