- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 322)
1. Il fatto
Il Tribunale di Roma, parzialmente in accoglimento della richiesta di riesame formulata dall’indagato, aveva confermato una ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina che, a sua volta, aveva applicato gli arresti domiciliari nei confronti del richiedente con riferimento al reato di tentata estorsione di cui al capo 4), annullandola limitatamente al reato di cui al capo 5) in cui gli era contestato il delitto di cui all’art. 322, secondo comma, cod. pen. perché, secondo la prospettazione accusatoria, avrebbe offerto un’utilità non dovuta a un Comandante del porto Tenente di Vascello, pubblico ufficiale, onde indurlo a compiere un atto contrario ai propri doveri e, segnatamente, affinché senz’altro esprimesse – in linea con la prassi seguita dai suoi predecessori – un parere favorevole ai sensi dell’art. 9, secondo comma, della legge 16 marzo 2001, n. 88, propedeutico al rilascio di una nuova concessione demaniale marittima; in particolare, la persona sottoposta alle indagini avrebbe offerto trentaquattro biglietti per l’accesso a un parco divertimento luna park a questo Comandante che non avrebbe accettato, denunciando i fatti all’autorità giudiziaria.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina, chiedendo l’annullamento, deducendo a tal proposito l’omissione e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
In particolare, la pubblica accusa si doleva di come il Tribunale del riesame avesse sovrastimato l’esiguità dell’offerta, obliterando il contesto dell’incontro e il valore della richiesta, fondata non solo sull’offerta dei biglietti ma anche sul richiamo alla prassi, consolidatasi negli anni precedenti, di rilascio di concessioni attraverso regalie mentre l’offerta avrebbe dovuto essere seria e idonea a incidere sulle determinazioni del pubblico ufficiale posto che il delitto di cui all’art. 322, secondo comma, cod. pen. non richiede che l’utilità offerta sia proporzionata alla prestazione illecita richiesta.
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era dichiarato inammissibile in quanto i motivi nello stesso proposti, per la Corte di legittimità, si rivelavano diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati; più nel dettaglio, l’inammissibilità del motivo proposto era fatto discendere dal fatto che il pubblico ministero ricorrente, sempre ad avviso della Cassazione, non aveva dimostrato l’illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, ma si è limitato a ribadire, anche mediante l’esposizione di ampi stralci dei risultati delle indagini, la fondatezza dell’impostazione accusatoria.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, invero, non sono deducibili con il ricorso per Cassazione censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex plurimis: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015), tenuto conto altresì del fatto che la proposizione di una tesi alternativa, ritenuta maggiormente plausibile rispetto alla tesi illustrata nella decisione impugnata, prescindendo dalla evidenziazione delle aporie logiche contenute nella stessa è, del resto, attività non consentita nel giudizio di legittimità dato che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove (ex plurimís: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003).
Pertanto, alla stregua di quanto sin qui esposto, le censure formulate dal pubblico ministero ricorrente si rivelavano, per la Corte di legittimità, inammissibili in quanto contestavano in fatto l’apprezzamento dell’ordinanza impugnata, senza dimostrarne la contraddittorietà o la manifesta illogicità, e ne sollecitavano un riesame di merito mediante una rinnovata valutazione di elementi probatori.
Oltre a ciò, era altresì fatto presente che la valutazione operata dal Tribunale di Roma, secondo gli Ermellini, non si rivelava manifestamente illogica atteso che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’offerta o la promessa di donativi di modesta entità integrano il delitto di istigazione alla corruzione solo qualora la condotta sia caratterizzata da un’adeguata serietà, da valutare alla stregua delle condizioni dell’offerente nonché delle circostanze di tempo e di luogo in cui l’episodio si colloca, e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale (ex plurimis, Sez. 6, n. 1935 del 04/11/2015).
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour ritenevano come il Tribunale del riesame, nell’escludere la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato di istigazione alla corruzione passiva, non avesse illogicamente obliterato le condizioni di contesto (recte: tutte le circostanze della situazione contingente e le prassi illecite instauratasi in passato), ma avesse ritenuto che il carattere modico della somma offerta assumesse valenza preponderante rispetto agli altri elementi acquisiti e, dunque, ciò non consentisse di ritenere comprovata la serietà dell’offerta, anche in relazione alle dinamiche del colloquio, per come accertate.
4. Conclusioni
La decisione in oggetto desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’offerta o la promessa di donativi di modesta entità integrano il delitto di istigazione alla corruzione solo qualora la condotta sia caratterizzata da un’adeguata serietà, da valutare alla stregua delle condizioni dell’offerente nonché delle circostanze di tempo e di luogo in cui l’episodio si colloca, e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare quando l’offerta di denaro o la promessa di donativi, seppur di modesta entità, sia in grado di integrare la fattispecie delittuosa preveduta dall’art. 322 cod. pen..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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