Il fatto
Il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza del TRGA Trento n. 156/2021, si sofferma (tra l’altro) sul principio di segretezza nelle procedure evidenziali.
La decisione del Consiglio di Stato
Come osservato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2021, n. 5645; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2021, n. 4871; Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1734; Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2007, n. 196) nei casi in cui la procedura di gara (come nel caso dell’aggiudicazione dell’appalto con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa) sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase della valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio della segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione delle offerte tecniche, le offerte economiche devono restare segrete, dovendo essere interdetta al seggio di gara la conoscenza degli elementi economici e, in particolare, delle percentuali di ribasso, per evitare ogni influenza sulla valutazione dell’offerta tecnica.
Il principio di segretezza dell’offerta economica è presidio dell’attuazione della regola costituzionale della imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, sub specie della trasparenza e della par condicio, garantendosi così la libera valutazione dell’offerta tecnica (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, 23 dicembre 2021, n. 13384).
Peraltro, la tutela del principio di segretezza non può non essere integrale nel senso, cioè, che occorre evitare che esso sia esposto a rischio di lesione.
Così la sola possibilità di conoscere gli elementi attinenti all’offerta economica consente di modulare il giudizio sull’offerta tecnica sì da poterne sortire un effetto potenzialmente premiante nei confronti di una delle offerte complessivamente considerate (Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2009, n. 6007 ) e tale possibilità, anche solo eventuale, va ad inficiare la regolarità della procedura (Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 2009, n. 3217) essendo idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell’operato dell’organo valutativo (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2016, n. 3287; Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 731).
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Si tratta dell’applicazione di principi generali rispetto ai quali, peraltro, non è necessaria una specifica previsione da parte del bando di gara, impingendo la questione su parametri anche costituzionali di immediata applicazione (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2010, n. 6509).
Può dirsi così che, se è vero, in via generale, che l’annullamento (è irrilevante se in sede giurisdizionale o in autotutela) di un atto inserito in una sequenza procedimentale (e diverso, ovviamente, da quello conclusivo) comporta la rinnovazione dei soli atti successivi ad esso, e non comporta la caducazione di quelli anteriori, è anche vero che tale regola dev’esser armonizzata e coordinata, nelle procedure di aggiudicazione di un appalto, con il principio che impone la segretezza delle offerte economiche dinanzi alla Commissione di gara (Cons. Stato, A.P., 26 luglio 2012, n.30; Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n.824).
Tale principio è predicabile in ottica escludente – come visto – in relazione alle procedure incentrate sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e allo scopo di evitare che la conoscenza del prezzo richiesto possa influenzare i componenti del seggio di gara nella formazione dei giudizi relativi alle offerte tecniche (Cons. Stato, sez. V, 25 settembre 2010, n. 8230; Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 2006, n. 2612; Cons. Stato, sez. V, sez. VI, 16 giugno 2005, n. 3174).
Tale cogente esigenza, invece, non è predicabile nel caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, posto che in questa ipotesi la stazione appaltante non formula un giudizio di carattere discrezionale sull’offerta, ma si limita a verificare – con una attività di natura vincolata – la conformità dell’offerta stessa con le prescrizioni di cui alla disciplina di gara (T.a.r. Sicilia, Catania, sez. II, 28 settembre 2016, n. 2339; T.a.r. Basilicata, Potenza, sez. I, 7 gennaio 2019, n. 33).
L’argomentare qui in esame impone, poi, alcune riflessioni sulla disposizione di cui all’art. 83, co 8, dell’attuale Codice degli appalti (d.lgs. n. 50 del 2016) che deve essere letta in continuità ermeneutica con la norma di cui all’art. 46 comma 1 bis, del previgente Codice (d.lgs. n. 163 del 2006) ove si esplicitava che le irregolarità relative alla chiusura dei plichi, diverse dalla non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione, sono causa di esclusione solo se sono tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte
Tale disposizione, in realtà, codifica l’orientamento sostanzialista già invalso in giurisprudenza, per cui in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita quell’interpretazione che, in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione (T.a.r. Campania, Napoli, sez. IV, 2 ottobre 2018, n.5766).
Non solo. Secondo l’ormai stabile insegnamento giurisprudenziale, risalente alla pronuncia di Cons. Stato, A.P., 3 febbraio 2014, n. 8, nelle gare pubbliche la mancata indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura di valutazione comparativa concorsuale, implicitamente collegandosi all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed alla integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale.
Di conseguenza, ogni contestazione del concorrente, volta ad ipotizzare una possibile manomissione od esposizione a manomissione dei plichi, idonea a determinare un vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente, deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su di un piano di effettività ed efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuità dell’offerta, che va preservata in corso di gara.
Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche deve intendersi irrilevante una generica, e non circostanziata, allegazione dell’omessa indicazione nel verbale del soggetto responsabile della custodia dei plichi e del luogo di custodia degli stessi.
Infine un cenno merita la previsione ex art. 83, IX, d.lgs. n. 50 del 2016 secondo cui <<Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio (…)>>.
Recita ancora la norma: <<(…) la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara>>.
Il soccorso istruttorio ivi previsto è, secondo la consolidata giurisprudenza, volto a chiarire ed a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti (Cons. Stato, sez. III, 24 giugno 2014 n. 3198), non essendo invece invocabile qualora, in sede di gara sia emersa l’assoluta incertezza sul contenuto dell’offerta economica (Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2013, n. 5470): e ciò in quanto consentire, in tali casi, il ricorso al soccorso istruttorio equivarrebbe ad alterare la par condicio e a violare il principio della segretezza delle offerte (T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. I, 19 dicembre 2018, n. 1219).
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