Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
Il fatto
La Corte di Appello di Firenze confermava una condanna inflitta dal Tribunale di Firenze, all’esito del giudizio abbreviato, con cui l’imputata era stata condannata alla pena di 6 mesi di arresto ed E. 3.000 di ammenda – con la sostituzione della pena detentiva in un anno di libertà controllata – per il reato ex art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006, per avere, in concorso con altra persona, quale amministratore unico e poi liquidatore di una società a responsabilità limitata, realizzato e gestito una discarica di rifiuti pericolosi.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:
1) vizi di violazione di legge e della motivazione sul rigetto del motivo di appello con cui si eccepì la nullità dell’ordinanza con cui il Tribunale ammise la costituzione di parte civile di un Comune e della Regione Toscana;
2) vizi di violazione di legge e della motivazione sul rigetto della richiesta della ricorrente di dichiarare estinto il reato per prescrizione;
3) vizio della motivazione sulla buona fede della ricorrente anche alla luce della datazione dei rifiuti trovati nel sottosuolo e la totale omessa valutazione della sentenza irrevocabile di assoluzione emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova in altro processo penale che avrebbe escluso il traffico di rifiuti e la natura di rifiuto del polverino 500 mash contenuto nei cd. Big Bags oggetto dell’imputazione.
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Per quello che rileva in questa sede, e segnatamente in riferimento al primo motivo proposto, la Cassazione, nella decisione qui in commento, osservava innanzitutto come dovesse essere ribadito il principio per cui, la parte civile, ove non si sia costituita nell’udienza preliminare o sia stata esclusa dal giudice ai sensi dell’art. 81 cod. proc. pen., può costituirsi, nel corso degli atti introduttivi al dibattimento, prima che si concludano gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti prevista dall’art. 484 cod. proc. pen. e non successivamente, quando sia iniziata la fase della discussione delle questioni preliminari di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., la quale, facendo riferimento anche a quelle concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che, in tale momento processuale, detta costituzione sia già avvenuta (così Sez. 3, n. 15768 del 18/02/2020), rilevandosi al contempo che a tale conclusione si giunge mediante la lettura sistematica delle norme, tenendo presente la scansione processuale, le formalità di costituzione di parte civile, le differenze tra costituzione di parte civile in udienza preliminare e negli atti introduttivi al dibattimento.
Ciò posto, veniva altresì fatto presente che la parte civile assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, cioè con il deposito della dichiarazione in udienza o con la sua notificazione alle altre parti, ex art. 78 cod. proc. pen., senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice (Sez. 5, n. 474 del 25/06/2014) visto che le norme non prevedono un provvedimento di formale ammissione della costituzione di parte civile ma, al contrario, il potere delle parti di richiederne l’esclusione e quello del giudice, ex art. 81 cod. proc. pen., di esclusione di ufficio della parte civile («1. Fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la costituzione di parte civile, ne dispone l’esclusione di ufficio, con ordinanza. 2. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare»).
Oltre a ciò, era altresì evidenziato che, ai sensi dell’art. 78 cod. proc. pen., al momento del deposito, che segna l’avvenuta costituzione di parte civile, la dichiarazione deve essere perfetta, cioè deve contenere tutti gli elementi previsti dalla norma a pena di inammissibilità posto che la sanzione di inammissibilità non consente di poter applicare alla dichiarazione di costituzione di parte civile l’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza, fermo restando che tale principio può trarsi da Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, che, in un analogo caso, ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il provvedimento di inammissibilità della richiesta di riesame relativa al decreto di sequestro preventivo, dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale ex art. 100 cod. proc. pen., non potendo trovare applicazione, in tal caso, la disposizione di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza.
