Accesso ai documenti fiscali e reddituali: il diritto dei coniugi separati

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Alla luce della recentissima sentenza del consiglio di stato a.p. 25/09/2020 n. 19

Il coniuge separato può accedere ai documenti fiscali e reddituali dell’altro, depositati presso l’Agenzia delle Entrate? In questo articolo tratteremo della disciplina normativa, degli orientamenti giurisprudenziali e delle modalità di accesso, tracciando l’excursus logico giuridico che ha condotto alla recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria del 25.09.2020 n. 19.

La documentazione reddituale rientra nel novero della documentazione amministrativa, ossia negli atti detenuti da una pubblica amministrazione e concernente attività di pubblico interesse, a prescindere dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. L’accesso ai documenti amministrativi rappresenta principio generale dell’attività amministrativa, al fine di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti ai quali si chiede di accedere. Per soggetti interessati si intendono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale legato ad una situazione giuridicamente tutelata e al documento del quale si chiede la visione. In fine per controinteressati si intendono tutti i soggetti che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero intaccata la propria riservatezza [1].

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Quali documenti non sono accessibili

Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, tranne:

a) i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;

b) quelli che concernono procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
c) i documenti che riguardano l’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;

d) i documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi nei procedimenti selettivi;

e) le categorie di documenti individuate dalle singole pubbliche amministrazioni e da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi della lettera a;

f) sono escluse le istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni;

g) i documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui alla lettera a sono considerati segreti solo nell’ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l’eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all’accesso.

Inoltre, con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi:

1) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
2) quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
3) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
4) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolari, sanitari, professionali, finanziari, industriali e commerciali di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;
5) quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato [2]. Per diritto di accesso si intende il diritto degli interessati a prendere visione e ad estrarre copia di documenti amministrativi [1].

Puo’ il coniuge separato accedere alla documentazione fiscale dell’ex partner? Norma e giurisprudenza antecedente alla sentenza del consiglio di stato 25/09/2020 n. 19

Questa la normativa legislativa sul diritto di accesso alla documentazione ammnistrativa/fiscale di un terzo ma concretamente cosa accade se un coniuge in fase di separazione o di divorzio promuove istanza all’Agenzia delle entrate per visionare i redditi dell’altro coniuge? Seguendo il tenore letterale delle norme sopra citate, sembrerebbe vietato chiedere la certificazione fiscale dell’altro coniuge (cfr. punto 4). Tuttavia, si deve considerare quanto statuito nella disciplina di riferimento, secondo cui pur trattandosi di documenti sottratti all’accesso, deve essere garantita “la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta” [3]. La stessa prassi dimostra che l’Agenzia delle entrate ha seguito nel tempo orientamenti differenti, abbracciando soluzioni opposte in ossequio sia ai dettami del codice della privacy che hanno posto limitazioni interpretative alla normativa previgente [4] e sia alle successive modifiche legislative che hanno sancito la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi rispetto al diritto alla riservatezza dei terzi, nel caso in cui l’accesso sia esercitato per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante [5]. In proposito e più specificatamente nell’ambito di fattispecie relative a casi di separazione personale dei coniugi, è intervenuto a più riprese il Consiglio di Stato. La Corte amministrativa in un primo momento ha sancito la preminenza del diritto di difesa di un interesse giuridicamente rilevante (la tutela degli interessi economici nei riguardi dei figli minori delle parti in causa) rispetto al diritto alla riservatezza dell’altro coniuge [6]. Successivamente ha statuito, invece, che l’acquisizione extra iudicium di documenti amministrativi dei quali una delle parti intende avvalersi in giudizio integra una forma di singolare aggiramento delle norme che governano l’acquisizione delle prove contenute nel codice di rito civile [7]. Secondo quest’ultimo orientamento, il soggetto di cui si chiede la visione della documentazione fiscale non si potrebbe difendere nelle sedi tipiche previste dall’ordinamento processuale ma si troverebbe a dover esporre le proprie ragioni innanzi alla pubblica amministrazione.

