Mantenimento dei diritti e delle prerogative sindacali in caso di cessione di ramo di azienda

La sentenza in commento tratta della qualificazione del trasferimento a decorrere dall’1.1.2021, senza soluzione di continuità, dei dipendenti di una società di trasporto pubblico (ATP) ad altra società di trasporto pubblico  (AMT).

L’azienda che   ha preso in carico i lavoratori “ trasferiti” non ha riconosciuto i diritti sindacali alla Organizzazione sindacale che li gestiva nella prima società, in particolare non convocandola ai tavoli di armonizzazione convocati con le altre OO.SS  per discutere delle questioni afferenti al rapporto di  lavoro degli stessi e negando  gli altri diritti sindacali (  quali la costituzione della RSA e  concessione di  permessi sindacali, etc.)..

La Organizzazione sindacale ha attivato un’azione ex art.28 L.300 per comportamento antisindacale nei confronti della società ricevente.

Il Giudice di prime cure ha respinto la richiesta nell’assunto che il trasferimento dei predetti lavoratori sarebbe stato  effettuato in forza della clausola sociale ex art 16 L.R. n.33/2013.

<Ora, il richiamo operato dall ‘art. 16 LR 33/2013, disciplinante la “sostituzione del soggetto gestore” –chiarisce il Giudice-nel prevedere il regime del rapporto di lavoro del personale presso l’azienda subentrante e circondandolo di garanzie, fa in effetti riferimento all’art. 2112 c.c. ma tale letterale rinvio deve intendersi al fine di creare solo un parallelo regime di. favore per il personale interessato al cambio di gestione, anche e proprio per i casi diversi dal trasferimento o cessione di azienda (altrimenti, come anche osservato da parte resistente, l’art 16 sarebbe stato del tutto superfluo). Inoltre, i mezzi di trasporto utilizzati risultano essere stati acquistati da AMT spa indipendentemente dal passaggio di personale (a fine anno 2020, e neppure integralmente, avendo ATP Esercizio srl conservato la proprietà di alcuni scuola bus per i servizi di trasporto ancora svolti dalla stessa,) così come gli immobili e le strutture con le quali ATP Esercizio srl operava è emerso, già dal 2017, che fossero di proprietà della società resistente.

Quest’ultima, infine, non ha neppure acquisito da ATP Esercizio srl la concessione relativa alla gestione delle linee, in quanto assegnatale dalla città Metropolitana ex novo.

Nessuna acquisizione di azienda o di ramo della stessa può dirsi quindi, neppure di fatto, nel caso concreto essersi verificata, pertanto nessun passaggio di prerogative sindacali, già esistenti con ATP Esercizio srl può essere, su tale base, avvenuto.

Neppure appare, nella fattispecie, che a sostegno della tesi di parte ricorrente possa essere invocato l’art. 6 comma 1 della Direttiva 2001/23, in quanto presupponente, in ipotesi di trasferimento di personale, e al fine del mantenimento in capo alle rappresentanze dei lavoratori, di identiche modalità e condizioni di status e , funzione antecedenti al trasferimento, ferma restando la sussistenza di ulteriori presupposti, che l’impresa, lo stabilimento, o loro parti, abbiano conservato una loro autonomia.>

Di diverso avviso è stato il Giudice dell’opposizione  che  richiamando la giurisprudenza nazionale e comunitaria, ha ravvisato nella fattispecie una cessione di ramo di azienda.

Infatti, è pacifico ormai da molti anni  in giurisprudenza, – asserisce il Giudicante- ancor più a seguito della modifica dell’art. 21 12 c.c. per adeguarlo al diritto UE in funzione dell’ampliamento della relativa funzione garantistica, che debba accogliersi una nozione ampia di cessione d’azienda/di ramo d’azienda.

A ciò non osterebbe il fatto che il passaggio dell’unità non sia avvento per accordi tra le due società ma che la concessione del servizio sia stata assegnata alla società subentrante dalla Autorità Pubblica.

Il Giudice ha quindi verificato la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa nazionale ed europea; in particolare il requisito della autonomia funzionale e della preesistenza del  ramo a monte del trasferimento e della identità dello stesso a valle del trasferimento.

Appurato ciò il Giudice è passato a trattare il tema della continuità  nel trasferimento dell’esercizio dei diritti e delle prerogative sindacali.

Ha ricordato che la giurisprudenza di legittimità si è espressa, sull’argomento, già da tempo, per affermare che: «In conformità a quanto previsto nella normativa comunitaria (direttive del Consiglio CEE n. 77/187 e 2001/23), il trasferimento d’azienda, con il passaggio di una parte dei lavoratori alle dipendenze di un’impresa cessionaria, così come non comporta l’interruzione dei rapporti dei dipendenti “ceduti”, neanche comporta di per sé l’automatica caducazione delle competenze e degli “status” sindacali preesistenti, i quali sono funzionali, per loro natura, alla tutela degli stessi lavoratori trasferiti>> (Cass. 6723/2003).

La Corte ha continuato nel senso che  una volta ritenuta sussistente «… l’identità dell’azienda trasferita… e, in particolare, la permanenza del personale ad essa addetto, anche dopo l’operazione traslativa…», se ne può legittimamente trarre «… la permanenza – con l’identità dell’organico – della stessa base elettorale da cui… [la rappresentante sindacale, membro della R.S.U.]… traeva la sua capacità rappresentativa, almeno fino a nuove elezioni, peraltro già fissate…».

Secondo la Corte,«l’avviso… appare del tutto coerente alla disciplina dettata dall’art. 2112 c.c., norma, questa, da “leggersi in conformità con i principi enunciati dalle direttive del Consiglio CEE n. 77/187 del 14.2.1977 (da ultimo aggiornata con la direttiva n. 2001/23/CEE del 12.3.2001) il cui art. 5, n. 1 espressamente stabilisce che “qualora lo stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e le funzioni dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento… “. Detta previsione non trova applicazione se “in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari, ed amministrative o della prassi degli Stati membri, esistono le condizioni necessarie alla nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o alla nuova formazione della rappresentanza dei lavoratori”

Nel diritto UE viene quindi in considerazione, all’uopo, il criterio dell’ “autonomia” (cui si accenna anche nella decisione della S.C. appena citata), in un’accezione in parte differente da quella già indicata, in quanto fondata sulla previsione di cui (in oggi) alla Direttiva 2001/23 – che ha proceduto alla codificazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE – che all’art. 6 prevede: “1.Qualora limpresa, lo stabilimento o parte di un’impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori”.

Nella giurisprudenza eurounitaria, con riguardo alla materia sindacale, si delinea quindi una nozione di “autonomia” che individua un posterius, rispetto al prius costituito dal “trasferimento” d’azienda

 

Sentenza collegata

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Avv. Viceconte Massimo

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