Malversazione di erogazioni pubbliche (art. 316 bis c.p.) 

La fattispecie delittuosa di malversazione di erogazioni pubbliche (art. 316 bis c.p.) è disciplinata nel libro II del codice penale – dei delitti in particolare – titolo II – dei delitti contro la pubblica amministrazione – capo I – dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Tale norma è posta a presidio del corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione. Nello specifico, il legislatore con la norma de quo mira a tutelare il buon andamento della P.A., che, attraverso lo stanziamento del denaro, cura l’interesse pubblico richiestole, servendosi dell’ausilio del cittadino privato come collaboratore. Quest’ultimo, però, ponendo in essere dei comportamenti qui censurati, ostacola, di fatto, il perseguimento della finalità pubblica. Si tratta di un delitto procedibile d’ufficio (art. 50 c.p.p.) e di competenza del Tribunale collegiale (art. 33 bis c.p.p.). L’arresto è facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.), è consentito il fermo di indiziato di delitto (art. 384 c.p.p.). Sono consentite le misure cautelari personali (artt. 280 e 287 c.p.p.). 

Indice

  1. Malversazione di erogazioni pubbliche (art. 316 bis c.p.)
  2. Rapporti con il reato di truffa

1. Malversazione di erogazioni pubbliche (art. 316 bis c.p.)

La fattispecie delittuosa di falso giuramento della parte (art. 316 bis c.p.) è contestabile a “Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni [32 quater].

La norma in scrutinio è stata introdotta dalla legge 26 aprile 1990, n. 86Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione -, per contrastare, attraverso l’irrogazione della sanzione penale, l’allarmante piaga delle frodi nell’ambito dei finanziamenti pubblici. Per completezza dell’esposizione, giova ricordare che il legislatore nel corso del tempo era, già,  intervenuto per contrastare le frodi in materia comunitaria con: il D.L. 21 novembre 1967, n. 1051 – Norme per l’erogazione della integrazione di prezzo per l’olio di oliva di produzione 1967 – 68 – e con la L. 23-12-1986 n. 898 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo – .

La presenza del pronome “chiunque” descrive la natura di un delitto comune, ciò ha sollecitato un vivace dibattito ad opera della dottrina in relazione alla collocazione, ritenuta inspiegabile, della norma in seno ai delitti compiuti dai pubblici ufficiali contro la P.A. Invero, nonostante la sua collocazione, non può passare inosservato il fatto che il reato può essere compiuto solamente da un privato, pur conservando la natura di reato proprio, in relazione alla necessità che a compierlo sia il beneficiario del contributo o del finanziamento.

La condotta della malversazione è determinata dalla ricezione delle sovvenzioni pubbliche, provenienti dagli enti previsti dal legislatore. Trattasi di erogazioni con vincolo di destinazione dato che il comportamento censurato, dal legislatore, consiste nell’utilizzo delle somme percepite per finalità diverse a quelle previste. Pertanto, il comportamento consiste nella mancata destinazione delle risorse percepite all’ attuazione dell’attività prestabilita. 

Con riguardo all’elemento oggettivo, secondo dottrina maggioritaria ciò configura un reato omissivo proprio constando il comportamento nell’omessa corretta assegnazione del finanziamento erogato e che, secondo la consolidata giurisprudenza costituisce il presupposto del reato. Invero, secondo l’orientamento minoritario si tratterebbe di un reato commissivo, dato il cattivo utilizzo nella diversa destinazione della somma percepita. 

In merito all’elemento soggettivo è richiesto il dolo generico consistente nella coscienza e nella volontà di distrarre le somme percepite alla finalità prestabilita al momento della concessione delle risorse finanziarie. 

La violazione di un pubblico interesse specifico e, quindi, non generico comporta la configurabilità della fattispecie in scrutinio, non solo quando il privato distragga le somme trattenendole a finì personali, anche quando il beneficiario destini le sovvenzioni ad un finalità pubblica diversa da quella destinataria dell’erogazione. La finalità dell’articolo in scrutinio non è tanto quella di assicurare l’esecuzione delle attività d’interesse pubblico, bensì, nello specifico, assicurare il vincolo di destinazione (e per esso il corretto utilizzo delle finanze pubbliche) stante alla base della deliberazione della Pubblica Amministrazione di elargire l’erogazione finanziaria. In altri termini, la ratio della norma de qua è quella di garantire il vincolo di destinazione delle somme percepite e il corretto uso delle finanze pubbliche.

Il soggetto passivo è lo Stato, così sul punto la giurisprudenza: “Nel reato di malversazione a danno dello Stato, persona offesa è esclusivamente il soggetto pubblico, in quanto il reato previsto dall’art.316-bis cod. pen. è posto a tutela della corretta gestione e utilizzazione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica sicché il privato danneggiato dal reato non è legittimato a proporre opposizione avverso la richiesta di archiviazione”. (Cass. n. 42924/2018).

Affinché possa configurarsi la fattispecie delittuosa de qua la malversazione deve avvenire ai danni di un organismo pubblico disciplinato ai sensi  dell’art. 3, comma 26, d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, così sul punto la Corte di Cassazione: “Ai fini della sussistenza del delitto di malversazione ai danni dello Stato, l’ente pubblico erogatore dei fondi distratti dalla loro destinazione si identifica con l’organismo pubblico di cui all’art. 3, comma 26, d.l.vo 12 aprile 2006, n.163, per cui è tale qualsiasi organismo, dotato di personalità giuridica, istituito, anche in forma societaria, per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia sottoposta al controllo di questi ultimi ovvero il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da componenti dei quali più della metà sia designata dai medesimi soggetti suindicati”. (Cass.  n. 40830/2010 e Cass. n. 17343/2013).

La norma de qua, nello specifico, censura quelle condotte che, per difetto di artefici e/o raggiri, difficilmente potevano ricondursi alle molteplici fattispecie di truffa.

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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).   Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

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2. Rapporti con il reato di truffa

L’orientamento prevalente riconduce la diversità con il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche  di cui all’art. 640 bis c.p. nella difformità dei beni giuridici protetti (ovvero il patrimonio della Pubblica Amministrazione nel delitto di truffa, il buon andamento della Pubblica Amministrazione nella malversazione), sia in merito alla natura della condotta. Invero, se la truffa di cui all’art. 640 bis censura il comportamento a monte dell’erogazione, ottenuta mediante artifizi e/o raggiri, la malversazione di cui all’art. 316 bis c.p. censura il comportamento a valle, ossia la distrazione delle somme erogate rispetto alla finalità destinata. Quindi, le due fattispecie delittuose potranno, anche, concorrere non sussistendo un nesso di specialità. Il merito al rapporto tra le due norme si segnala il seguente arresto giurisprudenziale: “Il reato di malversazione in danno dello Stato (art. 316 bis c.p.) può concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)”. (Cass. n. 43349/2011). Ed ancora: “Il reato di malversazione ai danni dello Stato concorre con quello di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in ragione dell’autonomia delle due fattispecie”. (Cass. n. 20664/2017).

Infine, si segnala che la rubrica è stata modificata dall’art. 2, comma 1, lettera b), del D.L. 25 febbraio 2022, n. 13 – Misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché  sull’elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili -.

 

Avvocato Rosario Bello

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