La vicenda sottoposta al vaglio dei giudici amministrativi era relativa ad una concessione edilizia, rilasciata da un Comune siciliano, in favore di una donna che, grazie a tale titolo concessorio, realizzava una concimaia, all’interno del proprio fondo, al fine di asservirla ad un maneggio.
Una società, proprietaria del fondo contiguo, agiva dinnanzi al T.A.R. Catania impugnando tale titolo concessorio ritenendo che la il predetto titolo fosse stato rilasciato in violazione delle distanze imposte dalla disciplina urbanistica comunale e, dunque, ne eccepiva l’illegittimità.
Il T.A.R. Catania, all’esito dell’udienza del 4 luglio 2022, respingeva il ricorso con la sopracitata sentenza accogliendo le censure, avanzate dallo scrivente, circa l’inammissibilità dell’azione per carenza di interesse a ricorrere.
Per il Tribunale Amministrativo è stato sufficiente richiamare la recente Adunanza Plenaria n. 22 del 9 dicembre 2021 la quale ha chiarito che non è sufficiente la semplice vicinitas, quale criterio sufficiente ed idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi, ma è necessario che vi sia anche un interesse ad agire.
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L’Adunanza Plenaria ha difatti ribadito che “nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato”.
Il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria ha chiarito, difatti, che “il ragionamento intorno all’interesse al ricorso si lega necessariamente all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio; utilità che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto. Tale pregiudizio, a fronte di un intervento edilizio contra legem, è rinvenuto in giurisprudenza nel possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero nella compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata; ovvero ancora nella diminuzione di aria, luce, visuale, panorama, ma anche menomazione di valori urbanistici, degradazioni dell’ambiente in conseguenza dell’aumentato carico urbanistico in termini di riduzione di servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico”.
Nel caso sottoposto al T.A.R. Catania, la società ricorrente non ha mai dimostrato, nel corso di giudizio, quale sarebbe stato l’interesse leso ed il pregiudizio sofferto, pertanto il ricorso veniva respinto.
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