Indice
1. La questione
La Corte di Appello di Perugia, su richiesta del Pubblico Ministero, richiamati gli articoli 240-bis cod. pen. e 183-quater disp. att. cod. proc. pen., con decreto, disponeva il sequestro preventivo e la confisca di un compendio immobiliare.
Avverso tale decisione erano proposte delle opposizioni che venivano rigettate dalla stessa Corte territoriale perugina.
Nei riguardi di tale provvedimento erano proposti due distinti ricorsi per Cassazione e, tra le doglianze ivi addotte, per quello che rileva in questa sede, venivano prospettate violazione di legge in relazione all’articolo 240-bis cod. pen. e vizio di motivazione in relazione al giudizio di effettiva titolarità del bene, e in relazione alla ritenuta fittizietà dell’intestazione dell’immobile.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte provvedeva alla reiezione di ambedue i ricorsi.
In particolare, gli Ermellini, per addivenire a siffatta decisione, richiamano i seguenti orientamenti nomofilattici: a) il giudice dell’esecuzione può disporre la confisca ex art. 240-bis cod. pen. in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, fermo il criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima (Sez. U, Sentenza n. 27421 del 25/02/2021); b) in tema di confisca ex art. 240-bis cod. pen., il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre la fittizietà dell’intestazione, anche la mancanza dei presupposti legali per la confisca tra cui la ragionevolezza temporale tra acquisto del bene e commissione del reato che legittima l’ablazione (Sez. 1, Sentenza n. 19094 del 15/12/2020); c) in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi; a tal fine, non è sufficiente la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all’indagato (Sez. 3, Sentenza n. 35771 del 20/01/2017; Sez. 3, Sentenza n. 36530 del 12/05/2015).
In effetti, i giudici di piazza Cavour ritenevano come la Corte di Appello di Perugia avesse correttamente applicato i principi di diritto sopra richiamati, (stimati) pienamente condivisibili, e avesse fornito a sostegno della propria decisione una motivazione che non veniva reputata apparente ma, anzi in grado di recare spiegazioni adeguate e congruenti su tutti i profili della decisione
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che valutazione deve compiere il giudice in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato.
Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi; a tal fine, non è sufficiente la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all’indagato.
Ove si dovesse invece verificare una situazione di questo genere, ben si potrà quindi impugnare un provvedimento di questo genere nei modi e nelle forme previste dal codice di rito penale.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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