Attività del giudice pregiudicante l’esercizio di funzioni in altri gradi

Scarica PDF Stampa
Quale attività pregiudicante va intesa, come tale, ai fini dell’incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen.

    Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione 
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 34)

1. Il fatto

La Corte di Appello di Perugia dichiarava inammissibile una “nuova” richiesta di revisione di una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma che, a sua volta, aveva confermato una condanna per il reato di tentata concussione, con abuso dei poteri.

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante, deducendo violazione della legge processuale (in tema di ravvisata incompatibilità ed incompetenza funzionale del Collegio di merito a decidere sulla nuova istanza) e, nel merito della dichiarata inammissibilità, la violazione della legge processuale che regola l’ampiezza e la profondità della cognizione nel preliminare vaglio sulla istanza di revisione, con i conseguenti vizi di motivazione, (reputata dalla difesa) apodittica e meramente assertiva, della decisione impugnata.


Potrebbe interessarti anche:


3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione 

Il ricorso era stimato inammissibile.

A proposito della prima doglianza, gli Ermellini, a sostegno della sua reiezione, richiamavano quell’orientamento nomofilattico secondo cui non sussiste alcuna incompatibilità per il giudice che, dopo avere pronunciato ordinanza di inammissibilità della revisione, venga chiamato a decidere su nuova richiesta di revisione concernente lo stesso soggetto e la medesima sentenza (Sez. 5, n. 44685, del 13/10/2021; Sez. 1, n. 13561 del 10/03/2010; Sez. 5, n. 610 del 05/02/1999), rilevandosi al contempo che la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire che l’istituto dell’incompatibilità (art. 34 cod. proc. pen.) è teso a prevenire situazioni di pregiudizio per l’imparzialità del giudice che si verificano all’interno del medesimo procedimento e concernono la medesima regiudicanda, non riguardando invece i diversi procedimenti che possano essere generati dallo stesso fatto storico.

Le norme sull’incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento sono quindi volte ad evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla “forza della prevenzione” – ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione già presa o a mantenere un atteggiamento già assunto – scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda.

In questa prospettiva, dunque, il comma 1 dell’art. 34, cod. proc. pen. si occupa, in via prioritaria, delle ipotesi di incompatibilità “verticale“, determinata dalla catena devolutiva ma limita tale incompatibilità – sia essa “ascendente” o “discendente” – al giudice che, in un grado del procedimento, abbia pronunciato o’ concorso a pronunciare sentenza, con ciò escludendo che l’incompatibilità si determini a fronte dell’avvenuta pronuncia di provvedimenti effimeri, resi nell’ambito di diversi giudizi (sulle finalità delle norme sull’incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, di cui all’art. 34 cod. proc. pen. si richiamavano le sentenze n. 153 del 2012, n. 177 del 2010 e n. 224 del 2001).

Ebbene, a fronte di ciò, si escludeva, invece, che, in sede di revisione, sussistano situazioni di incompatibilità “orizzontale” atteso che «come attività pregiudicante ai fini dell’incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen. va intesa quella che implica una valutazione nel merito sull’accusa, e come sede pregiudicata quella giurisdizionale diretta a decidere sul merito stesso dell’accusa o di una misura de libertate» (V. Sez. 6, n. 20685 del 13/05/2016; Sez. 3, n. 24961 del 20/04/2005) e, pertanto, nelle ipotesi di nuove delibazioni sulla ammissibilità della richiesta revisione, non viene a configurarsi alcuna ipotesi in incompatibilità del giudice, fatti salvi specifici casi di astensione o ricusazione in presenza di situazioni che possano pregiudicare la terzietà e l’imparzialità del giudice, così da assicurare l’osservanza del principio costituzionale del giusto processo ex art. 111, secondo comma, Cost., secondo le cause tassativamente previste dagli artt. 36 e 37 cod. proc. pen. che, in quanto disposizioni eccezionali, non possono essere oggetto di interpretazione estensiva, né applicate in via analogica.

