Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
- Volume consigliato
Il fatto
La Corte di Appello di Ancona confermava una sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Pesaro con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 81, comma secondo, cod. pen., 73, commi 1 e 1-bis d.P.R. n. 309 del 1990 (capi A e B) nonché del reato di cui agli artt. 81, comma secondo e 110 cod. pen, 3, nn. 5) e 8) e 4, n. 7-bis, legge 20 febbraio 1958, n. 75, e condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Ciò posto, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen. il Tribunale di Pesaro, adito quale giudice dell’esecuzione, dichiarava la non esecutività della sentenza e disponeva la rinnovazione della notifica.
In particolare, il Tribunale rilevava che, in presenza di tale elezione di domicilio, era affetta da nullità la notifica eseguita, ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., presso il difensore di fiducia.
Sull’argomento, vedasi:
- “In che modo deve essere eccepita, da parte del difensore presente in udienza, la nullità nel caso di omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato”;
- “La nullità del decreto di citazione a giudizio”
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Proponeva ricorso per cassazione il difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza sulla base di un unico motivo di ricorso con il quale si deduceva la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello in quanto eseguito presso i difensori ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., anziché presso il domicilio precedentemente eletto dall’imputato rilevandosi al contempo che, sebbene dopo la sentenza di primo grado il ricorrente fosse stato espulso, ciò non aveva privato di validità la precedente elezione di domicilio.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, qualora l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni, la notificazione eseguita a norma dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia determina una nullità di ordine generale a regime intermedio e ciò in quanto, come rilevato dalle Sezioni unite nella decisione n. 19602 del 27/03/2008, detta nullità è, comunque, idonea a determinare una conoscenza effettiva dell’atto in ragione del rapporto fiduciario con il difensore.
Oltre a ciò, era fatto altresì presente che, in tale arresto, il Supremo Consesso, richiamando Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, ha affermato che la nullità in questione deve ritenersi sanata quando risulti provato che non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, ed è, comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen..
Detto questo, si notava inoltre come le Sezioni Unite siano nuovamente intervenute sul tema per risolvere la questione relativa all’eventuale efficacia sanante dell’omessa allegazione da parte del difensore di fiducia, che intenda eccepire detta nullità, di circostanze impeditive della conoscenza dell’atto da parte dell’imputato e, al riguardo, le Sezioni Unite, nella pronuncia n. 58120 del 22/06/2017, ribadendo che la nullità conseguente alla notificazione della citazione a giudizio mediante consegna al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. anziché presso il domicilio dichiarato o eletto, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, hanno escluso che detta nullità sia sanata dalla mancata allegazione di circostanze innpeditive della conoscenza dell’atto da parte dell’imputato.
Ciò premesso, nella fattispecie in esame, gli Ermellini evidenziavano come fosse incontestato che si fosse verificata siffatta nullità, da qualificare come nullità di ordine generale a regime intermedio, a causa della notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio eletto.
In assenza di alcun documentato comportamento del ricorrente riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dagli artt. 183 e 184 cod. proc. pen., o, comunque, qualificabile come espressione di esercizio effettivo del diritto di difesa, era, per di più, escluso come detta nullità fosse stata sanata da una delle condotte espressamente previste da tali norme.
Pur tuttavia, nonostante ciò, ad avviso del Supremo Consesso, occorreva, comunque, verificare se tale nullità potesse considerarsi tempestivamente dedotta dall’imputato dal momento che la relativa eccezione era stata sollevata per la prima volta con il ricorso per Cassazione.
Orbene, una volta fattosi presente che, secondo il Procuratore Generale, tale eccezione era stata intempestiva in quanto la nullità doveva essere dedotta nel corso del giudizio di appello, i giudici di piazza Cavour stimavano tali conclusioni meritevoli di essere condivise richiamandosi, al riguardo, il percorso ermeneutico tracciato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 22242 del 27/01/2011, in cui il Supremo Consesso ha affermato che il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale di appello ad uno dei due difensori dell’imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che dell’altro difensore, ritualmente avvisati (nella fattispecie si trattava di un giudizio abbreviato in relazione al quale la notifica del decreto di citazione a giudizio era stata effettuata ad uno solo dei difensori dell’imputato e né l’imputato né il difensore regolarmente avvisato avevano partecipato all’udienza).
