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Introduzione
All’interno del comma secondo dell’articolo 12 del Testo Unico sull’Immigrazione risulta essere enucleata una speciale scriminante umanitaria, la quale dispone che:
“Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”.
Detta scriminante prevede una causa di giustificazione per colui che abbia agito senza fine di lucro e per semplice spirito umanitario prestando le proprie attività di soccorso e di assistenza a stranieri introdottisi o stabilitisi illegalmente nel territorio dello Stato[1].
Quindi il nostro legislatore, attraverso l’introduzione della scriminante in questione, ha posto in essere una valutazione in termini di prevalenza dell’interesse alla vita e all’integrità fisica della persona umana rispetto al bene giuridico dell’ordine pubblico tutelato dall’articolo 12 del Testo Unico[2].
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Differenze tra scriminante umanitaria (art. 12 comma secondo T.U.I.) e stato di necessità (art. 54 C.P.)
La scriminante prevista dall’articolo 12 comma secondo del Testo Unico sull’Immigrazione possiede un ambito di operatività più ampio rispetto allo stato di necessità disciplinato dall’articolo 54 del Codice Penale, il quale per potersi ritenere configurato richiede il pericolo attuale di grave danno alla persona[3]. Al contrario, il comma secondo dell’articolo 12 del Testo Unico richiede semplicemente che lo straniero versi in condizione di bisogno, formulazione più elastica e maggiormente ampia di quella dell’articolo 54 del Codice Penale[4].
Tuttavia, il comma de quo individua uno specifico ambito spaziale per la sua applicabilità, infatti la condotta del soggetto agente non sarà punibile solo se lo straniero si trovi già nel territorio italiano e quindi se il soccorso sia prestato all’interno dei limiti dello stesso[5]. Appare quindi doveroso precisare – benché sommariamente – che la nozione di territorio dello Stato è fornita dall’articolo 4 comma secondo del Codice Penale, il quale dispone che il territorio dello Stato è la porzione della superficie terrestre sulla quale lo Stato esercita la propria sovranità[6]. In altri termini, appartengono dunque al territorio dello Stato: il suolo dello Stato, le acque interne, il lido del mare, il sottosuolo e lo spazio areo nazionale, sono inoltre considerati parte del territorio dello Stato anche navi e aeromobili italiani[7].
Di conseguenza, l’attività di assistenza prestata in acque internazionali non potrà essere scriminata attraverso il comma secondo dell’articolo 12 del Testo Unico dell’Immigrazione.
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La non punibilità del soccorso in acque internazionali nella recente giurisprudenza
Allo scopo di non punire il soccorso in acque internazionali la giurisprudenza ha applicato in alcuni casi la scriminante dell’adempimento di un dovere ex articolo 51 del Codice Penale ed in altri casi quella dello stato di necessità ex articolo 54 del Codice Penale[8].
Per quanto riguarda l’adempimento di un dovere, il Tribunale di Agrigento, sezione I, con pronuncia numero 954 datata 7 ottobre 2009, ha disposto che:
“Il comandante di una nave che in acque internazionali proceda al trasbordo di migranti extracomunitari, dopo il naufragio della loro imbarcazione “di fortuna”, e li conduca in salvo in un porto italiano, non risponde del delitto di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” perché agisce nell’adempimento di un dovere (art. 51 c.p.) imposto da norme del diritto internazionale”[9].
E ancora, in tempi più recenti la Cassazione Penale, sezione III – benché in ambito parzialmente differente – con sentenza numero 6626 datata 16 gennaio 2020, ha ribadito che:
“È illegittimo l’arresto eseguito da militari della Guardia di Finanza nei confronti del comandante di una nave di una ONG impegnata nel salvataggio di migranti nel mare mediterraneo, che aveva forzatamente violato l’alt intimatogli dalla motovedetta dei finanzieri, quasi speronandoli nel tentativo di attraccare al molo dell’isola di Lampedusa, perché effettuato, quanto alla sussistenza del reato di cui all’art. 1100 cod. nav., in assenza del requisito di “nave da guerra” della motovedetta, e, quanto al reato di cui all’art. 337 c.p., in presenza di una causa di giustificazione, ex art. 51 c.p. individuata nell’adempimento del dovere di soccorso”[10].
