Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
Il fatto
Il Tribunale di Foggia dichiarava inammissibile una richiesta di ammissione al patrocinio a spese della Stato.
In particolare, se l’istanza di ammissione era depositata in data 31/3/2018, con successivo provvedimento del 5/6/2018, il giudice, però, invitava l’istante “ad integrare l’autocertificazione relativa alle condizioni di reddito prevista per l’ammissione al beneficio, comunicando la fonte del reddito indicato e allegando la dichiarazione dei redditi richiamata nella istanza entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento a pena d’inammissibilità”.
La documentazione integrativa era quindi depositata ma il Giudice dichiarava inammissibile l’istanza essendo la documentazione pervenuta ben oltre il termine disposto nella richiesta d’integrazione.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione l’interessato con il quale si deduceva l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 173, 177 cod. proc. pen., 79, comma 3 e 94, comma 1 d.P.R. 115/2002.
Nel dettaglio, il ricorrente faceva presente che il termine per produrre la documentazione integrativa richiesta dal giudice non poteva essere ritenuto a pena di inammissibilità dell’istanza medesima, rilevando al contempo, da un lato, che la norma di riferimento non prevede alcun termine per il deposito della documentazione integrativa, né alcuna sanzione collegata alla scadenza di detto termine, dall’altro, che la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, a seguito delle modifiche apportate all’art. 96 d.lgs. n. 115 del 2002 dal d. I. n. 92 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2008, l’inosservanza del termine per provvedere sull’istanza di ammissione (ovvero dieci giorni successivi a quello in cui detta istanza è stata presentata o è pervenuta) non è sanzionata in termini generali, ma si risolve in una mera irregolarità (Sez. 2, n. 18462 del 08/03/2017).
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era reputato infondato per le seguenti ragioni.
Si notava prima di tutto che, per un verso, l’art. 79 T.U. spese giustizia, dopo avere elencato il contenuto della richiesta di ammissione al patrocinio, prevede, al comma 3, che gli “interessati, se il giudice procedente o il consiglio dell’ordine degli avvocati competente a provvedere in via anticipata lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell’istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato”, per altro verso, l’art. 94, comma 1, T.U. cit. dispone che, ove vi sia impossibilità a presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità è consentito provvedere mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione (“In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta dall’articolo 79, comma 3, questa è sostituita, a pena di inammissibilità, da una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato”).
Orbene, terminato questo excursus normativo, i giudici di piazza Cavour notavano che, se è vero che la disposizione di cui all’art. 79, comma 3, d.P.R. 115/2002, pur prevedendo il potere-dovere del giudice di addivenire alla inammissibilità dell’istanza in caso di mancato deposito della documentazione necessaria alle verifiche che il giudice intenda attivare, non prevede un termine entro il quale la parte onerata a produrre la documentazione debba adempiere, è però altrettanto vero, a loro avviso, che ciò, tuttavia, non può tradursi in una pendenza sine die della procedura fino all’acquisizione della documentazione.
In particolare, la Suprema Corte evidenziava che, sotto questo profilo, ragioni di ordine sistematico inducono a ritenere che l’apposizione di un termine entro il quale adempiere al deposito della produzione richiesta non sia contrario all’assetto della disciplina, come sostenuto, invece, dalla difesa, fermo restando che, sempre secondo la Corte di legittimità, tale interpretazione è avvalorata dalla previsione di cui all’art. 96, comma 1, d.P.R. 115/2002, secondo la quale il giudice decide sull’istanza entro il termine di dieci giorni da quando è stata presentata o è pervenuta l’istanza.
Oltre a ciò, una volta dedotto che l’art. 94, comma 1, T.U. cit. prevede che, ove l’istante si trovi nell’impossibilità di presentare la documentazione necessaria ad accertare la veridicità, è consentito provvedere anche mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione, il Supremo Consesso giungeva alla conclusione secondo la quale, sebbene la giurisprudenza della Cassazione abbia recentemente ribadito che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 96 d.lgs. n. 115 del 2002 dal d.l. n. 92 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2008, l’inosservanza del termine per provvedere sull’istanza di ammissione si risolva in una mera irregolarità, salvo che tale omissione o ritardo comporti una effettiva lesione al diritto di difesa (Sez. 2, n. 18462 del 08/03/2017), l’ordinato svolgimento del procedimento imporrebbe che la richiesta di produzione di documentazione venisse esitata in un termine utile per consentire al giudice di provvedere sull’istanza entro i dieci giorni di cui all’art. 96, comma 1, T.U. cit..
Ebbene, declinando tale approdo ermeneutico rispetto al caso di specie, i giudici di legittimità ordinaria evidenziavano che la previsione del congruo termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento, per adempiere al deposito della documentazione richiesta, stabilita dal giudice nel caso in esame, non costituisce una imposizione gravosa, ma è al contrario tesa a favorire la parte nell’adempimento, dovendo comunque essere salvaguardata l’ineludibile esigenza di evitare una situazione di stallo del procedimento, tenuto conto altresì del fatto che la documentazione era stata depositata a distanza di oltre cinque mesi dalla notifica della richiesta, rendendo del tutto giustificata la decisione d’inammissibilità adottata.
La Suprema Corte, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, enunciava il seguente principio di diritto: “in tema di patrocinio a spese dello Stato, ove il giudice procedente, ai sensi dell’art. 79, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari delle spese di giustizia), richieda all’istante di produrre documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto contenuto nella richiesta di ammissione, è consentito indicare un termine entro il quale adempiere, in mancanza del quale si determinerebbe una situazione di stallo, con protrazione sine die del procedimento”.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto, con essa, la Cassazione afferma che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, è consentito indicare un termine entro il quale adempiere ove si debba produrre documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto contenuto nella richiesta di ammissione.
Difatti, in tale pronuncia, è formulato il principio di diritto secondo il quale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, ove il giudice procedente, ai sensi dell’art. 79, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari delle spese di giustizia), richieda all’istante di produrre documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto contenuto nella richiesta di ammissione, è consentito indicare un termine entro il quale adempiere, in mancanza del quale si determinerebbe una situazione di stallo, con protrazione sine die del procedimento.
Dunque, alla stregua di siffatto approdo ermeneutico, ove il giudice procedente faccia una richiesta in tal senso, è sconsigliabile non attenersi al termine indicato da costui per produrre la documentazione richiesta, essendoci l’evidente rischio che, almeno alla luce di codesto orientamento nomofilattico, come nella fattispecie in esame, una istanza di ammissione al gratuito patrocinio possa essere dichiarata inammissibile.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, dunque, proprio perché fa chiarezza su tale questione giuridica, non può che essere positivo.
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