Pertanto, l’accesso ai documenti amministrativi extra iudicium, danneggerebbe la parità processuale delle parti all’interno di un procedimento civile. Tale ultimo assunto è stato, recentemente, ribaltato dal T.A.R. della Campania che facendo riferimento ad una circolare della stessa Agenzia delle entrate del 10.10.2017, ha asserito che è sempre possibile attivare la richiesta di accesso agli atti, limitatamente alle informazioni di natura reddituale e patrimoniale [8]. Conditio sine qua non affinché l’istanza possa avere esito positivo è l’esistenza dei requisiti previsti dalla L. n.241/1990, ossia la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale è stato chiesto l’accesso. Dunque, la giurisprudenza non sembra aver risolto la quaestio, attesa l’assenza di univocità interpretativa ma la Legge dirime ogni perplessità, laddove statuisce che “…Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” [9]. Si tratta di accesso extra iudicium, ossia non autorizzato dal giudice all’interno di un procedimento giudiziario e l’art. 492 bis c.p.c. introdotto dal D.L. 12 settembre 2014 n. 132 che estende al diritto di famiglia le modalità di ricerca telematica dei beni da pignorare, previa autorizzazione del presidente del tribunale, non costituisce un’esclusione dal diritto d’accesso dei documenti contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari. In buona sostanza, il coniuge separato può percorrere alternativamente entrambe le strade, in quanto le due discipline sono complementari, poichè il giudice che tratta la vicenda matrimoniale può utilizzare i poteri di accesso ai dati dell’Ente ex art. 210 c.p.c. restando questa una sua facoltà e non un obbligo.

Diritto di accesso e privacy nel nuovo contesto teconologico-informatico

Anche in tale ambito manca un orientamento unitario, dato che per un verso il Consiglio di Stato ha qualificato gli atti fiscali come “documenti sensibili del coniuge” [7], per altro verso il T.A.R. Campania si è espresso in senso contrario, non considerandoli come tali [8]. Invero, il Tribunale Amministrativo li considera come dati patrimoniali e reddituali e non sensibili secondo la definizione del codice della privacy, di conseguenza l’Agenzia delle entrate dovrebbe avere cura solo di oscurare i dati personali di altri soggetti (diversi dal coniuge) che dovessero comparire nella documentazione richiesta. Al centro di tali riflessioni si pone il tradizionale tema dei rapporti tra diritto alla conoscibilità delle informazioni e diritto alla riservatezza dell’interessato, rispetto al quale il cambiamento sociale causato dalla digitalizzazione dei dati e dalle reti di comunicazione elettronica ha portato ad una rilettura dei precedenti limiti normativi sulla pubblicità delle informazioni. Nello specifico la legge ha modificato il presupposto di conoscibilità delle informazioni fiscali [10]. La nuova disciplina ribadisce in merito al deposito degli elenchi dei contribuenti che gli stessi siano accessibili nei modi e con i limiti stabiliti per l’accesso ai documenti amministrativi e che all’interno di tali limiti sia consentito l’accesso telematico. Tale accesso attuato ormai nell’ambito di un contesto informatico e di internet soggiace al rispetto del diritto alla riservatezza del titolare delle informazioni fiscali o amministrative a cui si può in parte derogare per soddisfare un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” [11].

Tutti i rimedi contro il rifiuto della pa

La richiesta d’accesso alla documentazione fiscale o amministrativa è gratuita ed è regolamentata dal Foia (Freedom informaction act), entrato in vigore nel dicembre 2016 che ha introdotto, anche in Italia, l’istituto dell’accesso generalizzato [12]. A seguito dell’istanza di accesso l’amministrazione ha l’obbligo di rispondere entro trenta giorni e se la domanda è rifiutata, l’utente ha una serie di rimedi da porre in essere per impugnare il provvedimento di rigetto. Una prima via può essere la presentazione di un’opposizione al responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza ossia il responsabile anticorruzione dell’ente presso cui è stata inoltrata la richiesta. In buona sostanza l’utente chiede a questo soggetto di rivalutare la decisione dell’amministrazione al fine di poter ottenere un esito positivo. Il responsabile anticorruzione è un dirigente dell’ente, che si occupa di garantire la trasparenza ed evitare situazioni di corruzione all’interno dell’amministrazione. Dalla la presentazione dell’istanza di riesame, entro venti giorni, il responsabile anticorruzione deve emettere un provvedimento motivato. Il cittadino può rivolgersi alternativamente al difensore civico competente territorialmente quando il diniego alla richiesta d’accesso è pervenuto da un’amministrazione regionale o locale [13]. Il difensore civico è un organo indipendente che tutela contro danni, abusi, ritardi e qualsiasi anomalia nei rapporti con la pubblica amministrazione e che ha l’obbligo, entro trenta giorni dall’istanza di riesame, di pronunciarsi. Qualora l’accesso sia stato negato per ragioni inerenti la tutela dei dati personali di un soggetto, sia il responsabile anticorruzione che il difensore civico possono chiedere un parere al Garante per la protezione dei dati personali (Garante della privacy). Entro dieci giorni il Garante deve emettere il parere. In qualsiasi caso l’utente può rivolgersi al T.A.R. di competenza, entro trenta giorni dall’emissione delle decisioni dalle autorità sopra indicate.

