Il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza del Tar Campania, Salerno, sez. II, n. 1240/2019 si sofferma sulla corretta interpretazione della norma dell’art. 34 D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia) che disciplina la cd. fiscalizzazione dell’abuso edilizio per l’ipotesi in cui non sia possibile dare esecuzione alla demolizione senza pregiudicare la parte dell’immobile eseguita in conformità al titolo edilizio (comma II).
Principio generale
In via generale, la materia dell’edilizia è retta dal principio di diritto secondo cui deve disporsi la demolizione di un immobile abusivo senza che la tardiva adozione di detto provvedimento (id est il lungo lasso di tempo tra la realizzazione dell’abuso e l’adozione del provvedimento di demolizione), a causa della mera inerzia da parte della P.A. nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico, valga a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo.
Tale insegnamento è consolidato da una granitica giurisprudenza che fa capo a Cons. Stato, A.P., n. 9/2017 la quale osserva altresì che: “il carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione e la sua precipua finalizzazione al ripristino di valori di primario rilievo non si pongono in modo peculiare nelle ipotesi in cui il proprietario non sia responsabile dell’abuso”.
Opere in difformità dal permesso di costruire
Orbene su tale contesto di carattere generale – incentrato, come appare evidente sulla doverosità dell’iniziativa sanzionatoria-demolitoria della P.A. – si innesta la previsione dell’art. 34 D.P.R. n. 380/2001 che disciplina gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevedendo che, laddove la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applichi una sanzione pari al doppio del costo di produzione (Cons. Stato, sez. VI, 6 settembre 2021, n. 6218; Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 2021, n. 5457).
Il richiamato concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 23 agosto 2021, n. 5999; Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2021, n. 1743; Cons. Stato, sez. II, 23 ottobre 2020, n. 6432).
La sanzione
Come insegna una giurisprudenza ben consolidata deve valutarsi la possibilità di una sanzione pecuniaria in sostituzione di quella demolitoria nella fase esecutiva del procedimento (quindi dopo l’ordine di demolizione) nel corso della quale le parti hanno modo di far valere le proprie ragioni e le proprie tesi (T.a.r. Campania, Napoli, sez. II, 19 agosto 2021, n. 5561; T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. II, 22 luglio 2021, n. 1513Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2021, n. 1743; Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2021, n. 4049; Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4939).
In altre parole, una tale questione non può venire in rilievo per accertare la validità dell’ordine di demolizione (Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2020, n. 3151; Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2019, n. 8458; Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4169; Cons. Stato, sez. II, 30 marzo 2020, n. 2160).
Per la corretta applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 34 de quo occorre dunque accertare l’impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte dell’immobile eseguita in conformità, oltre alla difformità soltanto parziale dell’abuso realizzato (T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, 27 marzo 2020, n. 1268; T.a.r. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 9 febbraio 2018, n. 51).
Se, come detto, la questione della sostituzione della demolizione con l’applicazione di una sanzione pecuniaria dev’essere introdotta a valle della ingiunzione di demolizione, per il caso di inottemperanza spontanea all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi (T.a.r. Campania, Salerno, sez. II, 18 gennaio 2021, n. 148; T.a.r. Campania. Napoli, sez. II, 5 ottobre 2020, n. 4202; Cons. Stato, sez. II, 18 febbraio 2020, n. 1223; T.a.r. Liguria, Genova, sez. I, 22 maggio 2019, n. 470; T.a.r. Campania, Napoli, sez. III, 4 gennaio 2019, n. 56), è poi onere dell’interessato chiedere l’applicazione in proprio favore dell’art. 34 qui in esame, fornendo una seria e idonea dimostrazione del pregiudizio paventato per la struttura e l’utilizzo del bene residuo, poiché, in quanto autore dell’opera e del progetto, è a conoscenza di come quest’ultimo è stato eseguito e di quali danni potrebbero prodursi, a seguito di demolizione, in pregiudizio della parte conforme (T.a.r. Campania, Napoli, sez. III, 2 ottobre 2019, n. 4706; T.a.r. Lazio, Roma, sez. II bis, 19 gennaio 2021, n. 792).
Il carattere eccezionale e derogatorio dell’art. 34 “fa dunque sì che non debba essere l’Amministrazione a valutarne l’applicabilità, prima di emettere l’ordine di demolizione dell’abuso, ma il privato interessato a dimostrare, in modo rigoroso, nella fase esecutiva, il presupposto dell’obiettiva impossibilità fattuale (e non, ad esempio, la semplice onerosità) di ottemperare all’ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme” (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II bis, 12 luglio 2021, n. 8267).
In giurisprudenza si è ritenuto che il presupposto per l’applicazione dell’art. 34 sussiste anche nella particolare fattispecie in cui l’abuso edilizio consista nell’illegittimo maggiore scavo di un terreno che abbia determinato la realizzazione di un impianto ad una diversa quota e l’asportazione di una quantità di terreno superiore a quanto autorizzato (T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. II, 13 gennaio 2020, n. 18, in tema di impianto per energia rinnovabile).
Fiscalizzazione degli abusi edilizi
Se il provvedimento ex art. 34 trova applicazione, come detto, solo per le difformità parziali esso, comunque, non assume la natura giuridica della sanatoria non integrando una regolarizzazione dell’illecito e, in particolare, non autorizzando il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (Cass. pen., sez. III, 21 giugno 2018, n. 28747; sul punto si veda anche TRGA Trento, sez. unica, 23 giugno 2021, n. 104 il quale, premesso che “la c.d. “fiscalizzazione” degli abusi edilizi è sempre ammessa laddove si tratti – … – di opere realizzate in diminuzione rispetto a quanto autorizzato con il titolo edilizio”, ritiene che “la fiscalizzazione degli abusi edilizi rientra, al pari dell’accertamento della conformità urbanistica, nel genus degli istituti che producono l’effetto di sanare opere abusive”).
L’alternatività della sanzione pecuniaria rispetto all’ordine di demolizione comporta, poi, operativamente, che la prima condivida il carattere reale e ripristinatorio dell’ordine giuridico violato proprio del secondo con conseguente possibilità di irrogazione anche nei confronti dell’attuale proprietario sebbene incolpevole ed in buona fede (T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 16 novembre 2016, n. 1290).
In altre parole, così come il proprietario, ove provi di essere incolpevole, può sottrarsi all’acquisizione gratuita dell’area su cui insiste l’opera abusiva ma non alla demolizione, allo stesso modo non può sottrarsi al pagamento della sanzione alternativa alla demolizione, ferma restando in ogni caso la possibilità di rivalersi in regresso nelle sedi competenti, laddove siano accertati i presupposti di responsabilità nei confronti del proprio dante causa ex art. 1298 c.c. (T.a.r. Veneto, sez. II, 15 febbraio 2018, n. 174; Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6983).
Occorre, infine, precisare la procedura di fiscalizzazione in esame non è applicabile alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo, siccome queste non possono essere mai ritenute in parziale difformità (Cons. Stato, sez. VI, 24 giugno 2019, n. 4331; Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2020, n. 1443).
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