Accesso antimafia al Comune di Bari: la prima volta in un capoluogo di regione

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Per la prima volta nella storia della Repubblica è stata nominata una commissione di accesso antimafia in un comune capoluogo di regione e cioè a Bari. In precedenza erano stati interessati i comuni capoluoghi di provincia di Reggio Calabria e di recente Foggia. Tale nomina è stata determinata da un procedimento penale per mafia che ha portato all’esecuzione di 137 misure cautelari, tra cui una riguardante una consigliera comunale sottoposta alla misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari. Pur non potendosi escludere che tale provvedimento potrebbe aver avuto anche delle sollecitazioni politiche, non si può disconoscere che alla base dello stesso vi siano degli obiettivi elementi sintomatici e che, come ha precisato il ministro dell’interno e prevede l’attuale normativa, tale procedura costituisce un approfondimento che non necessariamente deve portare allo scioglimento del comune. Per avere un quadro unitario delle diverse novità normative che si sono susseguite nel tempo, si consiglia il seguente volume: Le riforme della giustizia penale

Indice

1. Cenni sull’istituto della commissione di accesso antimafia nei comuni 


L’origine dell’istituto dello scioglimento per mafia dei comuni risale all’ultimo decennio del secolo scorso; infatti, si era preso atto per il contrasto alla criminalità organizzata dell’insufficienza delle misure penalistiche anche se estese ai profili patrimoniali (confisca e sequestro).
Vi è stata pertanto l’introduzione nel corpus dell’allora legge antimafia (legge n.55/1990, ora decreto legislativo n.159/2011) dell’art. 15-bis della legge n. 221/1991 che prevedeva “nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre forme di manifestazione di pericolosità sociale”.
Si tratta di una normativa con funzione preventiva e cautelare e non punitiva e sono stati sollevati profili di illegittimità costituzionale di questa normativa dal carattere altamente discrezionale in ordine ai presupposti; ma la Corte costituzionale[1] ha ritenuto legittimo l’istituto e successivamente la legge di riforma n. 94/2009 ha fornito adeguate indicazioni sui presupposti dello scioglimento, sulla scansione procedimentale, sulle attività da svolgere e sulla tempistica.[2]
Tale strumento si può considerare un’extrema ratio di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata, come sintesi tra i principi di libertà, garantiti dalle libere elezioni democratiche e quelli di imparzialità e buon andamento della vita amministrativa.
Infatti, lo Stato, con valutazione altamente discrezionale, attraverso Commissari straordinari, si sostituisce per un tempo determinato agli organi elettivi al fine del ripristino della legalità, del buon andamento e della trasparenza della gestione pubblica e la salvaguardia della corretta funzionalità dell’Amministrazione. In questo modo, le esigenze di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata prevalgono sui risultati delle libere consultazioni elettorali.
In base alla sua ultima formulazione, l’art. 143 del TUEL n. 267/2000, prevede “la possibilità di scioglimento dei consigli comunali (e provinciali)[3] in presenza di elementi concreti (valenza fattuale), univoci (non contradditori) e rilevanti (indicativi della presenza mafiosa), che rivelino collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, ovvero forme di condizionamento degli stessi soggetti”.[4]
Ovviamente, poiché il D.Lgs. n.29/1993 ha attribuito all’apparato amministrativo la gestione dei comuni, vi è l’estensione del controllo in presenza contestuale dei tre elementi anche ai segretari comunali, ai direttori generali e ai dipendenti dell’ente locale.
L’accertamento mira a verificare degli indici sintomatici valutati complessivamente, ricavabili da eventi afferenti all’attività dell’ente (alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi o amministrativi) o da eventi attinenti ad una situazione ambientale di più ampia portata (grave pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica), che devono rivelare una patologia nella funzionalità dell’ente.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario anche la presenza di un elemento soggettivo e cioè che il condizionamento da parte della criminalità organizzata deve postulare “la consapevolezza di indirizzare le azioni degli amministratori al soddisfacimento degli interessi delle consorterie malavitose”.[5] A tale riguardo si rileva che non sempre tale requisito è stato messo in evidenza dai decreti di scioglimento.
In primo luogo deve svolgersi un premonitoraggio informale a seguito di notizie apprese da qualunque fonte (ex multis, ispezioni parlamentari, annotazioni di polizia, provvedimenti giurisdizionali, notizie di stampa), ma ovviamente non ci si può basare solo su esposti o denunce anonimi;
Pertanto, il Prefetto, avvalendosi di una Commissione di accesso, verifica la sussistenza dei presupposti per l’emanazione del provvedimento dissolutorio. Tale commissione viene nominata con i poteri di accesso attribuiti dal Ministero dell’Interno al Prefetto dalla legge n. 410/1991, ed è composta da tre funzionari della P.A., integrati da rappresentanti delle forze dell’ordine e/o da un gruppo tecnico.