Il nuovo orientamento alla luce della recentissima sentenza del consiglio di stato a.p. 25/09/2020 n. 19

Con la recentissima sentenza n. 19 del 25/09/2020, il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria, ha operato un vulnus interpretativo destinato a spiegare i propri effetti nella prassi amministrativa. L’orientamento giuridico già espresso con la sentenza Cons. Stato Sez. IV n. 3461/2017 viene così sostituito da una visione più elastica ed armonica della disciplina. Tale indirizzo porta ad una concezione dell’accesso difensivo (L.241/1990) quale mezzo di acquisizione della documentazione amministrativa del tutto autonomo rispetto all’eventuale procedimento giurisdizionale (civile o penale) in corso ed ai suoi mezzi istruttori. In tale quadro interpretativo con l’attuale pronuncia, l’Adunanza plenaria asserisce che le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti comunque acquisiti dall’amministrazione finanziaria, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari e inseriti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria costituiscono documenti amministrativi ai fini dell’accesso documentale difensivo, che può essere esercitato in modo indipendente dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione dei documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, così come previsti nel processo civile. Inoltre, tale diritto è esercitabile a prescindere dalla previsione dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia. Circa poi le modalità di acquisizione della documentazione, il collegio ha quindi precisato che l’accesso difensivo agli atti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari presenti nell’anagrafe tributaria, può essere esercitato mediante estrazione di copia.

I documenti accessibili

Tra i principi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria vi è quello secondo cui «Le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti presentati o acquisiti dagli uffici dell’amministrazione finanziaria, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari ed inseriti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, costituiscono documenti amministrativi ai fini dell’accesso documentale difensivo ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990». Da tanto si evince che la nozione normativa afferente il “documento amministrativo”, oggetto dell’istanza di accesso documentale è estesa, sotto il profilo oggettivo, ad ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato ma equiparato alla medesima, purché persegua finalità di interesse generale. Nel caso di specie che ha portato alla pronuncia del Corte amministrativa, si tratta di documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, acquisiti e conservati nell’anagrafe tributaria gestita dall’Agenzia delle entrate. In particolare, le banche dati dell’anagrafe tributaria includono: la banca dati reddituali (che contiene tutte le dichiarazioni presentate dai contribuenti comprese eventuali dichiarazioni sostitutive o integrative), la banca dati imposte di registro (che contiene la registrazione di atti scritti di qualsiasi natura produttivi di effetti giuridici) e l’archivio dei rapporti finanziari. In base all’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 605 del 1973, l’anagrafe tributaria raccoglie e ordina i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell’amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono assumere comunque rilevanza ai fini tributari. La conclusione di questo ragionamento è che, a norma dell’art. 22, comma 3, l. n. 241 del 1990, secondo cui tutti i documenti amministrativi sono accessibili, la qualificazione dei documenti in questione come documenti amministrativi comporta la loro piena accessibilità, in ragione di tale loro qualità oggettiva.

Accesso documentale difensivo e procedimento giurisdizionale.

Altro principio enunciato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 19/2020 è quello secondo cui: “L’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ.” Secondo tale principio la fattispecie che legittima il diritto di accedere alla documentazione fiscale-finanziaria non richiede necessariamente il requisito della pendenza di un processo in sede giurisdizionale. In altri termini, la pendenza di una lite può rappresentare un requisito utile per valutare la concretezza e l’attualità dell’interesse sottostante all’istanza di accesso ma non ne costituisce la precondizione necessaria. Il legislatore ha inoltre richiesto che la situazione legittimante l’accesso, oltre a corrispondere al contenuto dell’astratta fattispecie legale, debba anche essere collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, in modo tale da evidenziare inequivocabilmente il nesso di strumentalità tra la situazione soggettiva finale al documento di cui viene chiesta l’ostensione e l’accesso difensivo stesso. Tale esigenza è soddisfatta sul piano procedimentale dall’obbligo di motivazione della richiesta di accesso prevista dall’art. 25, comma 2, l. n. 241 del 1990.

