Vallebona- Pisani
Il nuovo lavoro a termine
Editrice CEDAM 2001
Pagine 124 € 11,36
Il contratto a termine sta assumendo nel nostro ordinamento una funzione sempre più importante.La riforma introdotta col decreto legislativo 6 settembre 2001 n.368, che ha recepito la Direttiva comunitaria n.1999/70/CE del 28 giugno 1999, ha determinato un incremento nell’uso di questa forma di contratto. Il recente protocollo governo-parti sociali del 23 luglio 2007 ha apportato alcune modifiche all’istituto che saranno a breve recepite in un testo legislativo.
Ci pare utile ricordare ai nostri lettori un pregevole testo di due autorevoli giuristi che traccia le linee dell’istituto con chiarezza e incisività.
Oltre ad uno sguardo all’indice basterà ricordare due punti critici dell’istituto per valutare il peculiare approccio su tematiche assai delicate.
INDICE SOMMARIOIntroduzione Pag. IX
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA
Natura ed effetti del termine Pag. 1
Dal codice civile del 1865 all’art. 2097 del codice civile vigente » 2
La disciplina vincolistica della legge n. 230 del 1962 » 4
La flessibilizzazione successiva » 11
CAPITOLO II
LA FORMA
La forma scritta ad substantiam Pag. 19
I1 contenuto dell’atto scritto » 20
La consegna dell‘atto al lavoratore » 22
Gli oneri probatori » 22
Le conseguenze delle trasgressioni » 23
CAPITOLO 111
LA GIUSTIFICAZIONE
La nuova norma generale Pag. 25
Le tipizzazioni legali » 29
I divieti » 32
Gli oneri probatori » 34
Le conseguenze delle trasgressioni » 35
VI INDICE – SOMMARIO CAPITOLO IV
IL LIMITE QUANTITATIVO
La funzione Pag. 39
La delega all’autonomia collettiva » 41
Le esenzioni » 42
Gli oneri probatori » 44
Le conseguente delle trasgressioni » 44
CAPITOLO V
LE VICENDE SUCCESSIVE ALLA SCADENZA DEL TERMINE
La prosecuzione di fatto del rapporto Pag. 47
La proroga » 48
La riassunzione a termine » 50
CAPITOLO VI
LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO
La parità di trattamento Pag. 53
Il computo nell‘organico » 54
La formazione » 55
Informazione ai lavoratori e precedenza nelle nuove assunzioni » 56
L’obbligo di informazione sindacale » 57
Capitolo VII
LE ESCLUSIONI
Le esclusioni totali Pag. 59
Le esclusioni parziali » 61
CAPITOLO VIII
ABROGAZIONI E DISCIPLINA TRANSITORIA
Le abrogazioni Pag. 63
La residua efficacia dei precedenti contratti collettivi » 64
La salvezza dei contratti a termine precedenti » 65
INDICE – SOMMARIO VII
CAPITOLO IX
I RAPPORTI CON L’ORDINAMENTO COMUNITARIO
33. La direttiva n. 1999/70 Pag.
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67
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34. La conformità alla direttiva della nuova disciplina nazionale »
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68
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Bibliografia Pag.
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71
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A)
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ALLEGATI
Disciplina vigente
Decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 Pag.
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87
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B)
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Relazione al suddetto decreto »
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94
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C)
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Legge 29 dicembre 2000 n. 422 (estratto) »
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100
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D)
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Legge 23 luglio 1991 n. 223 (art. 8, comma 2) »
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104
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E)
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Legge 23 dicembre 2000 n. 388 (art. 75) »
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105
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F)
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Decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 (art. 4) »
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107
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G)
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Direttiva n. 1999/70/CE del 28 giugno 1999 »
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108
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H)
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Disciplina abrogata
Legge 18 aprile 1962, n. 230 Pag.
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118
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I)
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Legge 3 febbraio 1978 n. 18 (art. 1) »
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121
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L)
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Legge 26 novembre 1979 n. 598 (art. 2) »
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122
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M)
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Legge 25 marzo 1983 n. 79 (art. 8 bis) »
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123
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N)
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Legge 28 febbraio 1987 n. 56 (art. 23) »
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124
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La giustificazione del contratto a termine.