Proseguendo la disamina di talune delle norme processuali afferenti tale parte eventuale, gli Ermellini notavano inoltre che l’art. 79 cod. proc. pen. prevede il termine, a pena di decadenza (comma 2), per la costituzione di parte civile mentre dispone al comma 1 che la «costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484»; a sua volta, l’art. 484 cod. proc. pen. (Costituzione delle parti) così recita: «1. Prima di dare inizio al dibattimento, il presidente controlla la regolare costituzione delle parti. 2. Qualora il difensore dell’imputato non sia presente, il presidente designa come sostituto altro difensore a norma dell’articolo 97 comma 4. 2-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies».
In relazione a tale quadro normativo, si sottolineava quindi che, da un lato, la definizione e descrizione normativa di tali adempimenti si rinviene nell’art. 420 cod. proc. pen. la cui rubrica è «Costituzione delle parti» e il cui comma 2 prevede che il «giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità», dall’altro, tale norma è relativa all’udienza preliminare nella quale però, secondo la cd. teoria bifasica, non sono prospettabili questioni preliminari.
Detto questo, i giudici di piazza Cavour osservavano oltre tutto che, in base alla lettura coordinata degli artt. 484 e 491 cod. proc. pen., nella fase degli atti introduttivi (capo II, titolo II), l’accertamento della regolare costituzione delle parti concerne in primo luogo l’imputato, dovendo il giudice verificare la corretta instaurazione del rapporto processuale, ed il suo difensore, con successiva eventuale applicazione delle norme sull’assenza (cfr. i commi 2 e 2-bis dell’art. 484 cod. proc. pen.) mentre, ove sia avvenuta la costituzione della parte civile nell’udienza preliminare, il giudice verifica la regolare costituzione del rapporto processuale anche rispetto a tale parte, sia quanto al decreto che dispone il giudizio (se sia stato notificato alla persona offesa non presente alla lettura del provvedimento), che eventualmente esercitando i poteri ex art. 81 cod. proc. pen., fermo restando che, prima che si concludano gli accertamenti della regolare costituzione del rapporto processuale, ove non già avvenuta nell’udienza preliminare o quando la parte civile sia stata esclusa nell’udienza preliminare (cfr. il comma 5 dell’art. 80 cod. proc. pen.: «L’esclusione della parte civile ordinata nell’udienza preliminare non impedisce una successiva costituzione fino a che non siano compiuti gli
adempimenti previsti dall’articolo 484»), potrà avvenire da ultimo la costituzione di parte civile, mediante il deposito in udienza dell’atto di costituzione di parte civile.
Precisato ciò, ripercorrendo il ragionamento decisorio seguito nella pronuncia in commento, concluso l’accertamento per la prima volta della costituzione delle parti, inizia la fase relativa alle questioni preliminari, poiché l’art. 491 cod. proc. pen. prevede che:
«1. Le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell’articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l’intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l’intervento degli enti e delle associazioni previsti dall’articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente.
2.La disposizione del comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento e la riunione o la separazione dei giudizi, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento».
Orbene, alla stregua del tenore letterale di tale disposizione legislativa, fra le questioni preliminari che devono essere proposte, a pena di decadenza, subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti, vi sono, testualmente, quelle concernenti la costituzione di parte civile e, quindi, l’art. 491 cod. proc. pen., facendo riferimento alle questioni concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che in tale momento processuale la costituzione sia già avvenuta e la costituzione avviene, come già indicato, mediante il deposito dell’atto in udienza o la notifica dello stesso alle parti, in guisa tale che la questione preliminare presuppone l’avvenuta costituzione con le forme ora richiamate, tanto è vero che il fatto che la questione relativa alla costituzione di parte civile sia una questione preliminare, risulta anche dall’art. 80, comma 3, cod. proc. pen., relativo alla richiesta di esclusione della parte civile, che prevede che «Se la costituzione avviene nel corso degli atti preliminari al dibattimento o introduttivi dello stesso, la richiesta è proposta oralmente a norma dell’articolo 491 comma 1», tenuto conto altresì del fatto che tale tesi trova conforto anche in Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, per cui, nel caso di costituzione di parte civile per l’udienza preliminare, la richiesta di esclusione della stessa può essere proposta dall’imputato, a pena di decadenza, fino al momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nel dibattimento, rilevandosi al contempo che, in quella occasione, in motivazione, le Sezioni Unite hanno affermato che la l’opzione ex art. 80, comma 3, cod. proc. pen. deve essere «… esercitata entro la fase degli atti preliminari al dibattimento …».