Viene, quindi, effettuata un’indagine ad ampio spettro in ambito preventivo e di difesa sociale che si realizza con l’accesso presso l’ente locale, gli enti pubblici e le società partecipate ed altri enti (come quelli sottoposti a controllo per il contrasto al riciclaggio); la relazione conclusiva deve essere redatta entro 3 mesi, prorogabili di altri 3 mesi come avviene di solito.
La procedura prevede che, entro 45 giorni dalla trasmissione della relazione della Commissione di accesso, deve essere redatta da parte del Prefetto la relazione destinata al Ministero dell’Interno; in tal caso è necessaria l’integrazione con eventuali ulteriori elementi in possesso del Prefetto (ad esempio, ulteriori risultanze dell’attività di polizia o provvedimenti della magistratura).
E’ stabilito anche l’obbligo di convocare il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ed è prevista l’acquisizione non obbligatoria di informazioni dal Procuratore della Repubblica anche in deroga all’art. 329 c.p.p. (segreto d’ufficio).
Il Comitato assume informazioni sui rapporti di parentela e affinità degli amministratori locali con i pregiudicati, le frequentazioni degli stessi amministratori e i rapporti contrattuali con le imprese colluse.
Il decreto di scioglimento e di nomina della Commissione straordinaria da parte del Presidente della Repubblica avviene su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro tre mesi dalla data della trasmissione della relazione prefettizia.
Le risultanze della relazione prefettizia non sono vincolanti per il Ministero e non vi è l’obbligatorietà di concludere l’iter procedimentale con uno scioglimento, ma con un provvedimento. Ecco perché anche nel caso del comune di Bari il procedimento potrebbe concludersi con una archiviazione, come fatto presente anche dal Ministro dell’interno.
Il decreto deve contenere, poi, l’indicazione analitica delle anomalie riscontrate e dei provvedimenti necessari per rimuovere le stesse in quanto si tratta di una motivazione rafforzata poichè il DPR si fonda per relationem sulla proposta ministeriale.
Inoltre, il provvedimento di scioglimento deve considerarsi un atto di alta amministrazione adottato dal governo, non vincolato dalla proposta ministeriale, proprio perché incide sulla volontà espressa nelle consultazioni elettorali.
È necessaria anche la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di scioglimento, della proposta ministeriale e della relazione prefettizia per indicare alla cittadinanza le ragioni dello scioglimento ed è anche prevista la facoltà di secretare alcune parti con adeguata motivazione.
A seguito della pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale cessano dalla carica i consiglieri, il Sindaco e i componenti delle giunte.
L’incarico ha una durata da 12 a 18 mesi, con possibilità proroga a 24 mesi disposta almeno 50 giorni prima della scadenza dello scioglimento; tali termini devono considerarsi perentori.
Nelle more del procedimento, il Prefetto può sospendere gli organi dalla carica ricoperta per motivi di grave e urgente necessità, attribuendo la provvisoria gestione a commissari per un massimo di 60 giorni.
Per quanto concerne il contenzioso, il provvedimento è impugnabile dinnanzi al Giudice amministrativo, TAR del Lazio, per assicurare l’uniformità dell’indirizzo giurisprudenziale e una maggiore specializzazione dei giudici, con valutazione di legittimità (idoneità dell’attività istruttoria, veridicità dei fatti, motivazione logica).
Successivamente, il Presidente della Repubblica nomina un collegio composto da tre membri scelti tra funzionari dello Stato e magistrati ordinari e amministrativi, che di solito non prestano servizio nella stessa provincia.
Il collegio dispone di un potere di autotutela di ampia portata volto ad eliminare le fonti di condizionamento della consorteria criminale ed è previsto un controllo esteso a tutti gli strumenti organizzativi e contrattuali, anche in deroga alle norme sul procedimento amministrativo (legge n.241/1990 e s.m.i.), anche se tale previsione deve essere attuata con grande cautela per evitare di esporre l’amministrazione a giudizi per il risarcimento del danno.
Con la nomina della Commissione si configura la risoluzione di tutti gli incarichi di cui all’art.110 TUEL (nomina dei dirigenti a contratto), di revisori dei conti e i rapporti di consulenza e collaborazione coordinata e continuativa, ma vi è però la possibilità di rinnovare gli incarichi citati entro 45 giorni dall’insediamento della Commissione per evitare la paralisi dell’ente.
È anche possibile l’integrazione da parte del Prefetto su richiesta della Commissione straordinaria di personale tecnico e amministrativo in posizione di comando, di distacco e soprattutto di sovraordinazione (i c.d. sovraordinati che sono funzionari di fiducia assegnati nei posti strategici del comune e che costituiscono la longa manus della Commissione). Per avere un quadro unitario delle diverse novità normative che si sono susseguite nel tempo, si consiglia il seguente volume: Le riforme della giustizia penale

