Ipotesi di obbligo vaccinale durante la pandemia da covid-19 e profili di legittimità costituzionale

  La lotta alla pandemia da Covid-19, nonostante gli sforzi profusi da tutti gli Stati del mondo, appare ancora in salita. La quarta ondata, resa più insidiosa dalla nuova variante omicron, ha colpito in particolare i paesi europei facendo registrare un’impennata del contagio con numerose vittime e la saturazione dei reparti ospedalieri ordinari e di terapia intensiva. L’adozione dello strumento del green pass posta in essere ormai da parte di vari paesi europei sembra non essere sufficiente ad arginare il propagarsi del morbo. Con decreto legge n.172/2021 convertito con legge 16 settembre 2021, n. 126, il Governo ha istituito il c.d. super green pass per cercare di frenare il numero crescente di contagi. Però, da più parti ed anche in Italia, si prospetta la necessità di rendere obbligatorio il vaccino, come già deciso dall’Austria a decorrere dal 1° febbraio 2022 e si pongono interrogativi sulla legittimità costituzionale di tale strumento e sull’efficacia dei conseguenti strumenti sanzionatori. Indice: 1,Premessa: la fase vaccinale della pandemia da covid-19. 2.L’obbligo vaccinale previsto per i minori e per gli operatori sanitari 2.1.            L’ obbligo di vaccinazione per i minori di cui alla legge n.119/2017. 2.2.            L’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari di cui alla legge n.76/2021. 3.L’Austria come apripista nell’Unione Europea. 4.Il c.d. super green pass di cui al decreto legge n.172/2021: il primo passo verso l’obbligo vaccinale?  5.Profili di legittimità costituzionale e la difficoltà di individuare un efficace regime sanzionatorio   6.Conclusioni 7. Volume consigliato

1.Premessa: la fase vaccinale della pandemia da covid-19

In Italia, il 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato, lo stato di emergenza, per sei mesi dalla data del provvedimento, al fine di consentire l’emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione civile, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico; ha deliberato, inoltre, lo stanziamento dei fondi necessari per dare attuazione alle misure precauzionali derivanti dalla dichiarazione di emergenza internazionale effettuata dall’O.M.S. Il provvedimento è stato prorogato sino al 31 dicembre 2021 dall’art. 6 del decreto legge n.105/2021 convertito con legge 16 settembre 2021, n. 126, e quasi certamente verrà differito almeno sino al 31 marzo 2022.[1] In tale scenario, un giorno che entrerà nella storia alla lotta del Covid-19 è rappresentato dalla data 27 dicembre 2020 che segna l’inizio della campagna vaccinale.[2] Un momento simbolico scelto dall’Europa per condividere il tentativo della fine dell’epidemia. Con la somministrazione delle dosi del vaccino Pfizer Biontech, seguita da quello Moderna, AstraZeneca, Johnson & Johnson, percorrendo tutte le fasi della sperimentazione clinica autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), uno spiraglio di luce si è intravisto in fondo al tunnel che il mondo intero percorreva ormai da circa un anno. La campagna vaccinale si è ripromessa di effettuare la terza dose entro cinque mesi dalle precedenti e sono allo studio nuovi vaccini per contrastare la nuova variante omicron. E’ stata poi emanata la citata legge 16 settembre 2021, n. 126, recante: “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività’ sociali ed economiche” e sono state individuate attività e ambiti accessibili solo se in possesso di green pass.[3] Infine, con decreto legge n. 172 del 26 novembre 2021 sono state disposte “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da covid-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”.