Ad ogni modo, ex art. 80, comma 3, cod. proc. pen., se la costituzione di parte civile avviene nel corso degli atti preliminari al dibattimento o introduttivi dello stesso, la richiesta di esclusione è proposta oralmente a norma dell’articolo 491 comma 1, cod. proc. pen.; in altri termini, se la costituzione di parte civile avviene subito dopo la verifica della regolare costituzione del rapporto processuale dell’imputato e del suo difensore, mediante il deposito dell’atto di costituzione di parte civile in udienza, la fase ex art. 484 cod. proc. pen., relativa al regolare controllo della costituzione delle parti, è conclusa e si apre quella delle questioni preliminari che comprende anche quella concernente la costituzione di parte civile e, di conseguenza, in tale fase, relativa alle questioni preliminari, la costituzione di parte civile è certamente preclusa.
Orbene, terminata questa disamina di ordine normativo e giurisprudenziale, gli Ermellini osservavano come il ricorso proposto fosse, dunque, fondato perché la costituzione di parte civile della regione Toscana era avvenuta alla seconda udienza, quando era cessata la fase relativa all’accertamento della costituzione delle parti ed erano già state proposte le questioni preliminari, relative alla costituzione di parte civile ed alla competenza per territorio e, non era, pertanto, inammissibile perché tardiva mentre, per contro, erano considerate infondate le argomentazioni del Procuratore generale e della Regione Toscana quanto al rapporto con il giudizio abbreviato.
Si notava a tal riguardo che le norme processuali non prevedono il termine iniziale per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato ma solo quello finale, a pena di decadenza, dato che l’art. 438, comma 2, cod. proc. pen., prevede che la «richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422» cod. proc. pen. e, dunque,
la richiesta di giudizio abbreviato può essere proposta anche immediatamente, prima dell’accertamento della regolare costituzione delle parti, sicché in tal caso occorre consentire la costituzione di parte civile nel momento successivo all’ammissione del rito, fermo restando però che, di regola, le parti sono anticipatamente informate della celebrazione del giudizio stesso e quindi possono adeguatamente valutare se costituirsi o meno nel giudizio, e la richiesta di giudizio abbreviato segue tale momento processuale.
Precisato ciò, era altresì fatto presente che, se l’art. 441, comma 2, cod. proc. pen. è stato formulato anche per il caso in cui la persona offesa o il danneggiato dal reato non sia a conoscenza del giudizio e dell’avvenuta richiesta di giudizio abbreviato, che può essere richiesto ed ammesso nel momento in cui il pieno contraddittorio anche con la persona offesa innanzi al Giudice non si è ancora costituito, come nel caso di richiesta di ammissione al rito abbreviato formulata a seguito di notificazione di decreto di giudizio immediato.
Ebbene, nel caso in esame, l’azione penale era stata esercitata con il decreto di citazione diretta a giudizio al quale si applicano le norme sulla costituzione di parte civile e sulle questioni preliminari prima riportate, mentre il giudizio abbreviato può essere richiesto anche in un momento successivo, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, ex artt. 556 («2. Se manca l’udienza preliminare si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558, comma 8») e 555, comma 2, cod. proc. pen. («2. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l’imputato o il pubblico ministero può presentare la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1; l’imputato, inoltre, può richiedere il giudizio abbreviato o presentare domanda di oblazione»).