Orbene, il Supremo Consesso, nella decisione qui in esame, notava come il perno, sul quale ruota il ragionamento svolto dalle Sezioni unite, muove dall’analisi del rapporto tra le due norme destinate a disciplinare la deducibilità delle nullità di ordine generale a regime intermedio ovvero gli artt. 180 e 182, comma 2, cod. proc. pen. posto che la prima norma prevede che dette nullità non possono più essere rilevate o dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, ovvero, se si sono verificate nel corso del giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo fermo restando che l’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. prevede, inoltre, che quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, mentre, negli altri casi, la nullità deve essere eccepita entro i termini previsti, per le nullità a regime intermedio, dall’art. 180 cod. proc. pen. e, per quelle relative, entro quelli previsti dall’art. 181 cod. proc. pen..
Ad avviso delle Sezioni Unite, inoltre, occorre tenere distinti i limiti temporali previsti dalle due norme in quanto, mentre l’art. 180 cod. proc. pen individua lo “spazio procedimentale” entro il quale dedurre o rilevare la nullità, l’art. 182 cod. proc. pen. stabilisce, invece, una correlazione temporale tra il compimento dell’atto nullo e la relativa eccezione di parte e, di conseguenza, in tale secondo caso, la mancanza dell’eccezione della parte determina una sanatoria che, da un lato, consente al giudice di non rilevare la nullità di ordine generale, e, dall’altro, pur non essendo ancora decorso lo spazio temporale delineato dall’art. 180 cod. proc. pen., impedisce alla parte di dedurla.
Tuttavia, aggiunge ancora il Supremo Consesso, la circostanza, che il difensore non abbia assistito al compimento dell’atto, non determina l’automatica applicabilità della seconda parte dell’ultimo periodo dell’art. 180 (deducibilità della nullità dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo), ma deve portare alla sola constatazione che non si è verificata una sanatoria per omessa formulazione dell’eccezione, ferma restando la necessità di verificare quale sia lo “spazio temporale” di deducibilità della nullità.
La questione da risolvere si sposta, dunque, per la Suprema Corte, sulla perimetrazione dei due segmenti temporali individuati dall’art. 180 cod. proc. pen., che distingue tra nullità verificatesi nel corso del giudizio e quelle verificatesi anteriormente.
Ebbene, ad avviso delle Sezioni Unite, la nullità concernente la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello (sia dibattimentale che camerale), al pari di quella relativa alla notifica del decreto che dispone il giudizio o del decreto di citazione a giudizio per il giudizio di primo grado, si colloca nel segmento temporale che va dall’emissione dell’atto alla prima udienza di comparizione davanti al giudice, cosicché non può considerarsi quale nullità verificate nel corso del giudizio e, di conseguenza, da tale premessa ermeneutica deriva, per la Corte di legittimità, che il termine di deducibilità della nullità, individuato dall’art. 180 cod. proc. pen. nella deliberazione della sentenza di primo grado, deve ritenersi applicabile anche al giudizio di appello cosicché anche le nullità concernenti “gli atti preliminari al giudizio” (art. 601 cod. proc. pen.) devono essere dedotte prima della deliberazione della sentenza di appello.
Pertanto, alla stregua di tali considerazioni, condivise dagli Ermellini nel caso di specie, era, dunque, affermato il principio di diritto secondo cui la nullità a regime intermedio, conseguente alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., anziché presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di appello e non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (in termini sostanzialmente conformi, da ultimo, Sez. 2, n. 46638 del 13/9/2019).
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito sino a quando può essere eccepita la nullità a regime intermedio conseguente alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., anziché presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato.
Difatti, in tale pronuncia, si afferma che la nullità a regime intermedio, conseguente alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., anziché presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di appello e non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità.
Ove si voglia quindi eccepire una nullità di tal genere, è consigliabile dedurla nei termini tracciati in questo provvedimento al fine di evitare il concreto rischio che tale eccezione non venga accolta.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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