2.L’obbligo vaccinale previsto per i minori e per gli operatori sanitari

2.1L’ obbligo di vaccinazione per i minori di cui alla legge n.119/2017

L’obbligatorietà dei vaccini in Italia è una questione già affrontata nel 2017 con il decreto legge.n.73/2017 (c.d. decreto Lorenzin), convertito con modificazioni in legge n. 119/2017, che ha reintrodotto l’obbligo di vaccinazione, soppresso alla fine degli anni ‘90, per determinate malattie.[4] Infatti, la citata legge n. 119/2017 ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni per i minori. Altri obblighi vaccinali erano già stati disposti nel 1939, nel 1963, nel 1966, nel 1991 e nel 2017 e, quindi, le persone in età pediatrica, da zero a 16 anni, sono già soggette a un obbligo vaccinale. Inoltre, sono previste anche sanzioni pecuniarie e di segnalazione alle Procure presso i Tribunali dei minorenni. Il decreto Lorenzin infatti, prevede una sanzione amministrativa per i genitori che non sottopongono i figli a vaccinazione obbligatoria, la quale inoltre è “requisito di accesso” limitatamente a “i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia”. Si aggiunga che malattie come la poliomielite e il morbillo sono state quasi del tutto sconfitte, in seguito all’imposizione di vaccini obbligatori, che hanno assicurato quell’interesse della collettività, che è il parametro cui si rapporta l’art. 32 della Costituzione. Tale orientamento sui minori appare anche in sintonia con i recenti pronunciamenti della Corte EDU in tema di vaccinazioni obbligatorie dove si afferma apertamente che simili obblighi can be regarded as being ‘necessary in a democratic society’ (“possono essere considerati necessari in una società democratica”). Il Giudice sovranazionale, in particolare, giunge a queste conclusioni pronunciandosi sulla legittimità di una decisione che aveva disposto delle sanzioni per il mancato rispetto della legislazione della Repubblica Ceca sull’obbligo vaccinale infantile. La disciplina nazionale viene ritenuta compatibile con l’articolo 8 della CEDU (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) dal Giudice di Strasburgo muovendo dal richiamo al principio della solidarietà sociale, nonché in forza dell’accertamento della proporzionalità delle restrizioni alla libertà individuale richieste per la tutela della salute di tutti i membri della società. Colpisce però il passaggio finale della motivazione della sentenza nel quale la Corte EDU sottolinea che il motivo centrale rispetto al quale si chiede l’intervento della Corte è la valutazione del rispetto del margine di apprezzamento nazionale nel bilanciamento tra le opposte esigenze in campo, più che l’accertamento della possibilità di optare per una legislazione facoltizzante al pari di quanto è previsto in altri Stati europei. Infatti, con la sentenza Vavřička e altri c. Repubblica Ceca dell’8 aprile 2021 la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che la Repubblica Ceca non ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel rendere obbligatori alcuni vaccini nei confronti di minori.[5] Nella sentenza di cui trattasi la Corte europea ritorna, dunque, a pronunciarsi in tema di vaccinazioni obbligatorie. La decisione, sebbene non intervenga direttamente sui vaccini contro il Covid-19, risulta però particolarmente interessante e significativa in quanto consente di riflettere sulle implicazioni derivanti dalla eventuale decisione degli Stati di imporne l’obbligatorietà. Il caso fa seguito al ricorso di un genitore inadempiente, che si era visto comminare una sanzione pecuniaria, e di altri cinque ricorrenti, che si erano visti rifiutare l’ammissione dei figli alla scuola dell’infanzia. La Repubblica Ceca, con la legge n. 258/2000 sulla protezione della salute pubblica ha infatti previsto la vaccinazione obbligatoria dei minori; nello specifico, si tratta di vaccinazioni pediatriche per prevenire nove malattie infantili riconosciute dalla scienza medica. La normativa prevede inoltre che le vaccinazioni non possano essere imposte mediante costrizione fisica, ma che i minori non vaccinati – fatta eccezione per quanti non possano essere vaccinati motivi di salute – vengano esclusi dalla frequenza della scuola dell’infanzia e che ai genitori possa essere applicata una sanzione pecuniaria. Ai minori non vaccinati, inoltre, non può comunque essere precluso l’accesso alla scuola primaria. La Corte europea ha quindi affermato che la vaccinazione obbligatoria rappresenta un’interferenza con l’integrità fisica dell’individuo e che essa riguarda pertanto il diritto al rispetto della vita privata di cui all’art. 8 della CEDU. Anche in questa occasione i giudici hanno peraltro sottolineato come la normativa della Repubblica ceca persegua il “legittimo” obiettivo di tutelare sia la salute individuale, sia l’interesse alla salute della collettività, e come le vaccinazioni tutelino “sia coloro che le ricevono, sia quelli che non possono essere vaccinati per ragioni mediche e che pertanto si affidano all’immunità ‘di gregge’ per essere protetti dalle malattie infettive gravi”. Essi evidenziano poi come le conseguenze subite dai ricorrenti siano proporzionali e giustificate rispetto allo scopo che la Repubblica ceca intende raggiungere – la protezione cioè da gravi malattie infettive – e come la misura introdotta sia in linea con il migliore interesse dei minori. La Corte europea ha dunque stabilito che le vaccinazioni obbligatorie possono essere considerate “misure necessarie in una società democratica” e che il vaccinarsi rientra nella sfera dei valori della solidarietà sociale, il cui scopo ultimo è proteggere la salute di tutti i membri di una società, in particolare quella delle persone particolarmente vulnerabili. Essa ritiene che sia compito prioritario e irrinunciabile della politica sanitaria di un Paese il salvaguardare l’interesse della tutela della salute pubblica, soprattutto dei minori, e che lo Stato ceco abbia effettuato un corretto bilanciamento tra gli interessi collettivi e la tutela dei singoli, sancendo così che la politica sanitaria della Repubblica ceca non ha violato il diritto al rispetto della vita privata di cui all’art. 8 della CEDU. Nello Stato ceco le vaccinazioni per prevenire malattie infantili note alla scienza medica sono pertanto un dovere e non una scelta rimessa al singolo. Nel caso di specie è quindi risultato infondato asserire che l’obbligo vaccinale ledesse la libertà di autodeterminazione, anche in quanto i ricorrenti non hanno prodotto prove scientifiche idonee a dimostrare che i vaccini in questione fossero poco efficaci e pericolosi. Si noti al riguardo come la vicenda ceca e la sentenza della Corte europea citata ricalchino quanto avvenuto in Italia, in particolare con il decreto legge n. 73 del 2017, sul quale la Corte costituzionale si è pronunciata[6] ritenendo costituzionalmente non irragionevole introdurre l’obbligo vaccinale, quando ciò sia utile, a tutelare la salute della collettività. Rispetto al tema dell’obbligatorietà delle vaccinazioni pediatriche, si è dunque in presenza non solo di una ‘circolarità’ in Europa dei contenuti delle decisioni delle Corti, ma anche di quelli delle normative, che paiono sovente coincidere. A titolo esemplificativo, la recente disciplina della Germania[7] che ha imposto la vaccinazione dei minori contro il morbillo, pena una sanzione pecuniaria sino a 2500 euro, o, ancora, quella francese[8], che prevede vaccinazioni pediatriche obbligatorie, il non rispetto delle quali determina l’impossibilità di accedere ai servizi educativi e al sistema scolastico.[9] Volendo ritornare sul dettato della richiamata sentenza della Corte europea, è anzitutto utile precisare come essa non consenta di presupporre che in Europa si possano eseguire coattivamente vaccinazioni contro la volontà degli individui; ma, altresì, che gli obblighi vaccinali e le corrispondenti misure sanzionatorie non possano essere considerati atti in violazione dei diritti umani. Essa risulta inoltre interessante in quanto potrebbe avere riflessi, proprio in Europa, in relazione alla campagna vaccinale in corso contro il Covid-19, rispetto alla quale vi è al momento una forte raccomandazione da parte degli Stati, pur non essendo ancora stato introdotto l’obbligo vaccinale generalizzato, tranne che per l’Austria. La decisione della Corte europea in questione, nel sancire le vaccinazioni obbligatorie come “misure necessarie in una società democratica”, potrebbe tuttavia costituire, con la dichiarata loro legittimazione, un ragionevole ‘assist’ per futuri interventi statali di ulteriori oneri vaccinali contro il Covid-19. Sul punto, peraltro, è opportuno evidenziare che il 27 gennaio 2021 l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha adottato la Risoluzione n. 2361, nella quale si sollecitano gli Stati parte e l’Unione Europea ad assicurarsi “that citizens are informed that the vaccination is not mandatory and that no one is under political, social or other pressure to be vaccinated if they do not wish to do so  (che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera)”. La questione, e le problematiche ad essa sottese in relazione alle quali la Corte di Strasburgo potrebbe essere indotta a pronunciarsi, sono pertanto solo ad un primo stadio.

