Indice:
- I requisiti per accedere alle graduatorie AFAM
- L’individuazione della maturazione dell’anno accademico di insegnamento
- Si applica la disciplina delle istituzioni scolastiche
- La definizione di “anno di insegnamento”
- Il criterio di computo dell’anno di insegnamento
- Il computo del servizio prestato mediante collaborazione
I requisiti per accedere alle graduatorie AFAM
È legittimo il decreto del Ministero dell’istruzione, relativo al concorso per titoli per la costituzione di graduatorie nazionali nelle Istituzioni Afam statali, nella parte in cui, quanto ai requisiti fissati per l’inserimento, in relazione agli incarichi a tempo determinato, introduce due diversi criteri di computo dell’anno accademico di insegnamento. Sono due, e sono legittimi, i requisiti fissati dal Decreto del Ministero dell’Istruzione, impugnato al Consiglio di Stato, per il concorso per titoli, finalizzato alla costituzione di graduatorie nazionali nelle Istituzioni Afam statali:
- l’uno per gli incarichi a tempo determinato e per i contratti di collaborazione (di cui all’art. 273, d.lgs. n. 297/1994), che è riferito a 180 giorni di servizio;
- l’altro per i contratti di prestazione coordinata e continuativa e di prestazione d’opera intellettuale, che opera invece con riferimento allo svolgimento di almeno 125 ore di insegnamento, ritenendo maturato il requisito con lo svolgimento del monte ore a prescindere dai giorni di servizio prestati.
L’individuazione della maturazione dell’anno accademico di insegnamento
Secondo il collegio amministrativo il decreto del Ministero dell’Istruzione ha legittimamente individuato la maturazione dell’anno accademico di insegnamento, per gli incarichi a tempo determinato e per i contratti di collaborazione di cui all’art. 273 del T.U. Scuola, con lo svolgimento di almeno 180 giorni di servizio, senza prendere in considerazione il monte orario di insegnamento, atteso che con tale criterio esso ha applicato la nozione di “anno di insegnamento” contenuta nell’articolo 489, c. 1, d.lgs. n. 297/1994, come autenticamente interpretato dall’art. 11, c. 14, l. n. 124/1999. Lo stesso collegio ha aggiunto che l’art. 489, c. 1, del T.U. Scuola continua ad applicarsi alle Istituzioni Afam pur dopo l’entrata in vigore della l. n. 508/1999, sulla “Riforma delle Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati”.
Si applica la disciplina delle istituzioni scolastiche
I conservatori di musica, le accademie di belle arti, di arte drammatica e di danza (confluiti nelle Istituzioni Afam) risultavano già previsti e disciplinati dal T.U. Scuola negli articoli 264 e seguenti, prevedendo, in particolare, il c. 4 dell’articolo 264 che “…al personale direttivo dei conservatori di musica, dell’accademia nazionale di danza e dell’accademia nazionale di arte drammatica ed al personale docente delle predette istituzioni e delle accademie di belle arti si applicano le norme contenute nella parte III del presente testo unico, relative al personale direttivo e docente delle istituzioni scolastiche”. Norme tra le quali è compreso appunto il citato articolo 489 (come autenticamente interpretato).
La definizione di “anno di insegnamento”
La legge n. 508/1999, che riforma le Istituzioni Afam, non esclude l’attuale vigenza di tale norma e, dunque, dell’operatività della definizione di “anno di insegnamento” in essa contenuta (almeno 180 giorni di servizio) anche per i conservatori e le accademie di belle arti, atteso che essa prevede l’adozione di regolamenti attuativi e l’abrogazione delle disposizioni vigenti incompatibili con essi e con la legge, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti medesimi. L’art. 489, c. 1, d.lgs. n. 297/1994 non risulta incompatibile con la legge di riforma e la stessa non è stata oggetto di abrogazione da parte dei regolamenti attuativi. Per l’effetto, l’impugnato decreto ministeriale n. 645/2021 non poteva che applicare, relativamente ai rapporti di insegnamento sorti sulla base di contratti a tempo determinato, la definizione di anno accademico di insegnamento come svolgimento di almeno 180 giorni di servizio; escludendosi, pertanto, la possibilità di utilizzare nel computo medesimo il numero delle ore di insegnamento prestato, come invece operato per i contratti di prestazione coordinata e continuativa e per quelli di prestazione d’opera intellettuale.
Il criterio di computo dell’anno di insegnamento
Il collegio ha inoltre rilevato che il criterio del computo dell’anno di insegnamento riferito ai giorni di servizio e non alle ore di insegnamento prestate, risulta logico e ragionevole: nei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato la durata dei medesimi è stabilita in giorni o in mesi, coprendo ordinariamente la durata dell’intero anno, ed essi vengono utilizzati per la copertura di posti di organico vacanti e disponibili. Il docente viene retribuito, dunque, in proporzione al servizio prestato nell’anno, con riferimento alla sua durata, che è appunto determinata in giorni e in mesi. Per l’effetto, è ragionevole l’opzione di un criterio di computo dell’anno di insegnamento basato sui giorni di servizio prestati, atteso che la disposizione, per come affermato dall’amministrazione nella propria relazione istruttoria, è diretta ad evitare abusi da parte dei docenti, i quali potrebbero altrimenti concentrare le proprie attività di insegnamento nell’arco di pochi mesi e presenziare presso le istituzioni per limitati periodi di tempo nel corso dell’anno, con conseguenze pregiudizievoli per il buon andamento dell’attività dell’Istituzione.
Il computo del servizio prestato mediante collaborazione
Parimenti, per il collegio, è risultata logica, ragionevole e non discriminatoria, la scelta operata per il computo dell’insegnamento prestato con contratti di collaborazione continuativa e coordinata e di prestazione d’opera intellettuale, riferita alle ore di insegnamento e non ai giorni di servizio: per questi il computo in giorni di servizio non è possibile, poiché il docente è pagato ad ore e la durata del contratto, pur riferita all’anno accademico, è determinata in ore al cui espletamento consegue la cessazione del rapporto. Questi, inoltre, non ha vincoli di subordinazione e percepisce una retribuzione su base oraria secondo i criteri ed i limiti stabiliti da ogni Consiglio di amministrazione delle Istituzioni.
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