precedenti giurisprudenziali: Cass. pen., Sez. V, Sentenza n. 36602 del 15/07/2010
La vicenda
Un condomino nel corso dell’assemblea sosteneva che altro condomino aveva occupato abusivamente un sottotetto del condominio utilizzandolo come abitazione, specificando che l’occupazione era avvenuta attraverso una serie di atti illegittimi, falsi e nulli, in spregio alle più normali regole della giustizia. L’accusa veniva ribadita, in presenza di altri condomini, in occasione di una successiva assemblea e comunicata per iscritto all’amministratore di condominio.
A fronte di questo comportamento “l’accusato” si rivolgeva al Giudice di Pace per richiedere la condanna del condomino che aveva fatto le predette dichiarazioni, ritenendolo colpevole del reato di diffamazione. Il Giudice di Pace condannava l’imputato al pagamento di una multa e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto riconosciuto colpevole del reato di diffamazione, per avere offeso la reputazione del condomino.
Il Tribunale, in composizione monocratica, confermava la sentenza di primo grado; successivamente però la Suprema Corte, annullava tale pronuncia di appello, con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale, ritenendo che dal testo della sentenza impugnata non si potesse ricavare se la persona offesa fosse fisicamente presente in entrambe le occasioni indicate nel capo di imputazione.
Il Tribunale, in riforma della sentenza emessa dal Giudice di Pace, non riteneva che l’imputato fosse colpevole per la seconda riunione assembleare, ma confermava la colpevolezza in relazione alla prima assemblea.
Il condannato ricorreva nuovamente in cassazione, facendo presente che intendeva esclusivamente rappresentare, nella sede opportuna, una situazione oggettiva determinatasi nel caseggiato, compiendo così un atto di diffida, rivolto all’occupante abusivo di una porzione immobiliare, il sottotetto, illegittimamente ritenuto un appartamento per civile abitazione.
In particolare il condomino condannato sosteneva che il suo unico obiettivo era stato quello di “esternare” fatti desunti dalla documentazione in suo possesso, nella consapevolezza di esercitare un proprio diritto, anche nell’interesse degli altri condomini.
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La questione
Affermare in assemblea che un determinato condomino ha occupato abusivamente il sottotetto, specificando che l’occupazione è avvenuta attraverso “una serie di atti illegittimi, falsi e nulli, in spregio alle più normali regole della giustizia” costituisce reato?
La soluzione
La Cassazione ha confermato la colpevolezza del ricorrente per aver commesso in sede assembleare il reato di diffamazione.
Del resto per l’integrazione del reato è necessario che la critica avvenga al di fuori di qualsiasi funzione di controllo o di denuncia, nei confronti della persona offesa e si sostanzi in affermazioni aggressive e gratuite, ingiustificatamente offensive dell’onore della vittima.
In altre parole secondo i giudici supremi le espressioni utilizzate dovevano considerarsi, comunque, lesive della dignità personale della vittima.
In ogni caso secondo la Cassazione anche la tesi del condannato secondo cui le dichiarazioni contestate si dovevano considerare legittime e necessarie per la tutela del proprio diritto di proprietà, sono state smentite dal complesso delle prove acquisite.
Alla luce di quanto sopra i giudici penali hanno dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali.
Le riflessioni conclusive
Il reato di diffamazione è previsto dall’articolo 595 c.p.
La diffamazione è quell’atto con cui una persona offende la reputazione di un’altra, in sua assenza e davanti ad almeno due altre persone.
L’articolo 595 c.p. prevede, in caso di diffamazione, la reclusione fino a dodici mesi e una sanzione pecuniaria fino a € 1032,91.
Gli elementi affinché si costituisca il reato di diffamazione quindi, sono tre: offesa alla reputazione di una persona; la vittima è assente dalla discussione; gli ascoltatori sono almeno due.
Da considerare che l’elemento psicologico della diffamazione consiste non solo nella consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione ma anche nella volontà che la frase denigratoria venga a conoscenza di più persone.
Pertanto è necessario che l’autore della diffamazione comunichi con almeno due persone o con una sola persona, ma con tali modalità che detta notizia sicuramente venga a conoscenza di altri ed egli si rappresenti e voglia tale evento.
In ogni caso bisogna ricordare che definire una condomina, notoriamente litigiosa e mal pagatrice, accusandola di comportamenti del tutto scorretti non costituisce reato, rientrando nel diritto di critica.
L’esercizio del diritto in parola consente l’utilizzo di espressioni forti ed anche suggestive, al fine di rendere efficace il discorso e richiamare l’attenzione di chi ascolta (Cass. pen., sez. V, 22/06/2017, n. 31079).
Del resto non commette il reato di diffamazione neppure il condomino che accusa altri condomini o loro figli della rottura di una parte comune.
In un caso recente una condomina ha accusato due minori (figli di condomini) della rottura del motore del cancello condominiale. In realtà, il cattivo funzionamento era dovuto ad un vizio strutturale del cancello e non ad un suo uso scorretto.
Il Tribunale, confermando la sentenza del Giudice di Pace, ha condannato la condomina per diffamazione. Per la Cassazione, però, la frase ritenuta diffamatoria si limitava ad evidenziare una situazione di fatto, non contestata nel suo accadimento, priva di alcun intento diffamatorio. I giudici supremi, perciò, hanno annullato la sentenza impugnata senza rinvio in quanto il fatto non sussiste (Cass. pen., sez. V, 11/05/2018, n. 21128).
Si deve tenere conto che anche mettendo gli avvisi in una bacheca condominiale è possibile diffamare qualcuno. Infatti, è stata riconosciuta la responsabilità penale a carico dell’amministratore, per aver informato la collettività condominiale della persistente morosità di alcuni condomini e del conseguente rischio di distacco della fornitura idrica. Questa informazione era stata divulgata mediante avviso nella bacheca condominiale (Cass. pen., sez. V, 29/01/2013, n. 4364).
Risponde del reato di diffamazione anche l’amministratore di condominio che, per evitare il rischio imminente dell’interruzione della fornitura idrica condominiale, affigga sull’ascensore dello stabile l’elenco dei condomini morosi. Nel caso di specie, le modalità adottate dall’amministratore per la comunicazione, ancorché mosse dall’intento di scongiurare il rischio dell’interruzione della fornitura, sono state considerate sproporzionate e, comunque, ingiustificate atteso l’inevitabile pregiudizio recato alla persona offesa, che ben poteva essere informata in altro modo, anche perché l’amministratore era a conoscenza dello stato di insolvenza dei condomini da diverso tempo (Cass. pen., sez. V, 12/12/2012, n. 4364).
Allo stesso la Corte di Cassazione ha confermato la condanna dell’amministratore, per il citato reato, per aver inviato una lettera a tutti i condomini in cui riportava le frasi ingiuriose espresse, nel corso di un’assemblea, da un geometra contro due condomini dicendogli che “non capivano niente ed erano malfattori, gentaglia e delinquenti” (Cass. pen., sez. V, 04/06/2015, n. 44387: uno dei due condòmini offeso era il presidente dell’assemblea che aveva contestato il bilancio predisposto dall’amministratore che si era, successivamente, dimesso).
La Cassazione, nella fattispecie in esame, ha applicato i principi della proporzionalità delle condotte in funzione dello scopo da perseguire.
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