2.2L’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari di cui alla legge n.76/2021

Si rileva preliminarmente che con l’articolo 4 del decreto legge del 1° aprile 2021 n. 44, convertito dalla legge 28 maggio 2021 n.76, il nostro legislatore ha previsto l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura ed assistenza.[10] In particolare, l’art. 4 contiene la previsione dell’obbligo vaccinale contro il Covid-19 per tutto il personale sanitario, come requisito indispensabile per l’esercizio della professione: qualora la vaccinazione non venga effettuata, il lavoratore può essere adibito a mansioni anche inferiori, purché non a contatto con il pubblico, previsione questa annullata dal successivo decreto legge n.172/2021; oppure può essere sospeso, senza diritto alla retribuzione. Sul punto, la legge di conversione è intervenuta sul testo originario del decreto inserendo un riferimento, quanto ai destinatari dell’obbligo, alla legge 1° febbraio 2006, n. 43 (“Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali”) e alle farmacie e parafarmacie.[11] La vaccinazione costituisce, quindi, esplicitamente, ai sensi del comma 1, requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, ed è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle Regioni, dalle Province Autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano. L’unica esenzione dall’obbligo vaccinale, con differimento o, addirittura, omissione del trattamento sanitario in prevenzione, risulta prevista, nel comma 2, per l’unica ipotesi di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale. Inoltre, l’art. 4 in parola prevede un complesso procedimento per l’accertamento e l’esecuzione dell’obbligo vaccinale, disciplinato analiticamente dai commi 3, 4 e 5. Tuttavia, l’obbligo vaccinale imposto ai sanitari non si fonda solamente sulla relazione di cura e fiducia che li lega ai pazienti, bensì scaturisce da un più generale dovere di solidarietà imposto a tutti i cittadini verso gli individui più fragili[12], ovvero coloro che rischiano di morire a causa del virus Covid-19, così come stabilito dal Consiglio di Stato.[13] Infatti, con ricorso collettivo alcuni esercenti professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non ancora sottoposti alla vaccinazione obbligatoria contro il virus Sars-CoV-2 hanno impugnato in appello la sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia n. 261 del 10 settembre 2021,[14] che aveva dichiarato inammissibile il ricorso collettivo e cumulativo proposto dai medesimi appellanti avverso gli atti coi quali le Aziende Sanitarie friulane (appellate) hanno inteso dare applicazione nei loro confronti dell’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4 della menzionata legge  n. 76 del 2021.[15] Gli appellanti hanno altresì richiesto, insieme all’annullamento o alla riforma della sentenza impugnata col conseguente risarcimento dei danni, anche la sospensione della sua esecutività ai sensi dell’art. 98 c.p.a. L’appello è stato accolto limitatamente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado dagli appellanti; tuttavia il ricorso, pur ammissibile, è stato respinto in tutte le sue censure. Nella mancata condivisione della tesi degli appellanti, il Consiglio di Stato ha esplicitato che la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo, e anzitutto, di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch’esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l’esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l’avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza. Anche Sabino Cassese[16], giurista, già componente della Corte Costituzionale e ministro per la funzione pubblica ritiene che “Per la Costituzione, la salute è sia diritto dell’individuo, sia interesse della collettività. Quindi, c’è un diritto e l’altra faccia, che è un interesse non individuale, ma della collettività nei cui confronti abbiamo tutti dei doveri. Poi, la Costituzione prevede trattamenti sanitari obbligatori, purchè siano disposti con legge e rispettino la persona umana.  E in modo più esplicito precisa che “Vi sono due aspetti diversi. L’obbligo giuridico del singolo scatta con l’approvazione di una legge, come la n.73 del 2017 sulle dieci vaccinazioni obbligatorie. C’è poi l’obbligo del responsabile delle strutture collettive, un ministero, una scuola, un ospedale, un’azienda: chi le dirige deve assicurare quell’interesse della collettività di cui parla la Costituzione. E per farlo deve assicurarsi che chi svolge le sue funzioni nella struttura sia vaccinato, perché potrebbe essere, altrimenti portatore di malattie. Pertanto, svolge una funzione di prevenzione se sospende la persona a fini precauzionali, con la possibilità di interrompere il rapporto di lavoro”. E questo discorso è tanto più rilevante nei confronti degli operatori sanitari, medici, infermieri e socio sanitari. In conclusione, si ritiene che l’obbligo vaccinale per cittadini potrebbe essere imposto solo con legge, mentre per gli operatori sanitari potrebbe discendere direttamente dall’art. 32 della Costituzione anche se è stato confermato dalla citata legge n. 76/2021, da ritenersi quindi pienamente conforme alla Carta costituzionale. Inoltre, già il Codice di deontologia medica presentato agli Ordini provinciali dal Presidente della FNOMC e approvato dal Consiglio Nazionale in data 18 maggio 2014 identificava le regole, ispirate ai principi di etica medica che disciplinano l’esercizio professionale del medico chirurgo e dell’odontoiatra iscritti nei rispettivi albi professionali. Il codice, in armonia con i principi etici di umanità e solidarietà e civili di sussidiarietà impegna il medico nella tutela della salute individuale e collettiva vigilando sulla dignità, sul decoro, sull’indipendenza e sulla qualità della professione. E’ significativo, al riguardo che l’art. 14, concernente la prevenzione e la gestione di eventi avversi e la sicurezza delle cure, dispone: “Il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente e degli operatori coinvolti, promuovendo a tale scopo l’adeguamento dell’organizzazione delle attività e dei comportamenti professionali e contribuendo alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico attraverso: “l’adesione alle buone pratiche cliniche[…]”. E’ da ritenere ragionevolmente che analoghi principi deontologici debbano valere per gli altri operatori sanitari.[17]