Per quanto riguarda lo stato di necessità, la Cassazione Penale, sezione I, con sentenza 14510 datata 28 febbraio 2014, ha evidenziato che:
“La giurisdizione dello Stato italiano va riconosciuta, laddove in ipotesi di traffico di migranti dalle coste africane alla Sicilia, questi siano abbandonati in mare in acque extraterritoriali su natanti del tutto inadeguati, onde provocare l’intervento del soccorso in mare e far sì che i trasportati siano accompagnati nel tratto di acque territoriali dalle navi dei soccorritori, operanti sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, poiché l’azione di messa in grave pericolo per le persone, integrante lo stato di necessità, è direttamente riconducibile ai trafficanti per averlo provocato e si lega, senza soluzione di continuità, al primo segmento della condotta commessa in acque extraterritoriali, venendo così a ricadere nella previsione dell’art. 6 codice penale”[11].
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Le critiche della dottrina alla collocazione della scriminante umanitaria
Infine, risulta essere doveroso segnalare che parte della dottrina ha criticato la collocazione della scriminante umanitaria “in quanto essa non appare eccezione alla regola di cui al primo comma, bensì rispetto all’illecito di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato, di cui al quinto comma della disposizione”[12]. Di conseguenza, per tale dottrina, essendo logico presupposto della causa di giustificazione la presenza sul territorio dello Stato, sarebbe apparso più coerente una collocazione di detta scriminante successivamente al comma che punisce l’agevolazione della permanenza illegale nel territorio dello Stato, anche se in tal caso non vi sarebbe stata alcuna esigenza della previsione stessa, in quanto il delitto di favoreggiamento della permanenza illegale risulta essere caratterizzato dalla presenza del dolo specifico di trarre ingiusto profitto, il quale appare in contrasto con qualsivoglia attività umanitaria[13].
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Conclusione
In conclusione, la scriminante umanitaria di cui al comma secondo dell’articolo 12 del Testo Unico, pur beneficiando di una margine di applicabilità più ampio rispetto allo stato di necessita di cui all’articolo 54 del Codice Penale “da un lato è stata appositamente circoscritta dal legislatore sotto il profilo territoriale, sicché un’estensione in via analogica della stessa a condotte poste in essere fuori dall’Italia e rispetto a migranti non ancora entrati nel territorio italiano dovrebbe ritenersi preclusa; dall’altro, non potrebbe comunque produrre alcuna efficacia scriminante nei confronti di condotte che non appaiano qualificabili come mere attività di soccorso e assistenza, quali specifiche condotte di agevolazione poste in essere dai soccorritori in favore dei trafficanti di migranti”[14].
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Note
[1] Cfr., P. Scevi, Nuove schiavitù e diritto penale, Milano, Giuffrè Editore, 2014, p. 128.
[2] Cfr., P. Scevi, Nuove schiavitù e diritto penale, cit., p. 128.
[3] Cfr., R. E. Omodei, I traffici illeciti nel Mediterraneo. Persone, stupefacenti, tabacco, in Research NESMeS “The New Era of Smuggling in the Mediterranean Sea”, Report Italia, Palermo, Università degli Studi di Palermo, 2019, p. 13.
[4] Cfr., E. Lanza, La repressione penale dell’immigrazione clandestina, in Diritto e diritti dal 1996, ottobre 2001, p. 7.
[5] Cfr., R. E. Omodei, I traffici illeciti nel Mediterraneo. Persone, stupefacenti, tabacco, in Research NESMeS “The New Era of Smuggling in the Mediterranean Sea”, Report Italia, cit., p. 14.
[6] Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, Milano, Wolters Kluwer, CEDAM, 2019, p. 885.
[7] Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, Milano, Giuffrè Editore, 2012, p. 122 – 123.
[8] Cfr., R. E. Omodei, I traffici illeciti nel Mediterraneo. Persone, stupefacenti, tabacco, in Research NESMeS “The New Era of Smuggling in the Mediterranean Sea”, Report Italia, cit., p. 14.
[9] Così, Trib. Agrigento, sez. I, 7 ottobre 2009, n. 954.
[10] Così, Cass. Pen., sez. III, 16 gennaio 2020, n. 6626.
[11] Così, Cass. Pen., sez. I, 28 febbraio 2014, n. 14510.
[12] Cfr., E. Lanza, La repressione penale dell’immigrazione clandestina, in Diritto e diritti dal 1996, cit., p. 8.
[13] Cfr., E. Lanza, La repressione penale dell’immigrazione clandestina, in Diritto e diritti dal 1996, cit., p. 8.
[14] Così, S. Bernardi, I (possibili) profili penalistici delle attività di ricerca e soccorso in mare, in Diritto Penale Contemporaneo, 25 maggio 2018, p. 143.
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