La disciplina incriminata
La Corte costituzionale ha esaminato, in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale rimettente su talune disposizioni del decreto legge n. 33 del 2020, recante “Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, entrato in vigore il 16 maggio 2020, e convertito con modificazioni dalla legge n. 74 del 2020.
La previsione delle sanzioni penali
La censura del giudice a quo ha riguardato le norme che hanno introdotto sanzioni penali nei confronti di chi, risultato positivo al Covid e sottoposto alla quarantena obbligatoria, avesse lasciato la propria dimora o abitazione. In dettaglio, il comma VI dell’articolo 1, aveva fatto divieto di mobilità dalla propria abitazione, o dimora, alle persone sottoposte alla misura della quarantena, per provvedimento dell’autorità sanitaria, in quanto risultate positive al virus Covid-19, fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria, ovvero altra struttura allo scopo destinata. L’articolo 2, rubricato “Sanzioni e controlli”, al III comma, aveva inoltre stabilito che, “Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 6, è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”.
La tesi sostenuta dal Tribunale remittente
Secondo il giudice a quo la quarantena obbligatoria incide non sulla libertà di circolazione dei cittadini (articolo 16 della Costituzione) bensì sulla libertà personale (articolo 13 della Costituzione) e che, pertanto, i relativi provvedimenti debbano essere adottati dall’autorità giudiziaria o, nell’impossibilità, averne la convalida.
In attesa del deposito della sentenza
L’Ufficio comunicazione e stampa, per l’intanto, ha fatto sapere, con un comunicato dell’8 aprile, che la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni. La quarantena obbligatoria e le relative sanzioni penali, così come regolate dalle disposizioni impugnate, incidono sulla sola libertà di circolazione. Non comportano alcuna coercizione fisica, sono disposte in via generale per motivi di sanità e si rivolgono a una indistinta pluralità di persone, accomunate dall’essere positive al virus trasmissibile ad altri per via aerea.
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