Capitolo III LA GIUSTIFICAZIONE : <del lavoro a termine riguarda l‘interpretazione della norma generale che legittima ora l’apposizione del termine al posto delle precedenti tipizzazioni legali e collettive (cfr. 3 e 4).
In base al d. Igs. n. 368 del 2001 il termine è, infatti, consentito «a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo» (art. 1, c. 1).
La questione centrale è se il lavoro a termine sia ammesso solo come extrema ratio, cioè quando sia inevitabile a causa della oggettiva temporaneità dell’occasione di lavoro, oppure anche quando, pur in presenza di un‘occasione permanente di lavoro, sussista una ragione oggettiva non arbitraria o illecita che renda in concreto preferibile un rapporto a termine.
L’interpretazione più corretta è sicuramente quest‘ultima.
Invero la nuova norma generale sostituisce non solo le precedenti ipotesi legali che tipizzavano occasioni temporanee di lavoro, ma anche le vecchie ipotesi di fonte collettiva che, invece, ben potevano riferirsi, ed in effetti si riferivano, in assenza di un vincolo legale qualitativo, anche ad occasioni permanenti di lavoro, tipizzando una qualsiasi ragione legittimante la loro copertura a termine. Se, infatti, si dubitava, peraltro infondatamente in assenza di limitazione legale, della ammissibilità di causali puramente soggettive, come l’età e lo stato di disoccupazione del lavoratore (cfr. 4), era certa l’assoluta libertà dell‘autonomia collettiva di individuare causali oggettive legate ad esigenze aziendali, a prescindere dal carattere temporaneo o permanente dell‘occasione di lavoro. Ora, come si è detto, la norma generale sostituisce anche queste ipotesi collettive, sicché deve essere interpretata in modo da consentire almeno la stessa ampiezza di utilizzazione del lavoro a termine. Altrimenti si perverrebbe all’assurdo di un irrigidimento del sistema, certamente non voluto dal legislatore in sede di attuazione della direttiva comunitaria n. 1999/70, che lascia piena libertà di stipulazione del primo contratto a termine, intendendo solo prevenire eventuali abusi derivanti da una successione di contratti a tempo determinato idonea a precarizzare un rapporto durevole tra le stesse parti (cfr. 33). Sicché sarebbe del tutto incongrua qualsiasi interpretazione della normativa nazionale che accrescesse i vincoli preesistenti, oltretutto in aperto contrasto con la relazione al decreto legislativo n. 368 del 2001.>>.
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Le conseguenze delle trasgressioni :<230 del 1962), con un effetto legale sostitutivo dell’autonomia privata.
Nella disciplina vigente, invece, non è più contenuta una disposizione del genere per il termine ingiustificato o vietato, ma solo per la prosecuzione di fatto del lavoro oltre la scadenza del termine (art. 5, c. 2) e per le riassunzioni a termine senza il prescritto intervallo (art. 5, c. 3 e 4).
Nel silenzio della legge deve essere applicato il principio generale della nullità del contratto contrario a norma imperativa (art. 1418 cod. civ.).Nella specie, però, la nullità non investe l’intero contratto di lavoro, ma solo il patto relativo al termine, poiché la necessità di giustificazione ed i divieti si riferiscono appunto e solo a tale patto. Pertanto il contratto di lavoro rimane valido, ma senza il termine, con un effetto fin qui identico a quello prima previsto espressamente.
Tuttavia una differenza molto rilevante deriva dalla applicabilità della regola della nullità parziale, secondo cui «la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità» (art. 1419, c. 1, cod. civ.).
Il datore di lavoro può, dunque, allegare tempestivamente e comprovare, secondo l’onere su di lui gravante trattandosi di un’eccezione al principio di conservazione del contratto, la volontà ipotetica di non concludere il contratto senza il termine nullo, con la conseguente nullità dell’intero contratto di lavoro.
Questa volontà ipotetica può essere anche di un solo contraente, e quindi anche del solo datore di lavoro, trattandosi di volontà negativa, a differenza di quella prevista dall’art. 1424 cod. civ. per la conversione del contratto.
Pertanto la vittoria del lavoratore con la dichiarazione di nullità del termine può diventare una vittoria di Pirro, laddove la nullità del termine finisce per travolgere l’intero contratto di lavoro.
Anche in questi casi, peraltro, restano fermi gli effetti del contratto, ed in particolare il diritto alle retribuzioni, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione (art. 2126 cod. civ.).>>
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