FORMATO CARTACEO

Le Riforme della Giustizia penale

In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2024

2. La vicenda giudiziaria e i provvedimenti del ministro dell’interno


Il Ministro dell’Interno in data 19 marzo 2024 ha ufficialmente nominato una commissione di accesso finalizzata a verificare un’ipotesi di scioglimento del comune di Bari legata all’inchiesta c.d. “codice interno”.[6]
Tale provvedimento è stato adottato in conseguenza dell’inchiesta che aveva portato a Bari all’arresto di 137 persone, tra cui la ex consigliera comunale Maria Carmen Lorusso, eletta con il centro destra e poi passata con il centro sinistra, suo marito Giacomo Olivieri avvocato ed ex consigliere regionale, il padre di lei l’oncologo Vito Lorusso.
Già nell’ottobre 2022 un’altra consigliera comunale di Bari Francesca Ferri, sempre eletta nel centrodestra, era stata arrestata e poi rinviata a giudizio con il suo compagno e l’ex consigliere regionale Nicola Canonico per presunto voto di scambio nella stessa tornata elettorale a Bari e nel vicino comune di Valenzano. Gli imputati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per le elezioni di Bari e di voto di scambio elettorale politico-mafioso per quelle di Valenzano.
L’inchiesta ha scoperchiato un vero “vaso di pandora”, portando al commissariamento della municipalizzata del trasporto pubblico Amtab nella cui sede si sarebbero svolti incontri tra esponenti della criminalità organizzata, anche se si deve rilevare che il Procuratore della Repubblica in sede di conferenza stampa ha chiaramente riferito di ritenere sostanzialmente estranea l’amministrazione comunale all’indagine.
Lo stesso Ministro dell’Interno ha definito tale inchiesta “un altro importante risultato nell’azione di contrasto alle organizzazioni criminali” evidenziando che “questi interventi forniscono risposte concrete alle comunità locali e rafforzano la presenza dello Stato in contesti difficili”.
Poiché nella prossima primavera sono previste le elezioni comunali nel comune di Bari la nomina della commissione di accesso, che come sopra riferito può operare per sei mesi, potrebbe determinare problemi alla competizione elettorale.
In relazione al provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del comune di Bari, di cui ha dato notizia il Sindaco De Caro, che è anche presidente nazionale dell’ANCI, il Ministero dell’Interno ha anche precisato che “lo stesso si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di cento arresti nel capoluogo  pugliese e alla nomina da parte del Tribunale, ai sensi del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’Azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata  dallo stesso comune”.
Il Viminale ha poi riferito che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di precise disposizioni di legge, a Bari come in diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del comune, bensì ad una approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.
Il provvedimento di accesso ispettivo è stato originato, come detto, dall’inchiesta denominata “codice interno”, condotta dalla DDA di Bari lo scorso 26 febbraio con la quale è stata data esecuzione a due distinte ordinanze con l’adozione di 137 misure di custodia cautelare, con l’accusa, a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso, e ha fatto emergere alcuni particolari collegamenti tra alcuni clan malavitosi della città ed esponenti della vita politica e istituzionale.[7]
In particolare, l’indagine ha condotto agli arresti della citata consigliera comunale, organica alla maggioranza, Maria Carmen Lorusso, già presidente del nucleo di valutazione dell’area metropolitana di Bari per voto di scambio e compravendita di voti dalla criminalità organizzata, oltre il coniuge Avvocato Giacomo Olivieri ex consigliere regionale e già presidente della Società Multiservizi del comune di Bari.
Ma a supporto della tesi accusatoria ci sarebbe anche l’arresto di un ex consigliere dell’Asi, il consorzio di gestione della zona industriale, Francesco Frezza, arrestato per collusione con ambienti del clan criminale Parisi.
Inoltre, dalle intercettazioni è emerso un clima di sudditanza verso la malavita organizzata da parte dell’Amtab e, secondo gli investigatori, i clan malavitosi avrebbero imposto l’assunzione di parenti, affiliati e amici, circostanza che ha determinato l’amministrazione giudiziale nei confronti della società partecipata.
Gli indagati, in gran parte ritenuti appartenenti o contigui all’organizzazione mafiosa Parisi – Palermiti, sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di associazione di tipo mafioso, nonché di estorsioni, porto e detenzione di armi da sparo, illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti, estorsione commessa nell’ambito di competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso, nonché del reato di cui all’art. 416 ter c.p., relativo all’ingerenza elettorale politico – mafiosa, in particolare delle consorterie criminali “Parisi/Palermiti” e “Strisciuglio”, nelle consultazioni amministrative per l’elezione del Sindaco di Bari del 26 maggio 2019, in cui, secondo gli investigatori, sarebbero stati  catalizzati numerosi voti per la citata competizione elettorale.
Successivamente, in data 14 marzo 2024, un’altra parte del patrimonio del clan Palermiti-Parisi è finita sotto sequestro e il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ha firmato un decreto che ha fatto scattare i sigilli ad aziende, immobili, conti e auto, collegate alle due cosche; tra i beni sequestrati vi sono bar, autolavaggi e anche un centro estetico. 

