Stare dietro a tutto è ardua impresa e ci si chiede per quale motivo il Governo non dia la spallata finale e non imponga l’obbligo vaccinale per tutti (obbligo su cui, in passato, la Consulta si è già espressa con parere favorevole), ma ad oggi tant’è, bisogna adeguarsi ed informarsi.
In particolare, uno dei nodi rimasti irrisolti per molto tempo è stato quello dei controlli e verifiche del green pass, soprattutto sui luoghi di lavoro, dove da un lato i datori di lavoro attendevano modalità più snelle per ottemperare a un loro obbligo molto gravoso, dall’altro il Governo non ha emanato le linee guida molto attese ed infine il Garante ha sollevato una serie di problematiche relative alla tutela dei dati particolari dei lavoratori, connessi con possibili discriminazioni. Ed in secondo luogo, c’è il tema spinoso delle revoche del certificato, altro aspetto in cui il trattamento dei dati viene coinvolto in maniera significativa.
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Con il decreto del 17.12.2021, che ha disciplinato molti aspetti tecnici, alcuni nodi sono stati sciolti e pare che il braccio di ferro tra Governo e Garante abbia trovato un punto di incontro, in quanto il primo ha recepito le indicazioni del secondo (rese con il Provvedimento n. 430 del 13 dicembre 2021) che ha espresso, in via d’urgenza, parere favorevole sul decreto che aggiorna le disposizioni relative alle certificazioni verdi.
Indice:
- Tipi di green pass: Base, Super e Mega
- Il nodo della revocabilità
- Revocabilità dei pass consegnati al datore
- Controlli e verifiche per gli esenti dal vaccino ancora inesistenti
Tipi di green pass: Base, Super e Mega
Il green pass base, dedicato sostanzialmente ai no vax duri e puri, permette ben poca libertà di movimento: si va a lavorare, si prendono i mezzi pubblici locali e finita lì, poiché per quasi tutte le restanti attività all’aperto non è sufficiente. Si ottiene con un tampone, rapido o molecolare e dura 48 ore dall’effettuazione del test.
Il super green pass, invece, è quello che permette lo svolgimento della maggior parte delle attività. Si ottiene con il vaccino oppure con un certificato di guarigione da Covid, ma la durata è diversa. Nel primo caso il certificato dura nove mesi (prima dodici, ma non si esclude che verrà presto ridotto a sei), invece con pass derivante da guarigione da Covid la validità è di sei mesi soltanto.
L’estensione di questo lasciapassare è stata progressivamente ampliata in questi mesi, ulteriormente con le vacanze di Natale. Ad esempio nei ristoranti e bar, dove prima era necessario solo per consumare al tavolo all’interno, ma ora serve anche per il bancone e da gennaio varrà anche per musei e luoghi di cultura, piscine e palestre, centri benessere, parchi divertimenti, luoghi sportivi e chi più ne ha più ne metta. Insomma, si farebbe prima a dire per che cosa non serve il green pass.
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Infine, l’ultima versione del certificato verde è il mega green pass, il super sayan di tutti i lasciapassare, che si ottiene con la somministrazione della dose booster del vaccino e che sarà obbligatorio per accedere alle RSA a partire dal 30 dicembre 2021.
In alternativa, per chi non avesse ancora avuto accesso alla terza dose, sarà sufficiente avere il super green pass, ma presentando congiuntamente anche un tampone negativo, rapido o molecolare.
Il nodo della revocabilità
Poiché, come purtroppo sappiamo, green pass non è sinonimo di immunità, era necessario prevedere i casi in cui un soggetto in possesso di green pass se lo vede revocare per aver contratto il virus. Questa situazione impatta in modo particolare sui luoghi di lavoro, soprattutto nei casi in cui il lavoratore si è avvalso della facoltà di consegnare il green pass al datore, per non essere controllato tutti i giorni.
Il decreto ha dunque previsto una procedura per la revoca delle certificazioni verdi in questo caso ed anche nel caso in cui i green pass siano stati rilasciati o ottenuti in maniera fraudolenta.