Oltre a ciò, era altresì fatto presente che, da un lato, in ordine ai criteri generali di valutazione dell’imparzialità del giudice, richiesta dall’art. 6, paragrafo 1, CEDU, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo è consolidata nel ritenere che l’imparzialità deve essere apprezzata secondo due criteri: il criterio soggettivo consiste nello stabilire se dalle convinzioni personali e dal comportamento di un determinato giudice si possa desumere che egli abbia una idea preconcetta rispetto a una particolare controversia sottoposta al suo esame e, sotto tale profilo, l’imparzialità del giudice è presunta fino a prova contraria; il criterio oggettivo impone, invece, di valutare se, a prescindere dalla condotta del giudice, esistano fatti verificabili che possano generare dubbi, oggettivamente giustificati, sulla sua imparzialità sicchè «non si deve solo fare giustizia, ma si deve anche vedere che è stata fatta» e, in tal senso, la Corte EDU valorizza la fiducia che i tribunali in una società democratica debbono ispirare nel pubblico e, nel processo penale, anzitutto nell’accusato (ex plurimis, tra le più recenti, Corte EDU, sent. 16 ottobre 2018, Daineliene contro Lituania; 31 ottobre 2017, Kamenos contro Cipro; 20 settembre 2016, Karelin contro Russia; Grande Camera, 23 aprile 2015, Morice contro Francia; 15 gennaio 2015, Dragojevie contro Croazia), dall’altro, l’analisi della Corte europea si è quasi sempre incentrata sul criterio oggettivo, verificato riguardo l’esercizio di differenti funzioni nell’ambito del processo da parte della stessa persona, ritenendo che il semplice fatto che il giudice investito del processo abbia già adottato delle decisioni preprocessuali sulla causa, comprese decisioni in materia di custodia cautelare, non può di per sé giustificare timori sulla sua imparzialità; solo speciali circostanze possono giustificare una diversa conclusione; ciò che quindi conta è la portata e il carattere delle misure preprocessuali disposte dal giudice (sentenza 15 gennaio 2015, Dragojevie contro Croazia; in senso analogo, tra le molte, sentenze 22 aprile 2004, Cianetti contro Italia; 6 giugno 2000, Morel contro Francia).

In particolare, difetta l’imparzialità oggettiva quando la valutazione richiesta al giudice, o le espressioni concretamente utilizzate, implichino una sostanziale anticipazione di giudizio (in questo senso, tra le altre, sentenze 22 aprile 2004, Cianetti contro Italia; 25 luglio 2002, Perote Pellon contro Spagna), autorizzando a reputare che il giudice si sia già formata una opinione sull’esistenza del delitto e la colpevolezza dell’imputato (sentenza 22 luglio 2008, Gomez de Liario y Botella contro Spagna) per essersi pronunciato sugli elementi costitutivi dell’illecito (sentenza 24 giugno 2010, Mancel e Branquart contro Francia) fermo restando che non è rinvenibile, invece, nella giurisprudenza della Corte EDU, una teorizzazione corrispondente a quella operata dalla Corte costituzionale riguardo alla non configurabilità di un pregiudizio all’imparzialità del giudice in conseguenza di valutazioni effettuate nell’ambito della medesima fase processuale, tenuto conto altresì del fatto che, nella generalità dei casi, il pregiudizio all’imparzialità di tipo “funzionale” è stato collegato dalla Corte europea a decisioni assunte in altra e precedente fase del procedimento (tipici i casi dell’adozione di provvedimenti cautelari nella fase preprocessuale o la partecipazione a precedenti gradi di giudizio), ovvero in procedimenti distinti (quali quelli contro soggetti concorrenti nel medesimo reato) il che, per il Supremo Consesso, non consente di ipotizzare – neppure alla luce della giurisprudenza della Corte europea (che per assumere rilievo ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. deve risultare consolidata, nei sensi precisati dalla sentenza n. 49 del 2015 della Consulta) – che la norma convenzionale evocata dal ricorrente accordi al diritto della persona da giudicare, in rapporto alla specifica evenienza di cui qui si discuteva nel caso di specie, una tutela più ampia di quella prefigurata dalla norma costituzionale interna – gemellare nell’ispirazione – di cui all’art. 111, secondo comma, della Carta fondamentale.

Tal che se ne faceva conseguire che la delibazione della stessa questione di ammissibilità della domanda di revisione da parte di un medesimo Collegio della Corte d’appello, realizzatasi sulla base di elementi di valutazione differenti ed accresciuti, non può creare alcun allarmante pregiudizio incidente sulla neutralità del giudice.

Detto questo, era per di più fatto presente, ad ogni modo, che deve comunque rilevarsi che, secondo la costante e consolidata giurisprudenza della Cassazione, l’esistenza di cause di incompatibilità, non incidendo sui requisiti di capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione, da far valere con la specifica procedura prevista dal codice di rito; né ha incidenza sulla capacità del giudice la violazione del dovere di astensione, che non è causa di nullità generale ed assoluta, ai sensi dell’art. 178, comma 1 lett. a), cod. proc. pen., ma costituisce anch’essa esclusivamente motivo, per la parte, di ricusazione del giudice non astenutosi (ex plurimis cfr. Sez. U, n. 5 del 17/04/1996; Sez. 1, n. 32516 del 19/04/2018; Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016; Sez. 6, n. 39174 del 09/09/2015; Sez. 1, n. 10075 del 25/06/2014; da ultimo Sez. 5, n. 17847, del 7/4/2022; Sez. 2, n. 6538, del 15/12/2021, in motiv. sub 1.3; Sez. 2, n. 45896, del 10/9/2021, in motiv. Sub 1.4.).