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3. Conclusioni


In Puglia negli ultimi dieci anni, dal 2014 mal 2024, sono stati 19 i Comuni sciolti per mafia e il caso più eclatante è stato quello di Foggia. Nel caso in esame, il Sindaco di Bari ha reagito duramente al provvedimento governativo definendolo “un atto di guerra a Bari”.
Anche le forze politiche di opposizione hanno espresso sconcerto per la nomina della commissione di accesso per la verifica dello scioglimento per mafia del comune pugliese a tre mesi dalle elezioni amministrative, definendo tale scelta di natura politica.
A tale riguardo si prende atto che alcuni giorni prima dell’annuncio dello scioglimento si sia tenuta presso il Viminale una riunione presieduta dal Ministro dell’Interno alla presenza degli esponenti pugliesi della maggioranza di governo, tra l’altro immortalata da una foto scattata dal viceministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto e postata sui social.
Altrettanto innegabile è la circostanza che il Sindaco De Caro sia un politico in prima linea contro la criminalità organizzata dotato di uno spessore morale indiscusso, tanto che è stato eletto Presidente nazionale dell’ANCI e da nove anni è titolare di una misura di protezione personale in conseguenza delle ripetute minacce ricevute in seguito all’adozione di numerosi provvedimenti di contrasto alle mafie.
Tuttavia, la fattispecie deve essere esaminata esclusivamente da un punto di vista giuridico, scevro da valutazioni politiche.
Come detto in precedenza, la normativa prevista dall’art. 143 del Testo Unico degli enti locali, come modificato dalla legge n. 94/2009, ha carattere esclusivamente preventivo e cautelare e non punitivo.
Pertanto, compito della Commissione di accesso prima, del Prefetto, del Ministero dell’Interno e del Consiglio dei ministri dopo, è quello di accertare la presenza di elementi sintomatici che devono accertare “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, ovvero forme di condizionamento degli stessi soggetti”[8], ma anche circostanze fattuali, pregnanti e concrete dell’ingerenza della consorteria criminale nella vita politica dell’ente.
Inoltre, i decreti presidenziali di scioglimento spesso non si soffermano sull’aspetto psicologico richiesto dalla citata sentenza del Consiglio di Stato n.748/2016 e cioè “la consapevolezza di indirizzare le azioni degli amministratori al soddisfacimento degli interessi delle consorterie malavitose”. Quindi anche tale requisito dovrà essere approfondito in modo rigoroso.
Un altro elemento in grado di incidere sulla procedura di scioglimento potrebbero essere le affermazioni pubbliche del Procuratore di Bari il quale ha dichiarato in sede di conferenza stampa che “L’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata: è stata una parziale, circoscritta attività di inquinamento del voto alle comunali su cui noi siamo intervenuti”. In occasione, poi, il successivo 4 marzo, di una stipula con l’amministrazione comunale di un protocollo di legalità lo stesso Procuratore ha riferito che “L’amministrazione comunale di Bari ha dato una grandissima collaborazione alla Procura per raggiungere importanti risultati sulla legalità”.
