Indice
1. La vicenda
Come la maggior parte dei ricorrenti destinatari dei provvedimenti giurisdizionali che sono stati emessi in materia, l’odierno caso riguarda la sospensione di una psicologa ad opera del Consiglio dell’ordine di appartenenza, a far data dal 19.10.2021 per il mancato assolvimento dell’iscritta all’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, previsto dal DL n. 44 del 01 aprile 2022 (art. 4), e convertito in L. 28 maggio 2021, n. 76.
L’atto impugnato, che si colloca quale sanzione automatica sancita dall’art. 4, comma 4 come modificato dal D.L. 6 novembre 2021 n. 172, convertito nella L. 21.01.2022 n. 3 – a mente del quale “Decorsi i termini di cui al comma 3, qualora l’Ordine professionale accerti il mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, anche con riguardo alla dose di richiamo, ne dà comunicazione alla Federazione nazionale competente, all’interessato, all’azienda sanitaria locale competente, limitatamente alla professione di farmacista e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro ove noto. … L’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale è adottato da parte dell’Ordine territoriale competente, all’esito delle verifiche di cui al comma 3, ha natura dichiarativa, non disciplinare, determina l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo Albo professionale.” (il corsivo è determinato dal testo coordinato a seguito dell’entrata in vigore della conversione in legge) – viene sottoposto al vaglio del Tribunale di Firenze, Sezione II civile.
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2. Le valutazioni dell’Organo giudicante
La decisione, emessa in via cautelare, si dedica in maniera schematica, ma altrettanto incisiva, a questioni di primario interesse. Con rilievi del tutto inediti, il tema della sospensione dall’esercizio della professione e, al tempo stesso, dalla retribuzione, viene passato sotto la lente di ingrandimento di un’analisi nuova, da cui, tuttavia, non riesce a superare indenne il giudizio di positività.
Fin dalle prime righe si comprende la drammaticità che una simile condizione ha generato, poiché “la sospensione dall’esercizio della professione rischia di compromettere beni primari dell’individuo quale il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro … acquisito per nascita in base all’art. 4 Cost.” e che costituisce massima espressione della libertà della persona, delle sue capacità e aspirazioni, e, in definitiva, della sua dignità. Avendo infatti la ricorrente “allegato come l’esercizio della professione costituisca l’unica sua fonte di sostentamento”, si trova privata del proprio diritto naturale, che, in questo caso, viene “inammissibilmente “concesso” dall’Ordine di appartenenza” subordinandolo ad un trattamento sanitario.
Un’imposizione che appare illogica e discriminatoria alla luce degli “stessi report di AIFA” che negano il raggiungimento dello scopo prefissato dalla normativa, ovvero quello di “impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario”. “I report di istituti di vigilanza europei ad es. Euromomo oppure Eudravigilance, riportano un fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi”. I dati divulgati anche dal Ministero della Salute dimostrano il mancato raggiungimento dell’immunità nonostante la grande adesione alla campagna vaccinale per cui “le autorità sanitarie della Regione Toscana e il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana non possono non essere al corrente del dilagare dei contagi nonostante 1′ 80/90% della popolazione sia vaccinata contro Sars Cov 2 e sono anche al corrente o dovrebbero esserlo, del dilagare del contagio tra vaccinati con tre dosi, degli eventi avversi anche gravi e mortali di soggetti vaccinati”.
Ciò comporta che “sotto un profilo epidemiologico la condizione del soggetto vaccinato non è dissimile da quello non vaccinato perché entrambi possono infettarsi, sviluppare la malattia e trasmettere il contagio”.
