Condominio, risarcimento danni per ritardato inizio dei lavori

I condomini che devono compiere opere nell’appartamento non possono richiedere un risarcimento danni per ritardato inizio dei lavori al vicino – proprietario del fondo su cui devono essere installati i ponteggi – se non lo hanno preavvertito in tempo.

Riferimenti normativi: art. 843 c.c.

Precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28234 del 26/11/2008

Indice:

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

La vicenda

I proprietari di un appartamento in condominio decidevano di procedere a lavori di sopraelevazione; il proprietario di un fondo vicino, però, ritardava nel consentire l’accesso alla sua proprietà all’impresa appaltatrice a cui erano stati affidati i lavori, accesso necessario per l’installazione dei ponteggi. Successivamente i proprietari dell’appartamento citavano in giudizio il vicino per chiedere un risarcimento per il danno derivato dal ritardo nell’avvio dei lavori. Il Tribunale dava ragione agli attori; la Corte di Appello invece dava ragione al proprietario del fondo vicino, escludendo una sua responsabilità solo per essersi opposto alla pretesa del vicino. Secondo i giudici di secondo grado il ritardo nell’esecuzione dell’opera appaltata era da imputare esclusivamente ai proprietari dell’appartamento, i quali prima di sottoscrivere il contratto di appalto avrebbero dovuto munirsi di “preventivo” consenso all’accesso sul fondo del vicino così da non incorrere in eventuali ritardi nell’installazione dei ponteggi e conseguentemente subire possibili danni. I proprietari dell’appartamento ricorrevano in cassazione, ribadendo, in buona sostanza, tutte le ragioni già esposte nei due gradi di giudizio.

La questione

I condomini che devono compiere opere nell’appartamento possono richiedere un risarcimento danni per ritardato inizio dei lavori al vicino – proprietario del fondo su cui devono essere installati i ponteggi –  anche se non lo hanno preavvertito in tempo?

La soluzione

La Cassazione ha aderito pienamente alle conclusioni dei giudici di secondo grado. Del resto – come sottolineano i giudici supremi – gli attori non hanno provato che i lavori in questione dovevano necessariamente iniziare alla data da loro unilateralmente stabilita con la ditta appaltatrice anziché concordare la stessa con il proprietario dell’area ove dovevano essere collocate le impalcature; inoltre i giudici supremi hanno evidenziato, tra l’altro,  come i ricorrenti non abbiano nemmeno dimostrato la necessità di dover accedere al fondo per l’esecuzione di lavori per l’impossibilità di utilizzare modalità alternative (es. carrelli elevatori). In ogni caso la Cassazione sottolinea che un ricorso dinanzi ai giudici di legittimità, non può e non deve rappresentare una mera riproposizione delle argomentazioni difensive già addotte nei precedenti gradi di giudizio, né tantomeno puntare sul riesame del quadro probatorio.

Le riflessioni conclusive

L’art. 843 del codice civile, che regola l’accesso al fondo, stabilisce che il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.

Si noti che l’obbligo di consentire l’accesso ed il passaggio nella sua proprietà non trova la sua fonte in un diritto di servitù a favore del fondo confinante, integrando, invece, gli estremi di una “obligatio propter rem” che si risolve in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo, funzionale al soddisfacimento di una utilità occasionale del vicino; il vicino proprietario deve consentire l’accesso e la momentanea occupazione degli spazi necessari al compimento delle operazioni di manutenzione e rifacimento di una parte comune tutte le volte in cui l’impedimento dell’accesso stesso renderebbe impossibile il compimento delle necessarie riparazioni. L’accesso ed il passaggio del vicino nel fondo altrui sono, quindi, sempre consentiti purché l’attività di immissione nell’altrui proprietà sia essenzialmente temporanea e giustificata dall’esigenza di non poter altrimenti eseguire la riparazione del bene comune.

Si può, quindi, affermare che l’autorizzazione al passaggio sul fondo del singolo condomino si rende obbligatoria per il proprietario dello stesso quando ne è provata la necessità per l’opera da realizzare (Cass. civ., sez. II, 19/07/2021, n. 20555).

Si noti che, ai fini della verifica delle condizioni di cui all’art. 843 c.c., la valutazione comparativa dei contrapposti interessi delle parti deve essere compiuta con riferimento alla necessità non della costruzione o manutenzione, ma dell’ingresso e del transito, nel senso che l’utilizzazione del fondo del vicino non è consentita ove sia comunque possibile eseguire i lavori sul fondo stesso di chi intende intraprenderli, oppure su quello di un terzo, con minore suo sacrificio (Cass. civ., sez. II, 26/11/2008, n. 28234).

Naturalmente l’accesso al fondo del vicino, consentito dall’art. 843 c. c., permette implicitamente che l’accesso sia accompagnato anche dal deposito di cose, operazione necessariamente strumentale alla costruzione.

A fine lavori, però, deve essere eliminata, a cura e spese del depositante (cui, sin dall’inizio, fa carico l’obbligo del ripristino) ogni conseguenza implicante una perdurante diminuzione del diritto del singolo condomino che, invece, deve riprendere la sua originaria ampiezza.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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