Ci si chiede, pertanto, qualora la Commissione di accesso proponesse lo scioglimento, quale sarà il parere formale del Procuratore che necessariamente dovrà esprimere nell’ambito del Comitato Provincia le per la sicurezza pubblica convocato dal prefetto ai sensi della vigente normativa e a cui dovrà partecipare necessariamente.
Tale organo, come noto, è presieduto dal Prefetto e composto dal Questore, dai Comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri, del corpo della Guardia di Finanza e dall’ex corpo Forestale dello Stato ora Carabinieri Forestali, dal Sindaco del Comune capoluogo, dal Presidente della Provincia, dai Sindaci eventualmente interessati e da componenti dell’ordine giudiziario, in particolare il Procuratore della Repubblica.
Inoltre, avendo la Commissione a disposizione tre mesi per effettuare l’accesso, prorogabili di sei mesi come avviene solitamente, 45 giorni il prefetto per la relazione e tre mesi il Ministro dell’Interno per il decreto, l’eventuale scioglimento si verificherebbe presumibilmente tra circa un anno, con la conseguenza che la nuova amministrazione avrebbe una “spada di Damocle” sul suo funzionamento.
Certamente, poi, nel caso in cui le nuove elezioni dovessero registrare la conferma di amministratori nei cui confronti la commissione abbia accertati i collegamenti illeciti, potrebbero esserci ripercussioni anche sui nuovi organi insediati a seguito delle elezioni.
In conclusione si ritiene che nella fattispecie in esame possa sussistere il fumus boni juris per avviare la procedura di nomina della Commissione di accesso che potrà approfondire tutti gli elementi sintomatici accertati nel corso dell’indagine, ascoltare gli amministratori e i funzionari del comune e degli altri enti pubblici coinvolti, nella consapevolezza che tale organismo è obbligato a proporre al Prefetto un provvedimento e non uno scioglimento, come anche precisato dal Ministro dell’Interno.

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Note

  1. [1]

    Cfr. Sentenza n. 103/1993.

  2. [2]

    M. Teresa Sempreviva, Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno, Dike editore, 2017.

  3. [3]

    Secondo la dottrina prevalente lo scioglimento per mafia della Provincia non è più possibile ai sensi della legge n. 56/2014.

  4. [4]

    S. Guerra, Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose: gestione straordinaria e profili di responsabilità, in Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno cit. pp. 623-642.

  5. [5]

    Cfr. Cons. Stato n.748/2016.

  6. [6]

    E. Montani, Bari, il Ministero valuta lo sciglimento per mafia Decaro:atto di guerra, in Il Quotidiano di Puglia del 20 marzo 2024.

  7. [7]

    N. Man., Il Viminale: “Un monitoraggio a tutela degli amministratori, in Il Quotidiano di Puglia del 20 marzo 2024.

  8. [8]

    Art. 143 TUEL

Prof. Paolo Gentilucci

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