3.L’Austria come apripista nell’Unione Europea

Come noto, lunedì 22 novembre 2021 è iniziato il lockdown totale per tutta la popolazione austriaca, vaccinati e non, che durerà almeno fino al 12 dicembre incluso, e a partire dal 1° febbraio 2022 sarà introdotto anche l’obbligo vaccinale.[18] L’Austria è il primo paese europeo a prendere una decisione simile e il quinto in tutto il mondo, dopo Indonesia, Micronesia e Turkmenistan, oltre che in Vaticano. Ma anche altri Stati come la Germania e la Grecia hanno in animo di assumere tale decisione e la Presidente della Commissione Europea in data 1° dicembre 2021 ha invitato gli Stati membri a prendere in considerazione tale eventualità. Così, a partire da febbraio dell’anno prossimo, chi rifiuta di vaccinarsi rischia sanzioni amministrative, si prevede di 3600 euro, raddoppiate in caso di recidiva, che possono essere convertite in una pena detentiva se la multa non può essere pagata. Per verificare chi si atterrà alle regole, il governo austriaco ha a disposizione un database nazionale centralizzato per le vaccinazioni. In questo modo il governo potrebbe verificare tra i residenti nel Paese chi non ha ancora ricevuto il vaccino, ma un sistema preciso è ancora in fase di studio. Si dovrebbe poter partire con l’obbligo vaccinale il primo febbraio, ma è possibile che il piano si sviluppi per fasi e per fasce anagrafiche. L’Austria ha attualmente un tasso di vaccinazione del 64,1%, di poco inferiore alla media nell’Unione europea (65,5%), secondo gli ultimi dati dell’Ecdc, il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie. Si tratta di un dato inferiore a quello di molti Paesi d’Europa, compresi Germania e Italia. Guardando alle sue frontiere orientali, però, l’Austria vede solo percentuali più basse della propria, così come sono inferiori tutti i numeri dei Paesi dell’Europa dell’est, dalla Grecia all’Estonia.[19] Se la situazione è critica ma non catastrofica per quanto riguarda i vaccini, le preoccupazioni governative poggiano soprattutto su una rapida crescita dei casi di Covid-19 nel Paese, che le misure restrittive imposte ai non vaccinati non hanno frenato. Le regioni più colpite si trovano nel Nord del Paese (Salisburgo e Alta Austria), ma gli ospedali si riempiono in tutto il territorio nazionale.  Al momento non è chiaro come funzionerà in concreto l’obbligo vaccinale austriaco e il governo lavorerà con giuristi, sindacati e altre componenti della società civile per definire nel dettaglio la misura. Ancora incerte sono l’età a partire dalla quale le persone saranno tenute a vaccinarsi e le tipologie di esenzioni che saranno accettate per non sottostare all’obbligo. La mancanza di un’espressa previsione costituzionale sull’obbligo di trattamenti sanitari obbligatori, diversamente dall’Italia, e le forti proteste popolari potrebbero incidere sulla scelta del governo austriaco, ma anche l’aumento dei contagi incrementato dalla nuova variante omicron avrà il suo peso nel confermare le decisioni adottate.

4.Il c.d. super green pass di cui al decreto legge n.172/2021: il primo passo verso l’obbligo vaccinale?

