Accesso PMA a donna single: la parola passa alla Consulta

La I Sezione Civile del Tribunale di Firenze ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 della legge n. 40/2004, che prevede il divieto d’accesso alle tecniche di PMA ai single, per contrasto con alcuni articoli della Costituzione, sospendendo il procedimento e disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Indice

1. La vicenda: il diniego di PMA a donna single


Una donna ha esposto al Tribunale di aver inviato al centro di procreazione assistita un’email chiedendo un appuntamento per accedere alla fecondazione assistita, quindi di aver ricevuto diniego alla richiesta motivato sul divieto di accesso alle tecniche alle persone single di cui alla legge numero 40/2024. La stessa donna ha sostenuto che il diniego risulta irragionevole e contrasti con gli articoli 2, 3, 13, 32,117 della Costituzione, il 117 con riferimento agli articoli 8 e 14 CEDU. Il centro ha dedotto di non poter far altro che opporre il proprio diniego a causa della vigenza dell’articolo 5 della legge 40, secondo il quale possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita solo le coppie di maggiorenni di sesso diverso.
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2. Il ricorso


La stessa donna ha proposto ricorso al Tribunale chiedendo di ordinare, in via d’urgenza, con decreto inaudita altera parte, i provvedimenti necessari per disapplicare l’articolo 5 della legge 40/2004, ravvisandone il contrasto con gli articoli 8 e 14 CEDU. La stessa ricorrente ha argomentato l’intenzione di voler ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche con eterologa maschile, di voler sottoporsi a un protocollo di procreazione medicalmente assistita adeguato ad assicurare le più alte probabilità di risultato, e di volersi sottoporre a un trattamento medico eseguito secondo tecniche e modalità compatibili con un elevato livello di tutela della salute della donna, chiedendo al Giudice di ordinare a un centro di procreazione assistita di accogliere la richiesta di accesso alla tecnica di fecondazione di tipo eterologo con impiego di gamete maschile di un donatore terzo e anonimo, come pure di avviare la procedura medica a carico del servizio sanitario.

3. L’articolo 5


Il Tribunale ha osservato che l’articolo 5 della legge 40 prevede l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi. Detta norme prevede il divieto d’accesso alle tecniche in parola alle persone single.

4. I profili di incostituzionalità


Per il giudice, tuttavia, la norma che si dovrebbe applicare presenta alcuni profili di incostituzionalità, pertanto, la questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata rilevante, dipendendo dalla stessa la decisione della controversia, nel senso indicato dalla ricorrente. In dettaglio, l’articolo 5 della legge n. 40, nella parte in cui nega la donna di accedere alle tecniche in questione tramite fecondazione eterologa, fecondazione resa legittima nell’ordinamento in forza della sentenza n. 162/2004 della Consulta, per il giudice fiorentino contrasta con l’articolo 3 della Costituzione. Tale articolo 5, infatti, per lo stesso giudice, prevede un’irragionevole disparità di trattamento, senza che detta disparità possa essere giustificata da alcun interesse costituzionalmente rilevante, tra categorie di soggetti, a seconda che si tratti di coppia o di single, nonostante nell’ordinamento venga ammessa e tutelata la famiglia monogenitoriale, come nel caso di adozione di persone single, in casi particolari, e a seconda delle risorse economiche. IL giudice ha osservato che se una donna si reca all’estero per accedere alla procedura, il rapporto di filiazione che scaturisce in Italia è riconosciuto dall’ordinamento in quanto la prassi applicativa del “turismo procreativo” conduce al superamento del divieto normativo. La Consulta, con la sentenza n. 161/2023 aveva consentito alla donna rimasta sola, di procedere con l’impianto in utero dell’embrione prima formato, garantendo la possibilità di nascere anche in un contesto familiare conflittuale. Tramite il decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 di quest’anno, il ministero della Salute ha previsto che la donna, separata o vedova, ha il diritto al trasferimento in utero dell’embrione crioconservato, ove vi sia stato un precedente consenso sottoscritto dalla coppia alla fecondazione e tale fecondazione sia avvenuta. L’articolo 5 contrasta inoltre con gli articoli 3 e 13 della Costituzione, poiché non tutela, sacrificandole, le esigenze di procreazione, di cui alla sentenza n. 15/2009 della Consulta e il diritto incoercibile dell’individuo di scegliere di costituire una famiglia anche con figli non genetici, comportando una violazione della libertà di autodeterminazione con riferimento alle scelte procreative. L’articolo 5 contrasta, inoltre, con l’articolo 32 della Costituzione, poiché il divieto di accesso alle tecniche in questione alla donna single viola il diritto alla salute della donna stessa, precludendo alla stessa la prospettiva di divenire madre, considerando pure il fattore temporale legato alla sua fertilità. Infine, tale articolo 5 collide con l’articolo 117, comma 1, della Costituzione, in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e agli articoli 379 e 35 della Carta di Nizza, poiché il divieto normativo in rilievo collide col diritto al rispetto della vita privata e familiare e col diritto all’integrità fisica e psichica, non rispettando la libertà di autodeterminazione e di scelta, sulla propria sfera privata, con riguardo al diritto di ognuno alla costituzione del proprio modello di famiglia.

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Avv. Biarella Laura

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