La procedura di revocabilità, che inizialmente non era stata implementata dal Garante, si è resa necessaria non solo per la nuova variante di contagi che sembra coinvolgere anche i soggetti vaccinati, anche se fortunatamente senza gravi conseguenze, ma dal punto di vista del Garante, per assicurare ai cittadini il principio di esattezza ed integrità dei dati.
La gestione delle revoche del certificato, dunque, si basa su tre presupposti fondamentali, come deciso dal Governo su indicazione del Garante:
- Appartenenza del QR Code scansionato ad una revocation list, implementata dai sistemi di verifica ufficiali;
- Notifica all’intestatario del green pass dell’avvenuta revoca
- Possibilità di annullamento in caso di errore con ripristino del green pass revocato (ad esempio in caso di falsi positivi).
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Revocabilità dei pass consegnati al datore
Qualora il lavoratore si sia avvalso della facoltà prevista dall’emendamento al decreto legge 127 del 2021 ed abbia consegnato il proprio green pass al datore di lavoro, per snellire e facilitare i controlli, il meccanismo di revoca potrebbe essere più complesso. Infatti, una volta acquisito il green pass e preso atto della sua data di scadenza, il datore potrebbe essere tentato di lasciarlo lì, senza effettuare più alcuna verifica e quindi di fatto rischiando di vanificare lo spirito stesso del certificato, che, lo ricordiamo, ha come scopo unico quello di prevenire il contagio da Sars Co-V2.
Il Garante si era a suo tempo espresso in maniera sfavorevole su questo emendamento, parere che però non aveva trovato alcun riscontro nella decisione del Governo, ma pare che quanto buttato fuori dalla porta, con il tema della revocabilità, rientri dalla finestra: in altre parole, il datore di lavoro è costretto a verificare ugualmente i QR Code in suo possesso, in maniera quotidiana ed esattamente come avrebbe dovuto fare se il lavoratore non gli avesse consegnato il certificato.
Stando così le cose, è evidente che al datore non convenga affatto ritirare e conservare i pass: l’operazione non solo non lo esenta dai controlli quotidiani, ma gli impone obblighi inerenti il corretto trattamento dei dati, l’informativa, l’aggiornamento del registro dei trattamenti, l’implementazione di misure di sicurezza adeguate. Insomma, il gioco non vale la candela, e poiché come noto da grandi data base derivano grandi responsabilità, pare davvero che si stesse meglio quando si stava peggio.
Chi ha raccolto i green pass sperando di togliersi un problema, oggi si ritrova doppiamente beffato, e questo ci fa prevedere un’impennata nel consumo di macchine trita carte per la distruzione di documenti “scottanti” che, alla luce delle nuove normative, sarebbe meglio non conservare in azienda.
Controlli e verifiche per gli esenti dal vaccino ancora inesistenti
Nonostante le promesse risalenti al mese di agosto scorso, data in cui il green pass ha emesso il suo primo vagito, ad oggi nessuna regola e nessun QR Code è stato prodotto per i soggetti esentati, per varie ragioni, dal vaccino, i quali al momento non hanno alternative se non quella di fornire ai controlli una mole di dati personali francamente eccessiva rispetto alla finalità.
Il Garante, che ben può dirsi soddisfatto in questa fine anno per il risultato raggiunto, dopo ondivaghe vicende, ha sollecitato il Governo affinché descriva una procedura per i soggetti esentati che sia in tutto simile a quella per gli altri: un QR Code con spunta verde, senza indicare le motivazioni, anch’esso revocabile nel caso in cui le condizioni del soggetto cambino.
A (modesto) parere di chi scrive, tuttavia, un QR Code equiparabile alla certificazione verde, che però di fatto non deriva né da vaccino né da tampone sarebbe del tutto in contrasto con lo spirito della norma che alla base ci ha portato in questo girone di green pass, base, super e mega: se un soggetto non vaccinabile, per qualsivoglia motivo, ottiene il green pass, ci si troverebbe nella paradossale situazione in cui in uno stesso luogo di lavoro si potrebbero trovare soggetti vaccinati, soggetti tamponati e soggetti senza alcuna copertura, né da vaccino né da tampone: a quanto ci è stato detto, un potenziale pericolo per se stessi e per i propri colleghi.
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