Da ciò se ne faceva conseguire come il ricorso dovesse essere accolto e, di conseguenza, sia la sentenza impugnata, e quella di primo grado, erano annullate senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili emesse a favore della regione Toscana, statuizioni che pertanto venivano revocate.
Quanto invece alla posizione del Comune, il ricorso, invece, non veniva ritenuto fondato.
Si evidenziava a tal proposito prima di tutto quanto segue: “Le Sez. Unite civili, con la sentenza, n. 12868 del 16/06/2005, Rv. 581174 – 01, hanno affermato i seguenti principi: «Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune – ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare – può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico – amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell’art. 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all’intero contenzioso al dirigente dell’ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l’incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l’ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale), e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione». «La conoscenza dello statuto del Comune, atto a contenuto normativo di rango paraprimario o subprimario, appartiene, in considerazione anche della forma di pubblicità cui tale fonte è soggetta, alla scienza ufficiale del giudice, il quale è pertanto tenuto – in applicazione del principio “iura novit curia”, discendente dall’art. 113 cod. proc. civ. – a disporne l’acquisizione, anche d’ufficio, ed a farne applicazione ai fatti sottoposti al suo esame, pur prescindendo dalle prospettazioni delle parti». «Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (“ex” art. 6, secondo comma, del testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) – di prevedere l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia). Ove l’autonomia statutaria si sia così indirizzata, l’autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza»”.
A fronte di tale approdo ermeneutico, si evidenziava come siffatta linea interpretativa sia stata seguita da Sez. 6, n. 7527 del 02/12/2005, per cui, al fine della costituzione del Comune come parte civile nel processo, la competenza a conferire al difensore la procura alle liti appartiene al sindaco, al quale è attribuita la rappresentanza dell’ente, e da ciò discende come non sia necessaria alcuna autorizzazione della Giunta municipale.
In particolare, nella motivazione, la sentenza appena citata precisava che, nel «nuovo ordinamento delle autonomie locali, la competenza a conferire al difensore del comune la procura alle liti appartiene al sindaco, non essendo necessaria alcuna autorizzazione della giunta municipale, atteso che al sindaco è attribuita la rappresentanza dell’ente (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50, comma 2) …».
Tanto premesso, ad avviso del Supremo Consesso, la costituzione del Comune nel caso di specie era stata tempestiva perché il deposito dell’atto era avvenuto subito dopo il controllo della regolare costituzione del rapporto processuale con gli imputati e prima delle questioni preliminari, mentre la questione relativa all’inammissibilità della costituzione era invece, sempre secondo la Corte di legittimità, infondata perché, in base alla giurisprudenza prima richiamata, ai fini della costituzione, era sufficiente che la procura speciale fosse conferita dal Sindaco titolare ex lege, quale legale rappresentante, del potere di conferire la procura, mentre nessuna rilevanza aveva la delibera del Consiglio comunale, prodotta successivamente e richiesta dal Tribunale.
Orbene, dallo statuto di questo Comune, la Cassazione prendeva atto come non risultasse alcuna norma specifica in tema di azioni civili o penali dell’ente sicché, in mancanza di norme secondarie, si applicavano, per le ragioni esposte, le regole generali.
Dunque, all’atto del deposito l’atto di costituzione di parte civile di siffatto Comune era del tutto regolare.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto con essa viene data una compiuta risposta al seguente quesito: al fine della costituzione del Comune come parte civile nel processo, la competenza a conferire al difensore la procura alle liti appartiene al sindaco?
Orbene, la Corte di Cassazione, in siffatto provvedimento, alla luce dei precedenti ivi richiamati, afferma che di norma la competenza a conferire al difensore la procura alle liti appartiene al sindaco, salvo il caso in cui lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (“ex” art. 6, secondo comma, del testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) – preveda l’autorizzazione della giunta, ovvero richieda una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia), atteso che, in tali casi, ove l’autonomia statutaria si sia così indirizzata, l’autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza.
Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se un Comune si sia legittimamente costituito come parte civile.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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