Massima: La regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.
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L’affidamento del minore
Con taglio pratico e utili formule, l’opera è un’analisi delle criticità legate all’affidamento del minore.Attraverso il supporto degli orientamenti giurisprudenziali e di consigli operativi, si offrono le soluzioni ai principali quesiti relativi al diritto alla bigenitorialità, all’affidamento in caso di disgregazione del nucleo familiare, all’assegnazione della casa coniugale e all’utilizzo di questa quale forma di tutela della prole.Si affrontano altresì le questioni del mantenimento e dei criteri per la sua determinazione, dell’ascolto del minore e dell’alienazione parentale.Damiano MarinelliAvvocato cassazionista (marinelli@areaconsulenze.it), arbitro e mediatore, docente di diritto privato e di diritto della mediazione e dell’arbitrato presso l’università eCampus e presso corsi attivati dalle università di Padova, Firenze e Siena. È anche formatore accreditato dal ministero della giustizia. È presidente dell’Associazione Legali Italiani (www.associazionelegaliitaliani.it)Luciano Natale VinciAvvocato del Foro di Matera, svolge la professione forense dall’anno 2005, dividendosi tra i due studi di cui è titolare, in Roma e in Policoro (MT). Impegnato nel diritto di famiglia e nella tutela dei minori sin dall’inizio dell’attività professionale, dall’anno 2011 è cultore di Diritto Privato presso l’Università eCampus.Dall’aprile 2016 è Presidente della Camera Minorile Distrettuale della Lucania e vanta la partecipazione, in qualità di relatore, a numerosi convegni in materia giuridica familiare e minorile.
Damiano Marinelli, Vinci Natale Luciano | 2017 Maggioli Editore
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Il caso.
Il padre di una minore ha impugnato con ricorso per cassazione il decreto con il quale la Corte di appello di Reggio Calabria aveva respinto il reclamo proposto dal ricorrente avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria con il quale era stato disposto l’affidamento condiviso della minore con residenza prevalente presso la madre, l’assegnazione a quest’ultima della casa familiare, la regolazione dei tempi del diritto di frequentazione del padre, l’obbligo per quest’ultimo di corrispondere alla madre della minore un assegno mensile rivalutabile annualmente secondo indice ISTAT e il 50% delle spese straordinarie quale contributo al mantenimento della figlia.
La Corte di appello ha ritenuto infondate le domande sottopostele dal padre della minore, rilevando che lo spostamento della residenza della piccola avrebbe provocato un inutile turbamento della sua originaria e attuale condizione di convivenza con la madre, rispetto alla quale non sussistevano elementi di disagio o di inopportunità. L’istanza rivolta a disporre una convivenza paritaria in termini di tempo con entrambi i genitori avrebbe altresì comportato un ingiustificato sconvolgimento della condizione attuale della minore, ingenerando per lei una situazione più faticosa e destabilizzante. In ordine alla regolamentazione dei tempi e delle modalità di esercizio del diritto di frequentazione della figlia da parte del padre, la Corte di appello ha escluso ogni modifica, rilevandone la conformità alle indicazioni dei servizi sociali, reputandole rispondenti all’interesse della minore perchè idonee a consentire un ampio spazio relazionale con il padre senza turbare i ritmi di vita della bambina e la sua relazione con la madre.
Il principio di diritto.