Ne consegue che dal necessario confronto con l’art. 32 Cost., viene meno la tutela della collettività proprio per la mancanza di benefici, a fronte del sacrificio del singolo. E’, infatti, nella portata e nei limiti di tale disposizione, inserita “all’interno della carta costituzionale “personocentrica” dopo l’esperienza del nazi-fascismo”, che si rinviene la necessità di un valido consenso poiché non permette il sacrificio del singolo “per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona”. Un consenso libero e informato che nel caso di specie non è ipotizzabile dal momento che “i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto “militare””. Del resto, prosegue il tribunale, “dopo due anni ancora non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi”, e tanto l’art. 32 quanto le “varie convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia vietano l’imposizione di trattamenti sanitari senza il consenso dell’interessato perché ne verrebbe lesa la sua DIGNITÀ, valore che sta alla base delle molteplici norme della nostra Costituzione rigida e che sostanzia l’art. 1 della Costituzione (non a caso) della Germania.”
La sospensione dalla professione e dalla retribuzione per mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale de quo si traduce inesorabilmente nella violazione degli artt. 4, 32 e 36 della Carta fondamentale, che, “ponendo al centro “la persona” e difendendola prima di tutto dallo Stato, non consente allo Stato e a tutti i suoi apparati centrali e periferici (come anche gli ordini professionali) di imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell’interessato” e di norme sovranazionali, in quanto “il nostro ordinamento e i trattati internazionali vietano senza alcun dubbio qualunque trattamento sperimentale sugli esseri umani e …. di attuare discriminazioni in base allo stato vaccinale Sars Cov 2”.
3. Conclusioni
Di fronte ad un simile quadro, è innegabile come la professionista – ed, in generale, qualsiasi individuo – “non possa essere costretta, per poter sostentare se stessa e la sua famiglia, a sottoporsi a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo DNA alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute”. Con l’ordinanza in esame, che si pone nel solco tracciato da pronunce conformi del “Tribunale di Padova del 28.4.22; Tribunale di Sassari del 9.6.22; Tribunale di Velletri 14.12.2021; TAR Lombardia 26.4.2022 in rg 562/2022 (caso di una veterinaria sospesa dall’albo); Tribunale di Roma del 14.6.22; TAR Lombardia n.1397 del 16.6.22; varie sent. di Tar Piemonte e varie sent. di Tar Roma” viene, perciò disposta l’autorizzazione ad esercitare senza la sottoposizione al ciclo vaccinale anti Covid, consentendo il lavoro “in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stessa stregua dei colleghi vaccinati.” La decisione nel merito è rinviata al 15 settembre, che avverrà nel contraddittorio delle Parti.
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La necessità di dare una risposta a una infezione sconosciuta ha portato a una contrazione dei tempi di sperimentazione precedenti alla messa in commercio che ha suscitato qualche interrogativo, per non parlare della logica impossibilità di conoscere possibili effetti negativi a lungo termine. Il presente lavoro intende fare chiarezza, per quanto possibile, sulle questioni più discusse in merito alla somministrazione dei vaccini, analizzando aspetti sanitari, medico – legali e professionali, anche in termini di responsabilità. Fabio M. DonelliSpecialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina dello Sport. Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano nel Dipartimento di Scienze Biomediche e docente presso l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Già docente nella scuola di Medicina dello Sport dell’Università di Brescia, già professore a contratto in Traumatologia Forense presso l’Università degli Studi di Bologna e tutor in Ortopedia e Traumatologia nel corso di laurea in Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Siena. Responsabile della formazione per l’Associazione Italiana Traumatologia e Ortopedia Geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico-legale.Mario GabbrielliSpecialista in Medicina Legale. Già Professore Associato in Medicina Legale presso la Università di Roma La Sapienza. Professore ordinario di Medicina Legale presso la Università di Siena. Già direttore della UOC Medicina Legale nella Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Siena, membro del Comitato Etico della Area Vasta Toscana Sud, Membro del Comitato Regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 190 pubblicazioni.Con i contributi di: Maria Grazia Cusi, Matteo Benvenuti, Tommaso Candelori, Giulia Nucci, Anna Coluccia, Giacomo Gualtieri, Daniele Capano, Isabella Mercurio, Gianni Gori Savellini, Claudia Gandolfo.
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