(Riferimento normativo: Legge, 22/04/2005, n. 69, art. 6, co. 7)
1. La questione
Fermo restando che era proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza con cui la Corte di Appello di Perugia aveva disposto la consegna di una persona alla Repubblica federale di Germania in esecuzione di mandato di arresto europeo da un Tribunale distrettuale di quello Stato in ordine al reato di traffico di sostanze stupefacenti del tipo hashish e marjuana, tra i motivi addotti dal ricorrente, vi era uno che consisteva nella violazione dell’art. 6, co. 7, legge n. 69/2005, perché la segnalazione era stata redatta soltanto nella lingua inglese, mentre non era stata tradotta anche nella lingua italiana che è l’unica lingua ufficialmente riconosciuta dal nostro Stato a tal fine
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva la doglianza summenzionata degna di accoglimento in quanto – una volta fatto presente che la segnalazione nel Sistema di informazione Schengen (“SIS”) è un atto equipollente al mandato di arresto europeo del quale, però, deve contenere tutte le informazioni, così come previste per quest’ultimo dall’art. 6, legge n. 69 del 2005 (ad eccezione di quella relativa alla pena minima poiché non influente sull’applicazione della misura cautelare: così, tra molte altre, Sez. 6, n. 4961 del 04/02/2020, F.) e che tali informazioni sono funzionali alla verifica dell’eventuale sussistenza di cause ostative alla consegna all’estero e sono necessarie per consentire all’autorità giudiziaria italiana di effettuare il controllo di legalità ad essa assegnato (così, tra altre, Sez. 6, n. 49888 del 20/12/2012) – si faceva presente come tale documentazione debba essere tradotta in lingua italiana, come stabilisce l’ultimo comma dell’art. 6 cit., senza possibilità di forme di conoscenza surrogata per il consegnando (come quella dell’illustrazione per le vie brevi da parte del giudicante), poiché si tratta di disposizione funzionale a consentire l’anzidetta verifica alla Corte d’appello, ma anche a permettere il controllo del relativo giudizio.
Difatti, secondo il Supremo Consesso, la mancata traduzione in lingua italiana del mandato di arresto europeo equivale alla presenza fisica di un atto non intelligibile e quindi alla sua mancata allegazione (Sez. 6, n. 44933 del 01/12/2021; Sez. 6, n. 17306 del 20/3/2007) posto che, se è vero che, ai sensi dell’art. 8, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, il mandato di arresto europeo dev’essere compilato o tradotto nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di esecuzione o, in alternativa, in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, se lo Stato membro dell’esecuzione ha reso noto, in una dichiarazione, che esso accetta la traduzione in una di tali lingue, dalle “Dichiarazioni dello Stato italiano al Segretariato generale del Consiglio relative alla attuazione della decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri”, inviata il 3 maggio 2005 al Segretariato Generale del Consiglio dell’Unione europea, si rileva, tuttavia, che la lingua accettata dall’Italia è unicamente l’italiano (Sez. 6, n. 49992 del 05/12/2019).
Da ciò se ne faceva discendere come la Corte di Appello avrebbe dovuto disporre la traduzione della segnalazione SIS o acquisire, ex art. 6, comma 7, legge n. 69 del 2005, il mandato di arresto europeo tradotto in lingua italiana mentre ciò che, dagli atti presenti in fascicolo, non risultava essere avvenuto.
In accoglimento della relativa doglianza, la sentenza impugnata era dunque annullata, con rinvio al giudice di merito, perché provvedesse alle indicate incombenze istruttorie mentre le ulteriori censure, di conseguenza, rimanevano assorbite dall’accoglimento della doglianza summenzionata.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che il mandato di arresto europeo (o di altro atto equipollente) deve essere redatto in lingua italiana.
Difatti, fermo restando che, come è noto, l’art. 6, co. 7, legge n. 69/2005 stabilisce che il “mandato d’arresto europeo dovra’ pervenire tradotto in lingua italiana”, gli Ermellini, in tale pronuncia, come appena visto, affermano, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico che, ove ciò non avvenga, la mancata traduzione in lingua italiana del mandato di arresto europeo equivale alla presenza fisica di un atto non intelligibile e quindi alla sua mancata allegazione e questo comporta l’annullamento (con rinvio) della sentenza in cui sia rinvenibile un vizio di legge di questo genere.
Tale provvedimento, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione ove si verifichi questa situazione procedurale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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