Il profilo di maggiore interesse della decisione in commento[1] risiede nella principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione, secondo cui “la regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dalla esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo”. Nè gli orari di lavoro dei genitori possono assumere una rilevanza tale da plasmare di per se stessi le modalità dell’affidamento. Rispetto alle esigenze dei genitori, anche se lavorative, sono del tutto prevalenti, anzi sono primarie, quelle del minore. Nè tantomeno esse posso essere condizionate da richieste avanzate da parte di uno o entrambi i genitori e volte a fissare un’aritmetica e simmetrica suddivisione dei tempi di permanenza presso di loro. In definitiva, la Cassazione con la sua decisione ha valorizzato le finalità dell’affidamento condiviso, coniugando le ragioni della bigenitorialità con quelle, fondamentali e prevalenti, dell’interesse del minore, a cui deve essere assicurata la massima tutela, garantendo la serenità psichica ed emotiva nella maniera migliore possibile pur tenendo conto della crisi familiare. E ciò in piena coerenza con la ratio seguita dal legislatore del 2013, che, nel modellare l’affidamento condiviso nell’art. 337 ter c.c.[2], si è conformato ad un’ idea di compartecipazione dei genitori, valorizzando il contributo di entrambi in tutti gli aspetti che riguardano i rapporti affettivi con la prole. La ripartizione dei compiti dei genitori dovrà, perciò, essere orientata dal giudice tenendo conto delle necessità della prole (che ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciscun ramo genitoriale, come si legge nel comma 1 dell’art. 337 ter) anche a costo di sacrificare aspirazioni o aspettative dell’uno o dell’altro genitore, in rapporto alla propria organizzazione di vita, se incompatibili con le primarie esigenze dei figli[3]. Il caso in esame è esemplare. La Suprema Corte, infatti, sulla scorta dei predetti presupposti ha ritenuto immune dai vizi denunciati la sentenza della Corte d’appello, lasciando emergere (pur nei limiti rappresentati dalla preclusione del sindacato di merito in sede di legittimità) come le statuizioni del giudice di secondo grado fossero condivisibili e corrette sul piano fattuale e giuridico. In particolare, le modalità di affidamento della minore sono apparse adeguate ed adottate rispecchiando l’esito delle risultanze istruttorie. Al riguardo, come si legge nella sentenza commentata, la Corte di appello aveva pure esplicitamente motivato il rigetto della richiesta del ricorrente di esaminare e tenere conto degli incontri dei due ex conviventi presso il Consultorio familiare dai quali sarebbe emersa, sempre a dire del ricorrente, la refrattarietà della madre della minore a parteciparvi e la sua volontà di non riaprire un dialogo tra genitori. A tal proposito, correttamente la Corte distrettuale, come ha colto la Cassazione, ha ribadito la non rilevanza di tali circostanze rispetto al thema decidendum concernente esclusivamente la minore e il suo rapporto con i genitori che si era svolto senza ostacoli anche dopo la separazione. Inoltre, la Corte di appello e prima ancora il Tribunale hanno pienamente valutato le prospettazioni del ricorrente riguardanti la maggiore compatibilità dei suoi orari di lavoro con il tempo a disposizione della figlia. Così come hanno ampiamente valutato la idoneità genitoriale di entrambi e il rapporto della piccola sia con il padre che con la madre. All’esito di questa valutazione, e tenendo conto in misura rilevante della esigenza di stabilità della bambina e del suo rapporto con la madre, nella fase della prima infanzia, sia il Tribunale sia la Corte di appello hanno ritenuto maggiormente rispondente a una crescita serena ed equilibrata della minore la sua convivenza con la madre, ma con un ampio riconoscimento della relazione e della frequentazione con il padre. In questa prospettiva è apparsa riduttiva e non confacente all’interesse della figlia una decisione circa la sua residenza basata in linea principale sugli orari di lavoro dei genitori. Infine, come ha ben spiegato la Corte di appello, il provvedimento che autorizzava il contatto telefonico giornaliero del padre con la minore era comunque subordinato alle esigenze di quest’ultima e si era rivelato inadeguato, perchè vissuto in un clima conflittuale che si prestava a possibili strumentalizzazioni della figlia da parte dei genitori. Di conseguenza, esso è stato implicitamente revocato ed è questa la ragione, unitamente alla mancata esplicita riproposizione della richiesta al riguardo da parte del padre, per cui non è stato previsto alcunchè nel dispositivo della decisione finale del Tribunale. Peraltro, anche tale richiesta, pur se non riproposta, è stata comunque valutata e ritenuta infondata dalla Corte di appello, che sulla questione ha espresso un giudizio discrezionale ma motivato e non sindacabile in sede di legittimità.
In definitiva, la regolamentazione dei tempi e del rapporto dei genitori con i figli devono essere sempre orientati dal primario diritto delle prole a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo sia con il padre che con la madre, ma evitando soluzioni che potrebbero comportare disagi ai minori affidati.
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Note
[1] Già annotata da S. Mendicino, Separazione ed affido condiviso: spostamento della residenza del minore basato sugli orari di lavoro dei genitori, in Diritto & Giustizia, fasc. 33, 2020, pp. 7 ss.
[2] Introdotto dall’art. 55 del D.L.vo 28 dicembre 2013, n. 154.
[3] Su tali tematiche cfr., di recente, A. Nicolussi, Famiglia e biodiritto civile, in Europa e Diritto Privato, fasc. 3, 1 Settembre 2019, pp.713 ss. (ivi bibl.).
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