Il decreto legge n.172 del 26 novembre 2021 prevede che il c.d.super green pass, in vigore dal 6 dicembre al 15 gennaio 2022, sarà indispensabile, anche in zona bianca, per accedere liberamente a cinema, strutture alberghiere, teatri, palestre, impianti sciistici, bar e ristoranti. La certificazione verde rinforzata verrà rilasciata unicamente in caso di avvenuta vaccinazione o guarigione dal Covid-19, mentre il tampone, antigenico o molecolare, sarà depotenziato divenendo efficace solo per recarsi al lavoro.[20] Il provvedimento, approvato all’unanimità, introduce, in via transitoria, il super green pass, ovvero, lo strumento che il governo ha deciso di mettere in campo per contrastare la nuova ondata di contagi da Covid-19 alimentata dalla nuova variante omicron. Il Governo punta su questa misura per incentivare e rilanciare le vaccinazioni in vista del Natale così da scongiurare eventuali restrizioni e chiusure che deprimerebbero ulteriormente i consumi. Le limitazioni previste nell’ipotesi di peggioramenti cromatici (zona gialla e arancione) non scatteranno, infatti, proprio perché il potenziale contrasto ai contagi avverrà, secondo quanto emerge dal testo del decreto, attraverso l’uso del green pass rafforzato; le restrizioni si applicheranno, invece, (anche i possessori di super green passsolo nel caso di transizione in zona rossa. Sono quattro gli ambiti che tocca il nuovo decreto: il primo riguarda l’obbligo, vigente per personale sanitario e chi lavora nelle RSA, anche il personale non sanitario che lavora nel comparto salute, le forze dell’ordine e tutto il personale scolastico; l’estensione dell’obbligo riguarda anche il richiamo booster per il personale sanitario. Il secondo intervento riguarda l’ampliamento della sfera di utilizzo del green pass base estendendone l’obbligo di esibizione alle strutture ricettive, al trasporto ferroviario regionale e interregionale e a trasporto pubblico. Il terzo, atteso intervento, riguarda proprio l’introduzione del super green pass ed infine, il quarto ambito, concerne l’inasprimento dei controlli. La differenza principale tra super green pass e green pass risiede nella vaccinazione: il primo è rilasciato a chi ha completato almeno il ciclo di vaccinazione primario (due dosi, una nel caso di Johnson&Johnson); il secondo invece è riservato a chi ha solo effettuato un tampone negativo. Il super green pass, dal 6 dicembre, è rilasciato unicamente in caso di avvenuta vaccinazione o guarigione dal Covid-19. Il certificato verde rinforzato consentirà l’ingresso a strutture alberghierecinema, teatri, palestreimpianti sciistici, bar e ristoranti, mentre, i tamponi resteranno efficaci solo per accedere al lavoro e alle attività giudicate essenziali. A partire dal 6 dicembre quindi i non vaccinati possono solo recarsi a lavoro e utilizzare i mezzi di trasporto, previo rilascio di certificazione verde a seguito di tampone con esito negativo. Qualora dovesse mutare l’andamento cromatico delle regioni, muovendo da zona bianca a zona gialla o arancione, le capienze di stadi (75%), cinema, teatri (100%) e discoteche (75% all’aperto e 50% al chiuso) resteranno immutate per i possessori del super green pass. Viene, in concreto, introdotto dal provvedimento una sorta di doppio binario che impone evidenti limitazioni, alla vita sociale, i possessori del normale green pass e che facilita e incentiva, invece, gli immunizzati. Il vecchio green pass (ormai depotenziato), che è possibile generare soltanto con un tampone negativo, sarà necessario, secondo quanto stabilito dal decreto, per servirsi del trasporto ferroviario regionale e del trasporto pubblico locale, per soggiornare in albergo e dovrà essere esibito per accedere agli spogliatoi per lo svolgimento di attività sportiva anche all’aperto. Coloro che non hanno alcun pass (financo depotenziato) subiranno, oltre tutte le nuove limitazioni che si applicano a coloro che hanno solo la certificazione verde base (da tampone), non potranno recarsi al lavoro né prendere i mezzi pubblici. L’introduzione del super green pass non condurrà, quindi, ad alcun cedimento rispetto alle misure restrittive tutt’ora in vigore. Permarranno, quindi, i protocolli e le norme riguardanti il distanziamento sociale e l’obbligo di indossare le mascherine al chiuso, anche nei luoghi in cui si accede solamente se immunizzati. Le nuove misure rappresentano un segnale di apprezzamento per gli oltre 45 milioni di italiani che hanno aderito alla campagna vaccinale e un incentivo, pertanto, per coloro che, per il momento, hanno scelto di non vaccinarsi. La vaccinazione obbligatoria, dal 15 dicembre, viene quindi estesa, ai sensi dell’art. 2 del decreto, anche al personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e delle altre istituzioni scolastiche, al personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, del personale amministrativo della sanità, personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività alle dipendenze del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.  In caso di inadempimento scatterà la sospensione dall’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Il decreto, in buona sostanza, adotta misure analoghe a quelle in vigore per il personale sanitario anche alle altre categorie interessate, in virtù del nuovo provvedimento, dall’obbligo vaccinale. Nei casi in cui non verrà dimostrata la vaccinazione (prima dose o booster) i responsabili dei vari settori coinvolti inviteranno i lavoratori a provvedere all’immunizzazione entro venti giorni e durante l’intero periodo di sospensione, non saranno dovuti la retribuzione né tantomeno altro compenso o emolumento. Il decreto legge, poi, all’art. 3 conferma la riduzione della validità del green pass da 12 a 9 mesi a far data dal completamento del ciclo vaccinale primario. La certificazione verde verrà, tuttavia, rinnovata per altri 9 mesi dal momento della somministrazione della terza dose. In altre parole, chi ha già ricevuto la seconda dose vedrà accorciarsi la durata del green pass di tre mesi, mentre chi avrà o ha avuto la dose booster vedrà prolungata di altri 9 mesi la durata del certificato. Il richiamo booster della terza dose, da metà dicembre, sarà obbligatorio per il personale sanitario per cui già vigeva l’obbligo vaccinale. Il provvedimento, per i sanitari non vaccinati, stabilisce ancora che non sarà più possibile, da parte del datore di lavoro, “essere adibiti a mansioni diverse”. Il richiamo per la terza dose è, inoltre, anticipato e avverrà non più a sei mesi di distanza dalla seconda dalla seconda dose, ma già dopo cinque mesi; l’indicazione, formalizzata dall’AIFA, è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. La durata dei tamponi, uno dei tre metodi che permettono di ottenere il green pass base, resterà invariata, ovvero, per i tamponi molecolari 72 ore, mentre per i tamponi antigenici 48 ore. Si amplierà ai maggiori di età, dal 1° dicembre 2021, inoltre, la platea dei soggetti che potranno effettuare la dose di richiamo sino ad oggi limitata, come noto, agli over 40 anni. La vaccinazione ai minori da cinque a undici anni, non obbligatoria, è stata prevista dal 23 dicembre 2021 con provvedimento dell’AIFA. Alla stretta per i non vaccinati o guariti, corrisponderà un più generale irrigidimento dei controlli. L’art. 7 del decreto interviene aggiornando e rafforzando il sistema delle verifiche: entro 3 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, i Prefetti dovranno sentire il Comitato provinciale ordine e sicurezza, ed entro 5 giorni dovranno adottare un nuovo piano di controlli coinvolgendo tutte le forze di polizia. Inoltre, dovranno trasmettere al Ministro dell’Interno una relazione settimanale dei controlli effettuati nell’ambito di competenza. A tale Proposito lo stesso Ministro ha tenuto in data 29 novembre 2021 una riunione in videoconferenza con tutti i Prefetti della Repubblica per pianificare i controlli. Tuttavia, come riconosciuto dal Ministro, non possono sottacersi le difficoltà derivanti dalla carenza degli organici delle Forze dell’Ordine, senza considerare la creazione di continui focolai derivanti dagli assembramenti illegali dei manifestanti “no vax” e “no green pass” cui ancora, nonostante gli evidenti danni sanitari e quelli alle categorie commerciali, non si è riusciti a porre rimedio.

