Indice:
- I fatti
- La normativa sul diritto di accesso civico e la tutela della protezione dei dati personali
- Il parere del Garante
1. I fatti
L’art. 5 del D.lgs. 33/2013 ha previsto il c.d. diritto di accesso civico, che può essere semplice o generalizzato, il quale consente a chiunque di accedere a dati, documenti e informazioni delle pubbliche amministrazioni senza necessità di dimostrare un interesse qualificato.
Ai sensi di quanto disposto nell’art. 5, comma 7 nel caso in cui l’accesso al richiedente è stato differito o negato a tutela degli interessi per la protezione dei dati personali, in conformità alla disciplina legislativa in materia (ex art. 5 bis, comma 2, lett.a) ), il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) provvede sul caso previo parere del Garante.
Nel caso oggetto di esame, il responsabile richiedeva all’Autorità Garante di esprimere parere in ordine ad una richiesta di accesso civico che, in particolare, aveva ad oggetto la richiesta di copia del curriculum vitae o atto equipollente di due soggetti che prestavano servizio presso un organismo di certificazione, ispezione e controllo accreditato. In particolare, richiedevano l’accesso a tutta la documentazione che fosse in grado di attestare il possesso, di questi due soggetti, dei requisiti necessari ed indispensabili per l’effettuazione delle verifiche periodiche ex art. 71, comma 11, d.m. 11 aprile 2011 sugli obblighi del datore di lavoro.
A tale richiesta, l’amministrazione aveva negato l’accesso per motivi di protezione dei dati personali, in quanto con molta probabilità l’accesso avrebbe potuto determinare un concreto pregiudizio e avrebbe esposto a grave e reale pericolo il diritto dei contro interessati alla riservatezza delle informazioni.
A fronte del diniego dell’amministrazione, il richiedente procedeva ex art. 5 comma 7 del D.lgs. 33/2013 a presentare richiesta al RCPT di riesame del provvedimento poiché lo riteneva non legittimo e, dunque, insisteva sulla richiesta già avanzata.
2. La normativa sul diritto di accesso civico e la tutela della protezione dei dati personali
La normativa applicabile al caso di specie è quella contenuta dal D.lgs. 33/2013, il quale consente a chiunque di richiedere l’accesso documenti dalle pubbliche amministrazioni, in virtù del principio di trasparenza, ex art. 1 della medesima normativa, inteso come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle PA.
Tuttavia, la libertà di accesso a tali documenti e atti deve essere garantita nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti.
In considerazione di ciò, dunque, le pubbliche amministrazioni, in sede di valutazione delle istanze di accesso, hanno l’onere di bilanciare gli obblighi di trasparenza e gli obblighi di protezione dei dati personali, in virtù del c.d. principio di accountability. Ciò significa che le pubbliche amministrazioni devono tener conto della normativa vigente ai fini di una corretta gestione dei dati personali.
Ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. 33/2019, il diritto di accesso civico si distingue in:
- Accesso civico “semplice”, il quale consente a chiunque, senza particolari motivazioni e senza una situazione giuridica qualificata, il diritto di richiedere a una pubblica amministrazione documenti, informazioni e dati nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione prevista dalla legge;
- Accesso civico “generalizzato”, il quale consente a chiunque, senza particolari motivazioni e senza una situazione giuridica qualificata, il diritto di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è prevista la pubblicazione obbligatoria.
Per il secondo tipo di acceso è prevista una limitazione: ossia, ossia è possibile avanzare la richiesta di accesso nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto disposto dall’art. 5 bis del D.lgs. 33/2013.
Il citato art. 5-bis prevede che le pubbliche amministrazioni possono rifiutare la richiesta di accesso dell’istante se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici menzionati dalla normativa (sicurezza e ordine pubblico; sicurezza nazionale …), ovvero un pregiudizio concreto alla tutela di certi interessi privati:
- La protezione dei dati personali, in conformità della disciplina legislativa in materia;
- La libertà e la segretezza della corrispondenza;
- Gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
Dunque, in base al disposto dell’art. 5 bis D.lgs. 33/2013 l’accesso civico deve essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela dei dati personali, in conformità a quanto prevista dalla disciplina legislativa vigente in materia.
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3. Il parere del Garante
Il Garante ha, preliminarmente, osservato che la richiesta di accesso civico per quale è stato chiamato a rendere parere riguarda la richiesta di esposizione, come già detto, del curriculum e dell’insieme di documenti riguardanti il possesso dei requisiti richiesti dalla disciplina di settore per effettuare verifiche periodiche sulle attrezzature di lavoro previste dall’art.71, comma 11 del d.lgs. 81/2008 (testo unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori). Tali documenti sono detenuti presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
>> Leggi il parere del Garante del 7 gennaio 2022
Ciò detto, il Garante ha evidenziato come, una volta che viene consentito l’accesso, i dati e i documenti per i quali è stata fatta richiesta, diventano pubblici: pertanto, il trattamento di questi documenti, idonei a fornire informazioni inerenti dati personali del soggetto, deve effettuarsi nel rispetto della normativa vigente in materia di trattamento e protezione dei dati personali.
Alla luce dei principi contenuti nel GDPR, in particolar in quanto disposto nell’art. 5 (“finalità del trattamento”), alla luce delle Linee Guida dell’ANAC in materia di accesso civico (Determinazione 1309/2016), l’Autorità ha ritenuto che l’amministrazione ha correttamente negato l’accesso a questo tipo di richiesta.
Secondo il Garante, infatti, un eventuale riconoscimento dell’accesso civico generalizzato al curriculum vitae e alla documentazione attestante i requisiti professionali richiesti ai due soggetti per la propria attività lavorativa, unita alla generale conoscenza e al particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico potrebbe effettivamente arrecare a detti due soggetti un pregiudizio concreto alla protezione dei relativi dati personali.
Infatti, il Garante ha ritenuto che la documentazione oggetto della richiesta di accesso è idonea a rivelare numerosi dati personali e dettagliate informazioni inerenti l’attività svolta: in particolare si tratta di dati identificativi, anagrafici, di residenza, nazionalità, codice fiscale (…), informazioni sulle esperienze lavorative passate con dettagliati riferimenti sulle funzioni assunte, società presso cui si è svolto l’attività (…).
Per il Garante, dunque, consentire questo tipo di accesso avrebbe creato un’interferenza giustificata e sproporzionata nei diritti e nelle libertà dei soggetti contro interessati, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e sociale.
Infine, il Garante ha ricordato che i dati personali per i quali è stato negato l’accesso civico possono, tuttavia, essere resi manifesti se il soggetto istante, riformulando la richiesta ai sensi della disciplina contenuta nella l.241/1990, motivi nella richiesta la presenza di un interesse qualificato e, conseguentemente, l’amministrazione ritenga un interesse diretto, concreto ed attuale rispetto al documento per il quale viene richiesto l’accesso.
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