La contraffazione grossolana non esclude il delitto all’art. 474 cod. pen

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 Il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. è configurabile anche nel caso di contraffazione grossolana

     Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 474)

1. Il fatto

La Corte di Appello di Catania confermava una sentenza del Tribunale di Siracusa in forza della quale l’imputato era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione per i reati contestati di cui al capo b) (art. 474 c.p.) ed a) (art. 648 c.p., ritenuta l’ipotesi di cui al cpv).

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore di fiducia dell’imputato il quale deduceva i seguenti motivi: 1) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del reato di cui all’ art. 474  c.p.  posto che, ad avviso della difesa, l’imputato doveva essere assolto da tale reato, trattandosi di ipotesi di falsificazione grossolana dei prodotti; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 69, 99 e 157 c.p., assumendosi che nella specie la Corte di Appello aveva omesso una doverosa motivazione in ordine al bilanciamento fra circostanze attenuanti generiche che, operato in termini di equivalenza, avrebbe determinato la prescrizione del reato, e, quindi, nel caso in esame, la sentenza doveva essere annullata senza rinvio in ragione della maturazione della prescrizione di tutti e due i reati o, comunque, con rinvio al fine di rivalutare il profilo di bilanciamento fra le erroneamente non concesse attenuanti generiche e la recidiva.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il primo motivo era reputato manifestatamente infondato atteso che integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno. (Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019), tenuto conto altresì del fatto che, ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen., un marchio si intende contraffatto quando la confusione con un segno distintivo similare emerga non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo cioè all’insieme degli elementi salienti – grafici, fonetici o visivi – tenendo, altresì, presente che, ove si tratti di un marchio “forte“, sono illegittime anche le variazioni, sia pure rilevanti ed originali, che lasciano sussistere l’identità sostanziale del nucleo ideologico in cui si riassume l’attitudine individuante (Sez. 2, n. 40324 del 07/06/2019 – dep. 02/10/2019, omissis, Rv. 27704901), senza ignorare anche come sia stato del resto chiarito (Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001; Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008) che il delitto di ricettazione (art. 648cod. pen.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono concorrere dato che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.

Oltre a ciò, la Suprema Corte riteneva come la sentenza impugnata fosse tra l’altro immune da censure quanto alla determinazione della pena, in particolare con riferimento alle circostanze attenuanti generiche non concesse, come espressamente motivato dal Tribunale, in ragione dei precedenti penali anche specifici a carico dell’imputato, giudizio confermato dalla Corte territoriale.

Inoltre, preso atto di come la Corte di Appello, alla luce della contestata recidiva, aveva ritenuto non prescritto il reato di cui all’art. 474 c.p., gli Ermellini richiamavano in proposito il principio di diritto fissato dalle S.U. secondo cui, in tema di recidiva, la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell’imputato ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica il riconoscimento della recidiva contestata in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti, sicché di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato (Sentenza n. 20808 del 25/10/2018).

Tal che se ne faceva discendere che, poiché nel caso di specie il Tribunale non aveva riconosciuto la recidiva, né risultava avere operato un aumento di pena per la stessa, ad avviso del Supremo Consesso, il reato di cui all’art. 474 c.p., tenuto conto del tempus commissi delicti (23/11/2012) e dei tempi ordinari di prescrizione (sette anni e mezzo tenuto conto della intervenuta interruzione), era già prescritto, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, mentre, per quanto concerne il reato di ricettazione, veniva, per contro, osservato che in ragione del tempus commissi delicti e dei tempi ordinari di prescrizione (anni dieci, considerata la intervenuta interruzione) alla data della deliberazione della sentenza di appello, tale reato non era prescritto, ricordandosi a tal riguardo che, in tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non costituisce una autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale, sicchè, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo (Sez. 2, Sentenza n. 4032 del 10/01/2013).

La sentenza in esame, pertanto, era annullata senza rinvio, limitatamente al reato di cui all’art. 474 c.p., perché estinto per prescrizione, con rideterminazione della pena in complessivi mesi cinque di reclusione ed euro 150,00 di multa.

4. Conclusioni 

La decisione in commento desta un certo interesse nella parte in cui è ivi asserito, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. è configurabile anche nel caso di contraffazione grossolana.

E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di questo approdo ermeneutico, sostenere una linea difensiva volta a ritenere insussistente tale illecito penale per grossolanità della contraffazione.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

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