Il principio di concorsualità espresso dall’art. 97, comma 3, Cost., opera non solo in materia di accesso, per la prima volta ai pubblici impieghi, ma anche per la progressione verticale di carriera dei pubblici dipendenti.
La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulle norme costituzionali che individuano nel concorso il mezzo ordinario per accedere agli impieghi pubblici, ha stabilito che il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone efficiente dell’Amministrazione.
A tali principi costituzionali è ammessa una deroga solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, secondo i criteri adottati dal Legislatore nell’ambito della propria discrezionalità, entro però i limiti che pone la necessità di garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Al principio generale del concorso pubblico soggiace pure l’accesso dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni a funzioni più elevate con relativa progressione di carriera.
Pertanto, nell’attuale contesto costituzionale il passaggio da una fascia funzionale superiore, nel quadro di un sistema come quello oggi in vigore che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti, deve essere attuato mediante una forma di reclutamento che permetta un selettivo accertamento delle attitudini, anche laddove si tratta di una progressione verticale di carriera.
Per questa ragione, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di plurime disposizioni di legge, nella parte in cui prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori in deroga alla regola del concorso pubblico o comunque non prevedevano alcun criterio selettivo, ovvero riservavano esclusivamente o in maniera ritenuta eccessiva, al personale interno l’accesso alla qualifica superiore.
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