Del resto, la Corte costituzionale, in diverse pronunce, dal canto suo, ha richiamato il diritto vivente sul punto e ha ritenuto che le norme dettate dal codice di procedura penale in materia di incompatibilità del giudice, prevedendo la possibilità per la parte di proporre dichiarazione di ricusazione, sono idonee ad assicurare l’osservanza dei principi dell’imparzialità e della terzietà, connotati essenziali della funzione giurisdizionale compendiati nella formula del “giusto processo” (ordinanze n. 238 del 2008, n. 346 del 2000, n. 36 del 1999), così come anche la Corte EDU ha preso parimenti atto che la ritenuta mancanza di imparzialità del giudice per incompatibilità è denunciabile, nell’ordinamento italiano, attraverso l’istituto della ricusazione, tant’è che, senza previo ricorso a tale strumento ed esaurimento, quindi, di tutte le vie interne, il ricorso alla Commissione sulla questione della mancanza di imparzialità viene dichiarato irricevibile (cfr. Corte EDU, 24/09/2013, Palazzolo c. Italia; per analogo principio v. Corte EDU, 12/04/2007, Martelli c. Italia nonché Corte EDU, 22/04/2004, Cianetti c. Italia).

Peraltro, anche la questione di legittimità costituzionale sollecitata in proposito è stata ritenuta irrilevante da Sez. 1, n. 35216, del 19/4/2018, giacché, per i giudici di piazza Cavour, l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 34 cod. proc. pen. non è deducibile come motivo di nullità della decisione in sede di impugnazione, potendo solo costituire motivo di ricusazione del giudice, ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. a), cod. proc. pen..

Ciò posto, quanto al merito della delibata inammissibilità, gli Ermellini rilevavano come l’art. 634 cod. proc. pen. preveda espressamente che, a prescindere dalla prognosi sulla domanda, la Corte di Appello dichiara l’inammissibilità anche a fronte della manifesta infondatezza della stessa visto che il giudizio di ammissibilità non riguarda soltanto la verifica dell’esistenza di prove in astratto nuove, ma sottende anche una delibazione sulla portata del novum in relazione al “giudicato“.

Orbene, applicando tale considerazione giuridica rispetto al caso di specie, il Supremo Consesso giungeva alla conclusione secondo cui la Corte di merito aveva correttamente proceduto alla verifica “ponderale” del rapporto tra frammenti di prova nuova e prova già saggiata e aveva preso atto della evidente inidoneità del “nuovo” a scardinare il giudicato, rimanendo in tal guisa esclusa, dal panorama della delibazione, una prognosi fausta del possibile futuro dibattimento sulla base del novum prospettato incapace di produrre un potenziale ribaltamento della decisione sulla responsabilità. 

4. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse, specialmente nella parte in cui è ivi chiarito quale attività pregiudicante va intesa, come tale, ai fini dell’incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen..

Difatti, in tale pronuncia, si afferma, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che, come attività pregiudicante, ai fini dell’incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen., va intesa quella che implica una valutazione nel merito sull’accusa, e come sede pregiudicata quella giurisdizionale diretta a decidere sul merito stesso dell’accusa o di una misura de libertate.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se l’attività posta in essere dal giudice lo ponga in una situazione di incompatibilità a norma dell’art. 34 cod. proc. pen..

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

Volume consigliato:

Compendio di Procedura penale

Il presente testo affronta in modo completo e approfondito la disciplina del processo penale, permettendo uno studio organico e sistematico della materia. L’opera è aggiornata alla L. n. 7 del 2020 di riforma della disciplina delle intercettazioni, al D.L. n. 28 del 2020 in tema di processo penale da remoto, ordinamento penitenziario e tracciamento di contatti e contagi da Covid-19 e alla più recente giurisprudenza costituzionale e di legittimità.   Giorgio SpangherProfessore emerito di procedura penale presso l’Università di Roma “La Sapienza”.Marco ZincaniAvvocato patrocinatore in Cassazione, presidente e fondatore di Formazione Giuridica, scuola d’eccellenza nella preparazione all’esame forense presente su tutto il territorio nazionale. Docente e formatore in venti città italiane, Ph.D., autore di oltre quattrocento contributi diretti alla preparazione dell’Esame di Stato. È l’ideatore del sito wikilaw.it e del gestionale Desiderio, il più evoluto sistema di formazione a distanza per esami e concorsi pubblici. È Autore della collana Esame Forense.

Marco Zincani, Giorgio Spangher | 2021 Maggioli Editore

38.00 €  30.40 €

Sentenza collegata

122721-1.pdf 138kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento