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La vicenda
I giudici d’appello, in riforma della sentenza del Tribunale, rigettavano le domande proposte da Tizia e Caio nei confronti dell’Ente Alfa per l’ottenimento della declaratoria di illegittimità dei licenziamenti agli stessi intimati per “sovradimensionamento strutturale”, in esito ad una procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 della I. n. 223 del 2001.
La censura
A questo punto, il caso approdava in Cassazione, davanti alla quale Tizia e Caio, tra i vari motivi sollevati, denunciavano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., in ordine all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dolendosi che la Corte distrettuale aveva ritenuto:
- da un lato, gravante su di essi l’onere di dimostrare che tutti i prestatori di lavoro inseriti nelle graduatorie, a dispetto del diverso inquadramento, avevano svolto mansioni amministrative fungibili, senza tenere conto del fatto che l’onere della prova sulla legittimità del licenziamento spetta al datore di lavoro;
- dall’altro, che la prova della fungibilità era stata comunque fornita mediante l’indicazione della classificazione del personale contenuta nel ccnl di riferimento.
La pronuncia della Suprema Corte
La Corte di Cassazione dava torto a Tizia e Caio stabilendo che “In tema di licenziamento collettivo per riduzione del personale, ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni”.
Secondo i giudici di legittimità, da un lato, a fronte della diversità di inquadramento fra i lavoratori considerati in esubero e quelli mantenuti in organico, era onere dei lavoratori dedurre e provare la non significatività della predetta diversità in ragione di una concreta fungibilità di svolgimento mansioni, dall’altro, l’eventuale omesso esame, ad opera del giudicante, di fatti attestanti la predetta fungibilità andava dedotto ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella ricorrenza dei presupposti ivi previsti.
Pertanto, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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