5.Profili di legittimità costituzionale e la difficoltà di individuare un efficace  regime sanzionatorio

Sebbene siano molti i profili giuridici potenzialmente interessati dalla introduzione dell’obbligo vaccinale, ancor più, dall’eventuale imposizione di un obbligo generalizzato di vaccinazione per tutti i cittadini degli Stati parte della Unione Europea, sono almeno due le questioni che interessa evidenziare.[21] In primo luogo, la legittimità, non solo rispetto alle Costituzioni nazionali, ma anche in relazione alla CEDU, di un obbligo vaccinale; in secondo luogo, la discrezionalità del legislatore nel prevedere le sanzioni corrispondenti alla violazione dell’obbligo. Rispetto alla prima, si può desumere dalla decisione della Corte europea sopra citata che, sebbene ogni vaccinazione implichi un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata[22] e, in particolare, una limitazione alla libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, occorre riferirsi alla politica sanitaria degli Stati contraenti, la quale – proprio in considerazione degli artt. 2 (diritto alla vita) e 8 (diritto al rispetto della vita privata) della CEDU – impone agli Stati l’onere di adottare misure adeguate e proporzionate per proteggere la vita e la salute di coloro che sono sottoposti alla propria giurisdizione, specie dei più vulnerabili. L’obbligo vaccinale può dunque essere imposto, in presenza di uno scopo legittimo e quando gli interventi siano proporzionati allo scopo perseguito. Nell’attuale contesto pandemico e di pericolo per la salute pubblica, se il fine, rispetto ai vaccini contro il Covid-19, potrebbe ragionevolmente rinvenirsi nell’interesse pubblico e nell’esigenza sociale di protezione della salute collettiva, nonché nel vincolo di solidarietà che nelle società democratiche lega gli individui, qualche dubbio potrebbe emergere rispetto alla proporzionalità e all’invasività dell’intervento in rapporto alla libertà di autodeterminazione degli individui, poiché delle incertezze paiono ancora circondare la sicurezza per la salute e l’efficacia dei diversi vaccini proposti contro il Covid-19. Dubbi maggiori potrebbero poi emergere rispetto alla discrezionalità del legislatore nel disciplinare la sanzione per il mancato adempimento dell’onere vaccinale. Immaginare di introdurre un obbligo generalizzato di vaccinazione contro il Covid-19 a tutta la popolazione potrebbe quindi essere problematico, soprattutto in relazione agli strumenti e alle modalità con le quali imporlo. Sarebbe inoltre interessante indagare quale margine di giudizio potrebbero realisticamente avere le Corti costituzionali e la Corte di Strasburgo rispetto agli ampi spazi di discrezionalità che si aprirebbero, in particolare per le previsioni sanzionatorie, per il legislatore.[23] Venendo, poi, ad esaminare i profili di legittimità costituzionale nel nostro ordinamento, deve essere rispettato il principio sancito dall’art. 32 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”[24]. La difesa di questo principio ha determinato l’adozione di provvedimenti eccezionali, ma necessari nella lotta alla pandemia. L’art. 32 della Costituzione, quindi, si è prepotentemente imposto quale ulteriore ed invalicabile limite cui vanno soggette tutte le altre situazioni soggettive meritevoli di protezione rafforzata, in questo momento di rischio di contaminazione senza precedenti.[25] Non vi sono dubbi, quindi, sulla preminenza che la Costituzione riconosce al diritto alla salute, tale da giustificare compressioni di altri interessi pubblici ugualmente meritevoli di tutela. In una situazione di emergenza epidemiologica quale quella attuale, le limitazioni alle altre libertà e ai diritti inviolabili sembrano tanto più giustificate ed accettabili, stante l’importanza preminente della salute pubblica, ex art. 32 della Carta Costituzionale. Resta inteso, però, che le misure restrittive devono promanare da autorità aventi un potere di intervento riconosciuto da norme sottoposte al necessario vaglio del Parlamento, anche in sede di conversione di atti con forza di legge dell’esecutivo. Già in passato, muovendo dalla presenza dell’aggettivo fondamentale nel solo art. 32 Cost., autorevole dottrina ha sostenuto la prevalenza del diritto individuale e dell’interesse collettivo alla salute su tutti gli altri diritti e interessi consacrati nel testo costituzionale. Simile collocazione dell’art. 32, tuttavia, parrebbe anzitutto stridere con la necessità di procedere nell’interpretazione costituzionale a “una valutazione sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro”[26]. Il conflitto in questione, in effetti, sarebbe irriducibile se l’ordinamento non scegliesse quale interesse ritenere prevalente, sebbene non in maniera totale ed assoluta, ossia negando agli altri interessi in giuoco adeguata protezione.[27] In altre parole, come osservato anche dal giudice amministrativo italiano sulla scorta proprio di queste conclusioni: “la scelta tra obbligo o raccomandazione ai fini della somministrazione del vaccino costituisce in particolare il punto di equilibrio, in termini di bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità psico-fisica) e tutela della salute (individuale e collettiva) dall’altro lato”.[28] Il bilanciamento in questione è proporzionale se il pericolo per la salute collettiva “non deve essere evitabile con misure alternative all’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio, in quanto in caso contrario lo Stato sarà tenuto a porre in essere le misure, diverse dai trattamenti sanitari obbligatori, in grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della libertà personale dei cittadini”. Dalla giurisprudenza sulle vaccinazioni pare possibile ricavare un paradigma di intervento emergenziale legittimo per ragioni di polizia sanitaria, il quale chiama in causa inevitabilmente il ruolo della scienza e della tecnica nella formazione della decisione normativa e amministrativa. Più esplicitamente, per analizzare la ragionevolezza, ma soprattutto la proporzionalità del bilanciamento operato dal decisore politico, è essenziale il riferimento al dato tecnico-scientifico sia in termini di strumentario medico per il contrasto delle infezioni sia in termini di conoscibilità della situazione epidemiologica. Il rapporto tra scienza e diritto, d’altronde, si