Il rifiuto, motivato con lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di emanare il Decreto-Legge approvato dal Governo in data 6 febbraio 2009 con il quale veniva disposto il divieto che “l’alimentazione e l’idratazione quali forme di sostegni vitali potessero essere sospese da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi”, suscita forti perplessità.
Nulla quaestio sul fatto che il Presidente della Repubblica, in via preventiva (cioè nell’autorizzare l’emanazione del Decreto-Legge) possa svolgere un controllo sulla presenza dei presupposti giustificativi di straordinarietà-urgenza-necessità fondamentali per l’adozione del Decreto-Legge da parte del Governo ex art. 77, 2° comma, Cost., rifiutandone l’emanazione nell’evenienza di una “mancanza evidente” o “erronea valutazione” di siffatti presupposti i quali costituiscono le condizioni di validità del Decreto-Legge (cfr., sent. n. 29/1995 Corte Cost.).
Tuttavia, con particolare attenzione al caso specifico, non è ravvisabile né la mancanza evidente né l’erronea valutazione.
Se, nel complesso, il sintagma “casi straordinari di necessità ed urgenza” di cui all’art. 77, 2° comma, Cost., rappresenta uno degli elementi portanti della “gabbia a maglie strette” che la Costituzione ha cercato di costruire attorno al Decreto-Legge, è vero, anche, che il Governo, nell’esercitare il potere connaturato alla decretazione legislativa d’urgenza, può procedere ad una serie di valutazioni in considerazione del carattere “elastico” della straordinarietà, dell’urgenza e della necessità (cfr., sent. n. 171/2007 Corte Cost.), facendo così rientrare tutta una serie di situazioni eterogenee indipendentemente dalla circostanza che, sul punto, il Parlamento non abbia ancora predisposto una legge ordinaria di disciplina della materia.
In particolare, l’Esecutivo deve:
a) constatare che rispetto alla situazione di fatto si ponga una necessaria esigenza di regolamentazione del caso (sulla vicenda Englaro, questa regolamentazione normativa è completamente assente, essendo stata introdotta per via giurisprudenziale),
b) accertare l’impossibilità, data la delicatezza della situazione, di ricorrere ai normali strumenti di produzione normativa in quanto i tempi risulterebbero troppo lunghi.
Inoltre, va messo in rilievo, come autorevole dottrina ha sottolineato (si veda, C. ESPOSITO, voce Decreto-Legge, in Enc. Dir, Roma, 1962), che i requisiti di urgenza-straordinarietà-necessità debbano “inerire al provvedere e non necessariamente al contenuto del provvedimento”, aspetto completamente tralasciato dal Presidente della Repubblica.
Infine, se, in termini procedurali, il Capo dello Stato poteva rifiutare l’emanazione in quanto esercita, nell’atto della stessa, un potere almeno pari a quello che avviene in sede di promulgazione di una legge (cfr. sent. n. 406/1989 Corte Cost.), proprio per analogia con il disposto dell’art. 74 Cost. (sul potere di reinvio di una legge ad opera del Presidente), qualora il Governo dovesse reinoltrare al Presidente della Repubblica il testo del Decreto-Legge, questi sarebbe tenuto ad emanarlo.
Daniele Trabucco
Università di Padova
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