Affidamento in prova ai servizi sociali: i rapporti con il risarcimento del danno

L’avvenuto risarcimento del danno non è requisito per l’ammissione per l’affidamento in prova al servizio sociale

(Rigetto del ricorso)

Orientamento prevalente confermato

(Normativa di riferimento: L. 26-04-1975, n. 354, art. 47)

Il fatto

Con ordinanza il Tribunale di sorveglianza di Catania respingeva l’istanza presentata dal detenuto avente ad oggetto la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di cui alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Ragusa.

In particolare in questo provvedimento, sebbene fosse stata concessa la detenzione domiciliare richiesta in via subordinata, veniva al contempo negata la misura di cui all’art. 47 ord. pen. sul rilievo dell’entità del reato (art. 570 c.p.) per il quale era stata pronunciata la condanna in espiazione e dell’omesso risarcimento del danno.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Il difensore di fiducia presentava ricorso per cassazione deducendo, con unico motivo, difetto di motivazione, per avere il Tribunale dato rilievo negativo e decisivo all’omesso risarcimento del danno, senza considerare che ciò era dipeso dalle condizioni di precarietà economica del condannato, e per non aver considerato gli elementi positivi desumibili dall’assenza di precedenti e di procedimenti pendenti a carico del ricorrente.

La difesa aggiungeva altresì il rilievo che la legge (art. 47, comma 7, ord. pen.) prevede il risarcimento del danno come elemento della misura, e non come requisito della stessa.

Il Procuratore generale dal canto suo chiedeva l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, sul rilievo che il Tribunale non aveva considerato se il mancato risarcimento del danno fosse dovuto a condizioni di precarietà economica nè aveva valorizzato l’assenza di altri procedimenti a carico.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

 La Corte di Cassazione respingeva il suddetto ricorso per le seguenti ragioni.

Prima di tutto i giudici di legittimità ordinaria rilevavano come il Tribunale di sorveglianza, richiesto della concessione di una misura alternativa alla detenzione, fosse tenuto a compiere il giudizio di congruità della misura richiesta rispetto alla finalità rieducativa e di prevenzione speciale, e ciò sia nel caso della misura dell’affidamento al servizio sociale (art. 47, comma 2, ord. pen.) come nel caso di detenzione domiciliare cd. generica (art. 47 ter, comma 1 bis, ord. pen.) evidenziandosi quindi come sia necessaria una valutazione sulla personalità del condannato, desumibile, nel caso di istanza proposta in costanza di detenzione, da quanto emerso nel periodo di osservazione e comunque da tutti gli elementi che concorrono a definire il profilo soggettivo dell’istante, sia con riferimento alla condotta antecedente al reato sia, con maggior rilevanza, alla condotta successiva al reato.

Enunciato ciò, i giudici di Piazza Cavour – dopo avere osservato, per un verso, che l’ordinanza impugnata aveva valutato come adeguata la più restrittiva misura della detenzione domiciliare rispetto a quella dell’affidamento al servizio sociale, sul rilievo del titolo del reato in espiazione (inosservanza agli obblighi di assistenza familiare) e dell’assenza di risarcimento del danno nei confronti dei familiari, per altro verso, che il ricorso sosteneva che, da una parte, il Tribunale sarebbe incorso in una violazione di legge nel ritenere l’avvenuto risarcimento del danno come requisito per la concessione della misura alternativa e, dall’altra, che la motivazione sarebbe carente, non avendo valutato i motivi dell’omesso risarcimento, e contraddittoria, avendo comunque riconosciuto come elemento positivo l’incensuratezza dell’istante.

In particolare si evidenziava come l’ordinanza impugnata non avesse considerato di per sè preclusivo l’omesso risarcimento del danno, ma avesse valutato tale elemento nell’ambito del giudizio sulla specifica adeguatezza della misura dell’affidamento al servizio sociale posto che, da una parte, l’avvenuto risarcimento del danno non è requisito per l’ammissione alla misura alternativa, nè condizione per la positiva valutazione, ex post, dell’esito della misura, ma può solo costituire una delle prescrizioni inerenti alla misura se ne risulta la compatibilità, e, dall’altra, il mancato risarcimento del danno è circostanza che può fondare un negativo giudizio, qualora risulti la effettiva possibilità della riparazione del pregiudizio arrecato alla vittima del reato (Sez. 1, 21.9.2016, Panelli, Rv. 269033).

Quanto al difetto di motivazione lamentato dal ricorrente, la Corte rilevava come non sussistesse il denunciato profilo di contraddittorietà in quanto il Tribunale, che aveva compiuto un giudizio articolato, valutando anche la congruità della misura della detenzione domiciliare, aveva tenuto conto degli elementi positivi, quale la assenza di altre condanne, e quindi giungeva alla valutazione di idoneità della detenzione domiciliare mentre, per quel che riguarda la mancata considerazione della impossibilità del risarcimento del danno, il collegio stimava detta doglianza infondata poiché: a) in ordine al fatto storico dell’omesso risarcimento del danno non vi era stata contestazione quanto alla non volontarietà di tale omissione non essendo stato dedotto un profilo di travisamento della prova anche perché solo con il ricorso per cassazione si deduceva che il detenuto sarebbe stato  impossibilitato dalle condizioni economiche; b) si stimava adeguata la motivazione svolta dal Tribunale di Sorveglianza sul punto in quanto, per un verso, il fatto storico (dell’omesso risarcimento del danno) viene collegato al particolare titolo di reato (art. 570 c.p.), che, a sua volta, presuppone la possibilità dell’adempimento degli obblighi familiari aventi natura economica, per altro verso, il tempo trascorso dalla condanna, risalente, evidenziava che da anni si fosse protratta la condotta del condannato improntata a indifferenza verso i diritti dei familiari.

Conclusioni

La sentenza in commento, pur essendo sorretta da argomentazioni giuridiche di notevole consistenza argomentativa, pone alcuni dubbi sul suo esito decisorio.

Quello che infatti sembra trapelare da questa decisione è che non è stato mai accertato se il ricorrente fosse impossibilitato o meno a risarcire il danno mentre, come è noto, è illegittima l’ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza subordina l’affidamento in prova al servizio sociale del condannato all’adempimento dell’obbligo di provvedere al risarcimento del danno in favore della vittima del reato, senza commisurare lo stesso alle concrete condizioni economiche del reo (così: Cass. pen., sez. I, ud. 26-04-2017 (dep. 13-09-2017), n. 41762).

Non sembra invece che ciò sia avvenuto in quanto, sempre attenendosi a quanto scritto in questa pronuncia, se da un lato il difensore non aveva fatto presente in ordine all’impossibilità per il suo rappresentato di risarcire perlomeno nella fase di merito, dall’altro, anche il Tribunale di Sorveglianza non sembra aver compiuto questa verifica ex officio alla luce dei poteri ad ella conferiti dall’art. 666, co. 5, c.p.p. (norma questa applicabile anche in questi procedimenti stante l’espresso rinvio a questa disposizione legislativa compiuta per il procedimento di sorveglianza dall’art. 678, c. 1, c.p.p.).

A modesto avviso di chi scrive, viceversa, forse la pronuncia più opportuna sarebbe stata una decisione volta ad annullare con rinvio e ciò al fine di verificare se questa impossibilità a risarcire il danno fosse effettivamente sussistita o meno nel caso di specie.

Ad ogni modo, sotto il profilo pratico, è consigliabile per il difensore, di colui che vuole accedere a questa misura alternativa alla detenzione, di produrre esso stesso della documentazione che provi detta impossibilità a risarcire da parte del suo assistito.

Sentenza collegata

56458-1.pdf 223kB

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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