pone pure come questione fondamentale nell’apprezzamento delle scelte del legislatore da parte del Giudice costituzionale, e altresì, “a cascata”, per lo scrutinio di legittimità degli altri atti subordinati alla legge sottoposti anzitutto alla valutazione del giudice amministrativo. Si deve puntualizzare, però, che il concetto di non “normalità” o di eccezionalità che giustifica la prevalenza dell’interesse collettivo deve essere contemperato con il principio di precauzione. A riprova di ciò, si può richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018 ove viene chiarito che “la copertura vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera indipendentemente da una crisi epidemica in atto. Deve perciò concludersi che rientra nella discrezionalità del Governo e del Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme”. L’interesse collettivo, dunque, pare poter essere legittimamente considerato come prevalente già in una situazione di emergenza sanitaria, giacché il primo obiettivo è evitare l’epidemia e, ove il tentativo sia risultato infruttuoso, reprimerla efficacemente. Tradizionalmente, difatti, nel concetto di salute pubblica rientra una “parte preventiva o tutela contro il morbo (Sanitätswesen) e parte repressiva (Heilweaen) […e ciò] dimostra ancora una volta che per tutela della salute pubblica deve intendersi l’azione dello Stato diretta a prevenire e reprimere i danni che all’organismo umano possono derivare dallo stato di malattia. Si può dunque sostenere che già quando si versa in una situazione di emergenza sanitaria qualificata come tale dalla scienza e non solo quando si è aperto lo scenario ben più grave della pandemia, l’interesse della collettività alla salute prevale sul diritto individuale e giustifica siffatte limitazioni. Come chiarito anche da Vezio Crisafulli, dalla lettera dell’art. 32 Cost. si ricava che l’interesse pubblico protetto dalla norma è la salute collettiva: di talché, una situazione eccezionale, idonea ad azionare la tutela in parola, non potrà aversi nel caso in cui il potenziale pregiudizio sia patito da un singolo o da un gruppo ristretto di individui. Per essere rilevante ai fini della norma in questione, difatti, dovrà riguardare un numero rilevante di individui, ossia essere dotato di una apprezzabile estensione, come nel caso di specie. Non sembra, pertanto, potersi dubitare che la Costituzione riconosca un interesse obiettivo dell’ordinamento avente come centro di riferimento il bene-salute, in forza del quale la comunità dei governati è tenuta ad attivarsi per far sì che quel bene, la cui tutela è di ‘importanza primaria’, non corra pericoli di compromissione, se già posseduto, e sia concretamente conquistato dai singoli e dalla collettività, se assente. Il predetto interesse dell’ordinamento, in via di principio, è sovrapponibile all’interesse dei singoli nel senso che tanto migliore sarà la vita di una società tanto migliore sarà la condizione di salute fisica degli individui che la compongono. Però, solo il legislatore statale è titolato a prefigurare tutte le misure occorrenti, come l’obbligo vaccinale. Tuttavia, si ritiene che l’unico eventuale strumento sanzionatorio possibile in caso di violazione dell’obbligo vaccinale sia quello di natura amministrativa, come previsto in Austria. Infatti, l’adozione di sanzioni penali ingolferebbe il lavoro delle Procure della Repubblica e della polizia giudiziaria, sfociando presumibilmente in dichiarazioni di improcedibilità come previsto dalla legge legge 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. legge Cartabia). Ma non può neanche ignorarsi che anche l’adozione di sanzioni amministrative andrebbe incontro a gravi difficoltà, perché gli uffici depenalizzazione delle Prefetture, già ingolfate dai ricorsi per il Codice della Strada e per gli assegni a vuoto, non riuscirebbero ad esaminare tempestivamente i probabili gravami. Analogo discorso vale per gli Uffici dei Giudici di Pace. Si ritiene, pertanto, indispensabile rafforzare i competenti uffici della Prefettura con selezioni per l’assunzione a tempo determinato di funzionari e operatori, come avvenuto di recente per far fronte alla sanatoria dei lavoratori irregolari, italiani e stranieri. Inoltre, dovrebbe essere previsto un sistema cautelare celere di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili, che però potrebbe presentare dubbi di legittimità costituzionale. Infine, questione non trascurabile, è quella di definire se il secondo comma dell’art. 32 realizzi un’ipotesi di riserva materiale o formale. Infatti, la norma recita: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Infatti, se si trattasse di riserva di legge formale, nella materia potrebbe intervenire solo la legge del parlamento, mentre non possono farlo atti aventi forza di legge, come decreti legge o decreti legislativi del governo.[29] Di fatto, poi, le materie disciplinate da riserva di legge formale sono quelle coperte da riserva di assemblea.[30] La riserva di legge formale è tipica dei casi in cui si vuole riservare al solo parlamento la possibilità di adottare un determinato atto, ed è dunque soprattutto utilizzata per quanto riguarda gli atti autorizzatori dell’assemblea. Basti pensare alla legge di bilancio, la cui natura autorizzatoria è sottolineata dalla stessa Costituzione all’art. 81 della Costituzione. La stessa ratio impone di considerare riserva di legge formale la conversione di decreti legge, così come la delega della funzione legislativa nel caso di adozione di decreti legislativi. Se non fosse imposta una simile riserva, si potrebbe in questi casi procedere con atti aventi forza di legge, falsando in modo inaccettabile la natura dei rapporti tra l’esecutivo e il legislativo. Al riguardo, si ritiene che nel caso in esame, l’andamento incontrollabile e vorticoso della pandemia derivante dal diffondersi del covid-19 consenta l’adozione, nel caso di obbligo vaccinale, di una riserva di legge materiale che potrebbe quindi realizzarsi anche con lo strumento del decreto legge. In conclusione, come è stato osservato, “L’iperproduzione di doveri, se avviene nel rispetto delle garanzie e della proporzione, resta estranea alla sospensione del diritto”, nondimeno se essa è rispettosa del principio di tassatività dei doveri ne assicura pienamente la funzione garantistica.[31]

