A chi spetta avviare la procedura di mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo?

La sentenza 19596 del 18 settembre 2020 delle Sezioni Unite ha sancito il principio che risolve il conflitto giurisprudenziale sul punto.

Sentenza SS UU 19596/2020 del 18 settembre 2020

SOMMARIO: La fine del contrasto – La vicenda e il principio di diritto sancito dalle SS.UU.

La fine del contrasto

Con la Sent. delle SS UU n. 19596/2020 pubblicata lo scorso 18 settembre la Suprema Corte ha superato il contrasto giurisprudenziale relativo al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

Come noto, l’art. 5 del D.Lgs. 28/2010 prevede l’obbligo di accedere alla mediazione nel caso in cui l’opponente si sia attivato per contrastare le ragioni dell’opposto, senza però specificare su quale dei due soggetti debba gravare l’onere di esperire il tentativo obbligatorio.

Già in passato la Corte di Cassazione (sentenza n. 24629/2015, Sez. III Civile) si era pronunciata ponendo l’onere di cui sopra a carico dell’opponente. Motivazioni riprese condivise solo un anno fa, quando con la pronuncia n. 22003 del 16 settembre 2019 (Sez. VI), la Corte ne faceva propri i contenuti.

La pronuncia tuttavia non era stata accolta con parere unanime da parte degli uffici giudiziari, soprattutto di merito: se da un lato parte di essi si era adeguata, dall’altro si era assistito ad una tendenza a porre l’onere di promozione del procedimento di mediazione a carico del creditore opposto.

Con la sentenza n. 19596/2020, i giudici della suprema Corte hanno finalmente posto fine al dibattito giurisprudenziale, sancendo il principio secondo cui l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo debba ricadere sul creditore opposto.

La pronuncia in esame ha un evidente risvolto pratico, stante l’elevatissimo contenzioso che origina a seguito della promozione di giudizi monitori.

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La sentenza trae origine dall’opposizione che due soggetti hanno proposto innanzi al Tribunale di Treviso, avverso un decreto ingiuntivo con cui era stato loro ingiunto il pagamento in favore di un Istituto di credito di una somma di denaro. I due debitori opponenti, con la citazione, proponevano altresì domanda riconvenzionale sul presupposto che la Banca avesse applicato interessi usurari.

La creditrice opposta si costituiva, chiedendo che l’opposizione fosse rigettata.

Il giudice di primo grado concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo per parte dell’importo ingiunto e assegnava alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione.

La procedura non veniva avviata e, pertanto, il Tribunale dichiarava l’improcedibilità sia dell’opposizione, sia delle domande riconvenzionali, facendone conseguire gli effetti di cui all’art. 647 c.p.c., con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo. Per motivare il provvedimento, il giudice di Treviso invocava la sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015 della Corte di Cassazione, secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione incombe sull’opponente.

I due opponenti impugnavano la pronuncia e la Corte d’Appello di Venezia, con ordinanza del 20 luglio 2017 pronunciata ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., dichiarava l’appello inammissibile perché privo di probabilità di accoglimento, in quanto condivisibile la motivazione del Tribunale di prime cure, richiamante la sentenza della Cassazione del 2015 appena sopra citata.

Contro la sentenza del Tribunale di Treviso hanno quindi proposto ricorso i due debitori opposti; resisteva la Banca con controricorso.

Gli opponenti, con riferimento all’art. 360, I co. n. 3 c.p.c., lamentavano la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D. Lgvo 28/2010, per avere identificato nell’opponente la parte onerata all’introduzione del procedimento di mediazione. I ricorrenti, ripercorrendo i tratti essenziali della sentenza n. 24629 del 2015, evidenziavano come numerose pronunce di merito e parte della dottrina avessero manifestato perplessità e si fossero espresse difformemente. Riportavano stralci di motivazioni di provvedimenti in cui veniva affermato che, al contrario, l’onere di proporre la mediazione sia da porre a carico dell’opposto e non dell’opponente, essendo il primo solamente il creditore in senso sostanziale.

I ricorrenti, poi, precisavano che l’art. 5, comma IV del Decreto 28/2010 prevede espressamente che la mediazione obbligatoria non deve essere promossa nei procedimenti di ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.

La Banca, con controricorso, si affidava alle motivazioni della citata decisione della Corte e successivi provvedimenti non solo di merito, a lei favorevoli.

La Corte, dopo aver ripercorso i passaggi essenziali della vicenda, pronunciava ordinanza interlocutoria con cui:

  • ricordava che nei procedimenti monitori, fase di opposizione inclusa, la normativa in materia di mediazione non si applica finché non vi sia stata pronuncia sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, aggiungendo che sulla scorta di tale presupposto, dato il carattere non necessario bensì meramente eventuale delle ordinanze ex artt. 648 e 649 c.p.c., il procedimento di mediazione potrebbe in ipotesi non trovare applicazione;
  • nel silenzio della legge entrambe le tesi portate dalla giurisprudenza erano valide, in quanto supportate da pregiate argomentazioni, nonché portatrici di principi costituzionalmente rilevanti;
  • rimetteva la questione alle Sezioni Unite in ragione dell’elevato numero di giudizi coinvolti dal predetto contrasto giurisprudenziale e l’effetto che il predetto avrebbe arrecato in termini di economia processuale e gestione del c.d. “sistema giustizia”.

I giudici delle SS UU, concludono ritenendo che l’orientamento della sentenza n. 24629 del 2015 non possa essere confermato ed ha quindi stabilito sanando il contrasto giurisprudenziale e sancendo che l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione è a carico del creditore opposto.

A fondamento dell’orientamento fissato dalle SS UU, si richiama tra le altre l’art. 4, comma 2, del D.Lgs. 28/2010, che fissa l’obbligo di specificare nella domanda di mediazione le ragioni della pretesa, rendendo pacifico che debba essere l’attore a provvedervi, essendo lui ad assumere l’iniziativa processuale. La Corte spiega che bisogna porre l’attenzione sulla natura sostanziale della parte opposta (creditore), che mantiene l’interesse ad azionare il diritto in sede giudiziale.

Ad ulteriore conferma di quanto già esposto, si richiama l’art. 5, comma 1-bis del decreto legislativo di cui sopra, che pone l’onere di esperire il tentativo di mediazione a carico di “chi intende esercitare in giudizio un’azione”.

Le Sezioni Unite, infine, sono altresì giunte a questa conclusione adducendo anche ragioni di ordine logico e sistematico, chiarendo l’ter procedurale e concludendo nei termini che seguono: “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 comma 1bis del D. Lgvo 28/2010 i cui giudizi vengano introdotti con decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta”.

E’ pertanto chiarito che spetti alla parte opposta, terminata la prima udienza del giudizio di opposizione, avviare il procedimento di mediazione; qualora non vi provveda, il decreto opposto sarà revocato, perdendo la sua efficacia e qualora il credito debba essere fatto valere, dovrà essere riproposto un nuovo ricorso per decreto ingiuntivo.

 

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Avv. Castellana Alessia

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