Con riferimento ai rapporti tra l’accesso difensivo e i metodi di acquisizione probatoria previsti dal codice di procedura civile e circa la complementarietà o la loro reciproca esclusione, da un punto di vista sistematico, negli ordinamenti processualcivilistico e amministrativistico, la situazione che legittima l’accesso è autonoma e distinta da quella che conduce all’impugnativa giudiziale e dal relativo esito. Da tanto consegue che il diritto di accesso difensivo non è riducibile ad un mero potere processuale ma è strumentale alla difesa di una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento ed è azionabile dinanzi al giudice amministrativo, a prescindere dalla circostanza che la situazione giuridica finale si configuri come diritto soggettivo o interesse legittimo, e che quindi rientri nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo o di quello ordinario. La questione centrale attorno a cui si è formata l’odierna pronuncia del Consiglio di Stato attiene ai rapporti tra l’istituto dell’accesso documentale difensivo e lo strumento processuale delineato dall’art. 155-sexies disp. att. c.p.c.. Quest’ultima norma, infatti, amplia i poteri istruttori del giudice ordinario ai fini della ricostruzione della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali nei procedimenti in materia di famiglia, attraverso lo strumento di cui all’art. 492-bis c.p.c.. Inoltre la legge prevede l’accesso, con modalità telematiche ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari. La questione si inquadra nella più generale problematica costituita dai rapporti tra accesso documentale e strumenti di acquisizione dei documenti amministrativi nel processo civile, sia ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 c.p.c., sia secondo la particolare disciplina introdotta in materia di famiglia. A tale questione la Corte ha dato una soluzione enunciando il terzo principio di diritto, secondo cui: “L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. civ., nonché, più in generale, dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia». L’istituto dell’accesso difensivo è costruito come una fattispecie ostensiva autonoma, composta da una forza espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi e caratterizzata, al tempo stesso, da una evidente limitazione, ossia quella di dover provare la necessità della conoscenza dell’atto o la sua stretta indispensabilità.

La conoscenza dell’atto non è diretta a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere, ma rappresenta il mezzo per la tutela dei propri interessi giuridici. La giurisprudenza amministrativa ha elaborato l’istituto come una situazione soggettiva strumentale per la tutela di situazioni sostanziali, a prescindere dalla qualificazione della situazione finale in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo.

L’indispensabilità dell’acquisizione del documento è alla base del nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica finale da tutelare, nel senso che l’esibizione del documento amministrativo rappresenta il mezzo per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti che si vogliono dimostrare.

Come acquisire i documenti e conclusioni

L’ultimo principio di diritto esposto nell’odierna sentenza asserisce che: “L’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato mediante estrazione di copia”.

L’art. 22, comma 1, lett. a), L. n. 241 del 1990 prevede quale forma generale di accesso quella di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi. Considerando la ratio sottesa all’accesso documentale difensivo, l’unica modalità idonea a soddisfare la funzione di acquisizione extra iudicium ai fini della cura e difesa della situazione giuridica facente capo al richiedente l’accesso è l’estrazione di copia, per un eventuale utilizzo del documento in sede stragiudiziale e processuale, impossibile se non attraverso l’offerta in comunicazione e la produzione materiale della relativa copia in giudizio.

Quanto alle modalità telematiche, trova applicazione la disciplina settoriale in materia di amministrazione digitale.

In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto il Consiglio di Stato con tale recentissima pronuncia rigetta la tesi della precedente sentenza n. 3461/2017, laddove l’istituto dell’accesso difensivo era assimilato ad un potere di natura processuale. Piuttosto, il ragionamento seguito dalla Corte in questo caso sembra condurre all’opposta tesi secondo cui è il collegamento con l’interesse diretto, concreto ed attuale a fondare la base legittimante per l’accesso, a prescindere dall’utilizzo che se ne intenda fare del documento.

Da quanto esposto discende che, al potere istruttorio di adottare ordini di esibizione ex artt. 210, 211 c.p.c. oppure di formulare richieste di informazioni alla pubblica amministrazione ex art. 213 c.p.c., è attribuita natura sussidiaria e residuale rispetto alla possibilità, pratica o giuridica, che la parte abbia di procurarsi da sé, fuori dal processo quindi anche attraverso lo strumento dell’accesso documentale difensivo, le prove precostituite idonee a dimostrare i fatti da essa allegati. Deve pertanto escludersi che l’esistenza nell’ordinamento, degli strumenti di esibizione istruttoria aventi ad oggetto documenti detenuti dalla pubblica amministrazione possa precludere l’esercizio dell’accesso documentale difensivo secondo la disciplina di cui alla legge n. 241/1990, né prima e né in pendenza del processo civile.

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Note

[1] Art. 22 L. 07/08/1990 n. 241;

[2] art. 24 commi 1,2,3,5 e 6 L. 07708/1990 n. 241;

[3] DM. 29/10/1996 n. 603

[4] D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196;

[5] L. 11 febbraio 2005, n. 15;

[6] Cons. Stato Sez. IV n. 2472/2014;

[7] Cons. Stato Sez. IV n. 3461/2017;

[8] T.A.R. Campania Napoli Sez. VI n. 5763/2018;

[9] art. 24, comma 7, L. n. 241/1990;

[10] D.L. 25.06.2008 n. 112;

[11] art. 22 comma 1, lett.b), L n. 241/1990;

[12] D.Lgs. n. 97/2016;

[13] art. 5, comma 8, D.Lgs. n. 33/2013.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avv. Dammacco Francesca Linda

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