6.Conclusioni

L’emergenza derivante dal covid-19 ci ha posto numerosi interrogativi e dubbi determinando incertezze che gravano sul futuro. Si è verificata, quindi, una “recrudescenza” abnorme dei doveri di cui non si vede ancora la fine.[32] Pertanto, l’obbligo vaccinale, sostanzialmente auspicato autorevolmente anche dal Presidente della Repubblica nel discorso di fine anno 2020, in data 28 luglio 2021 e in data 30 novembre 2021, e di conseguenza la normativa sul c.d. super green pass che ne costituisce il logico presupposto, diventano una necessità inderogabile di fronte al persistere significativo dei casi di contagio ed in presenza di una “quarta ondata”, resa più insidiosa dalla nuova variante omicron. In questa situazione prevedere tale obbligo, nel pieno di una crisi sanitaria mondiale che sta sconvolgendo la nostra società, non sembra ingiustificato anche perché riceve una sua giustificazione dal mondo scientifico. Le libertà dei cittadini devono essere sempre difese, ma non può trascurarsi la tutela della salute pubblica sancita solennemente dall’art. 32 della Costituzione come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Gli italiani, con enorme sacrificio, hanno garantito il rispetto di regole che hanno messo in pericolo la propria libertà per il bene comune e si ritiene che in grande maggioranza accetterebbero anche l’obbligo vaccinale. La libertà di ciascuno di non vaccinarsi trova un limite nel diritto altrui a non essere contagiato.[33] Lo Stato può imporre, ricorrendone i presupposti e le condizioni, sacrifici al godimento da parte del singolo del diritto di autodeterminarsi in ordine alle scelte che investono la propria salute, al fine di perseguire quegli interessi superindividuali che – senza tale compressione dei diritti individuali – verrebbero messi in pericolo. La facoltà dello Stato di imporre limitazioni siffatte trova fondamento, anche, nel principio solidaristico enunciato dall’art. 2 Costituzione, poiché ad esso corrispondono quei “doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, che fungono da contraltare al riconoscimento e alla garanzia, da parte della Repubblica, dei “diritti inviolabili dell’Uomo”. Il diritto di autodeterminazione del singolo deve risultare recessivo rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto; tale interesse pubblico deve costituire l’oggetto primario delle valutazioni e delle scelte del legislatore, cui incombe l’esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio. In conclusione, la questione sulla legittimità dell’obbligo vaccinale previsto per legge passa da quella dei rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà e ne riceve la sua linfa vitale.        Note          [1] P. Gentilucci, La possibile rilevanza penale e disciplinare del comportamento degli operatori sanitari “no-vax”, in Diritto.it, 2021; [2] F. Di Todaro, I dettagli della campagna vaccinale, in Fondazione Veronesi, 2020. [3] L. Biarella, Green pass obbligatorio dal 6 agosto. Il decreto pubblicato in Gazzetta, in Altalex, 2021. 4] G.M. Lieto, Obbligo vaccinale, art. 32 della Costituzione, prevalenza dell’interesse pubblico sul diritto individuale ad autodeterminarsi, in norme e tributi, il Sole 24 ore, 2021. [5] C. Bertolino, Vaccinazioni obbligatorie nei confronti di minori quale «misura necessaria in una società democratica». Pronuncia della Corte europea sul caso della Repubblica ceca. Riflessi possibili sulla campagna vaccinale contro il Covid-19?, in Diritti Comparati, 2021. [6] Sentenza n. 5 del 2018. [7] Legge federale del 10 febbraio .2020. [8] Loi n. 2017-1836, art. 49. [9] Cfr. Commissione europea, The organization and delivery of vaccination services in the European Union.  [10] C. Giovagnoli, Obbligo vaccinale: profili di costituzionalità e risarcimento del danno, in Altalex, 2021.   [11] B. Carminati, Legge n. 76/2021 (conversione del d.l. 44/2021): vaccinazioni anti Covid-19 e misure urgenti per la pandemia, in Bio Diritto, Università di Trento, 2021. [12] L.Biarella, Vaccino obbligatorio per operatori sanitari, Consiglio di Stato: è dovere di solidarietà, in Altalex, 2021. [13] Consiglio di Stato, Sezione III, nella sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045 [14]  P. Gentilucci, Lo stato di emergenza durante la pandemia da covid-19, in Diritto.it, 2021. [15] Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 261 2021, aveva rigettato il ricorso proposto da una dottoressa che aveva rifiutato di vaccinarsi ed ha affermato che “L’equiparazione dei vaccini a farmaci sperimentali […] è il frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata dalla normativa europea, che deve recisamente respingersi”. [16] G. Picone, L’obbligo non viola la persona. Prevalente l’interesse generale, in Quotidiano, 2020. [17] P. Gentilucci, La possibile rilevanza penale e disciplinare del comportamento degli operatori sanitari “no vax”, in Diritto.it, 2021. [18] I. Artiaco, Come funziona l’obbligo vaccinale in Austria, in fanpage.it, 2021. [19] V. Genovese, Perché l’Austria ha introdotto l’obbligo vaccinale, in  Linkiesta, 2021. [20] D. Virgillito,  Super green pass: tutte le novità del decreto,in IPSOA, 2021. [21] C. Bertolino, Vaccinazioni obbligatorie nei confronti di minori quale «misura necessaria in una società democratica». Pronuncia della Corte europea sul caso della Repubblica ceca. Riflessi possibili sulla campagna vaccinale contro il Covid-19?, cit. [22] Cfr. decisioni Salvetti c. Italia e Solomaikhin c. Ucraina. [23]C. Bertolino, Vaccinazioni obbligatorie nei confronti di minori quale «misura necessaria in una società democratica». Pronuncia della Corte europea sul caso della Repubblica ceca. Riflessi possibili sulla campagna vaccinale contro il Covid-19?, cit. [24] P. Gentilucci, Green pass e profili di legittimità costituzionale, in Diritto.it, 2021. [25] S. Covolo, Il difficile bilanciamento tra la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e gli altri diritti inviolabili, ai tempi dell’emergenza coronavirus. Soltanto il parlamento può essere garante contro l’arbitrio del potere esecutivo, in Diritto.it, 2020.    [26] Cfr. sent. della Corte Costituzioale n. 264 del 2012. [27] F. Grandi, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un  dovere?, in Costituzionalismo.it, 2021. [28] TAR Lazio, Sez. III-quater, 2 ottobre 2020, n. 10047; ID., 2 ottobre 2020, n. 10048; con le quali il giudice amministrativo ha annullato l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 17 aprile 2020, n. Z00030, recante «Disposizioni in merito alla campagna di vaccinazione antinfluenzale e al programma di vaccinazione anti-pneumococcica per la stagione 2020-2021» [29] Cfr. art. 76, art. 77 Costituzione. [30] Cfr. art. 72 e art. 72  Costituzione. [31] Consiglio di Stato, sezione V, 23 dicembre 2016, n.5443. [32] F. Grandi, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un dovere?, cit. [33] G.M. Lieto, Obbligo vaccinale, art. 32 della Costituzione, prevalenza dell’interesse pubblico sul diritto individuale ad autodeterminarsi, cit.

Prof. Paolo Gentilucci

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