Massima |
Ove il rapporto di lavoro sia regolato da un contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta dall’imprenditore, il giudice, per valutare la sufficienza della retribuzione del lavoratore ai sensi dell’art. 36 Cost., può utilizzare la disciplina collettiva del diverso settore come parametro di raffronto e quale criterio orientativo, limitatamente alla retribuzione base, senza riguardo per gli altri istituti contrattuali ed esclusa ogni automatica applicazione. |
1. Questione
La Corte d’Appello accoglieva l’appello svolto dalla dottoressa contro !a sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda tendente al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato intercorso con il dottor e al pagamento delle differenze retributive e, in subordine, di somme a titolo di ingiustificato arricchimento. La Corte territoriale, a sostegno del decisum, riteneva, per quanto qui rileva, che:
– non poteva dubitarsi della sussistenza della dedotta subordinazione, sia pur attenuata per la peculiare attività lavorativa in campo sanitario svolta dalla dottoressa (medico presso le numerose case di cura private o convenzionate con il S.S.N. gestite dal dottore, di coordinamento del gruppo di medici, di assistenza medica specialistica);
– gli indici significativi della subordinazione risiedevano nella durata pluriennale del rapporto, nelle emergenze istruttorie relative allo svolgimento dell’attività di medico e di coordinamento ed organizzazione dei medici;
– l’invocata contrattazione collettiva e il riferimento all’inquadramento quale aiuto pur non essendo direttamente applicabile ai rapporto di lavoro ben poteva assurgere a valido parametro di riferimento;
– riconosceva, pertanto, il credito per lavoro straordinario (per essere emersi concordi elementi in ordine al costante superamento dell’orario legale), il TFR e la 13A mensilità, mentre andava escluso il compenso di pronta reperibilità, trattandosi di voce di mera derivazione contrattuale e quello per ferie asseritamente non godute per mancanza di prova.
Avverso l’anzidetta sentenza, la dottoressa ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.
Sul punto, la Cassazione ha ribadito il principio secondo cui: “In tema di diritto all’equa retribuzione per i lavoratori subordinati, il giudice di merito, nel determinare il compenso o la retribuzione base spettante al lavoratore subordinato, può, in mancanza di una specifica contrattazione di categoria, utilizzare alla stregua dell’art. 36 Cost. la disciplina collettiva di un settore – diverso da quello in cui di fatto ha operato il datore di lavoro – a semplici fini parametrici o di raffronto per la determinazione della sola retribuzione base spettante al lavoratore subordinato (senza riguardo agli altri istituti contrattuali). Tale determinazione può essere impugnata dal lavoratore in cassazione, in caso di disapplicazione del criterio giuridico della “sufficienza” della retribuzione – volto a garantire la soddisfazione dei bisogni di una esistenza libera e dignitosa – nonché di quello della “proporzionalità” – volto a correlare la stessa retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, rimanendo di contro l’apprezzamento in concreto dell’adeguatezza della retribuzione riservato al giudice di merito”.
2. Giusta retribuzione ed art. 36 Cost.
E’ principio di diritto, nella giurisprudenza di questa Corte, che in tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., il giudice del merito, anche se il datore di lavoro non aderisca ad una delle organizzazioni sindacali firmatarie, ben può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, che rappresenta il più adeguato strumento per determinare il contenuto del diritto alla retribuzione, anche se limitatamente ai titoli contrattuali che costituiscono espressione, per loro natura, della giusta retribuzione, con esclusione, quindi, dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità aggiuntive oltre la tredicesima. Ove il giudice del merito intenda discostarsi dalle indicazioni del contratto collettivo, ha l’onere di fornire opportuna motivazione, mentre costituisce specifico onere del datore di lavoro quello di indicare gli elementi dai quali risulti la inadeguatezza, in eccesso, delle retribuzioni contrattualmente previste in considerazione di specifiche situazioni locali o della qualità della prestazione offerta dal lavoratore (Cass. 18 marzo 2004, n. 5519 e 14 dicembre 2005, n. 27591).
La sentenza impugnata è, quindi, conforme al diritto avendo i giudici di secondo grado, ai fini della determinazione della giusta retribuzione ex art. 36 Cost., preso quale riferimento parametrico, e con esclusione degli istituti- rectius delle voci retributive- tipicamente contrattuali, il CCNL del settore.
Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Università di Teramo in Medicina del Lavoro e in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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